Primi interventi
La prima sorpresa, giunti al castello, fu quella di non riuscire a vedere la superficie antica in tavelline di cotto, recuperate da un sottotetto e riposizionate a pavimento, a causa di numerose sovrapposizioni di strati di prodotti: qualcuno aveva “fatto la malta” sopra il cotto.
Cosa fare? In questa situazione non si può procedere come per le normali pavimentazioni di cotto antico e di recupero mediamente sporche, utilizzando la soluzione di acido forte tamponato, usato anche puro con l’ausilio di spazzole di acciaio. Non ha alcun effetto. E’ stato, quindi, deciso di operare in maniera completamente diversa, agendo con un lavaggio di superfi cie con monospazzola munita di una spazzola autocostruita tipo multidisck, con applicazione di spazzole in tynex.
Pulizia mattone dopo mattone
Dopo il primo passaggio per rimuovere la polvere e lo sporco di superficie del cantiere edile, si è passati a picchettare con martelline taglienti e, mattonella dopo mattonella – con molta pazienza – fino a togliere definitivamente lo strato di malta. Di solito su queste superfici molto assorbenti, la normale stuccatura di sabbia e calce o sabbia-cemento, si “brucia” durante le fasi della stuccatura; quello che abbiamo trovato invece, era una malta additivata con resine molto aderenti, che ci ha costretto a lavorare in quattro persone e a picchettare per quattro gi orni e mezzo sulle superfici sino a renderle lavabili.
Bisogna dire anche che, dopo aver picchettato e aver tolto circa il 90% della malta, bisognava passare il classico raschietto per ripulire i residui, e questo sempre mattone dopo mattone. Su queste superfici non è possibile applicare una soluzione idrorepellente nella fase finale, prima del lavaggio, perché viene assorbita completamente lasciando una velatura indelebile sulle mattonelle. Quindi è stato d’obbligo il lavaggio con il sistema della stesura, di uno-due metri quadrati per volta, con la soluzione acida tamponata, in buona concentrazione, avendo cura di aspirare in continuazione senza dare tempo ai liquidi di impregnarsi nei materiali. Naturalmente si sono fatti più passaggi di lavaggio e, ogni volta anche un buon risciacquo neutralizzante.
Un pò di storia
Il castello di Salizzole si distingue come uno dei complessi edilizi medioevali più importanti di tutto il Basso Veronese. L’imponente struttura architettonica comprende due torri di età diversa unite da un ampio corpo centrale. La torre occidentale, merlata, risale al XII secolo; quella orientale con l’adiacente portale d’ingresso è da attribuire da un intervento di Alberto Della Scala, risalente alla fine del Duecento.
L’interessante complesso, caratterizzato ancor oggi dalle due alte e massicce torri, collegate tra loro da un corpo orizzontale in seguito trasformato in residenza e in gran parte rifatto nel XVIII secolo, sembra esser frutto – da quanto ancora si può legger dopo le varie demolizioni e trasformazioni – di un intervento attuato recuperando in parte una preesistente struttura fortificata, probabile dimora della famiglia della madre di Can Francesco della Scala, detto Cangrande, amico e protettore del grande poeta Dante Alighieri, ma soprattutto grande condottiero e politico: Donna Verde dei conti di Salizzole.
Una volta finito il ciclo dei lavaggi, abbiamo lasciato asciugare le superfici per diversi giorni, anche se il lavoro è stato svolto a luglio. Di norma bisognerebbe aerare gli ambienti per ottimizzare l’asciugatura, ma siamo stati sfortunati perché, essendo un bene pubblico, nessuno si è interessato ad aprire i locali tutti i giorni, per paura che qualcuno potesse entrare e portare nuovo sporco.
Il trattamento protettivo
Dopo circa dieci giorni, siamo tornati per le operazioni di trattamento protettivo. Su queste superfici, con elevata assorbenza, non ci si può limitare a eseguire il trattamento che normalmente si utilizza per materiali meno assorbenti come il cotto toscano imprunetino; questi sono materiali che hanno bisogno di molto prodotto: il trattamento và “costruito” strato dopo strato con prodotti che vanno per impregnazione e, successivamente per saturazione della parte superficiale. Abbiamo eseguito tre applicazioni differenziate di olii vegetali steso a rullo alla prima mano, a vello alla seconda e terza mano. Sia alla seconda che alla terza mano, è stato controllato l’assorbimento del prodotto e tolti gli eccessi che rimanevano in superficie.
Le ultime fasi
Dopo un paio di giorni, siamo tornati per dare le ultime due mani di finitura. Abbiamo applicato un protettivo con l’ausilio della monospazzola e spazzola in setola morbida, utilizzata anche per la finitura eseguita con l’emulsione cerosa liquida neutra. E’ stato scelto questo tipo di trattamento perché, per le zone adibite a traffico intenso e dove la manutenzione viene un po’ dimenticata, questa soluzione è la meno impegnativa, permette di vivere con una certa tranquillità le superfici, dura molto tempo ed è la più facile da rigenerare.
Infatti, se dovessimo ritornare per ripristinare il trattamento, sarebbe sufficiente un leggero lavaggio di ripulitura, anche con una semplice soluzione detergente neutra e un buon risciacquo. Successivamente si potrà passare a una nuova applicazione di una mano di olio vegetale uniformato con finitura; il giorno dopo, con una nuova mano di protettivo e una di emulsione cerosa liquida neutra, sempre con applicazione con spazzola morbida di saggina o nylon fine. Il vantaggio di queste superfici un po’ particolari e sopratutto antiche è che non hanno bisogno di essere perfette dopo il trattamento: anche il “difetto estetico” può rappresentare un valore aggiunto.