Cotto & Gres Porcellanato

La giusta manutenzione


Sono passati trent’anni da quando ho toccato per la prima volta una superficie in cotto.

Si trattava di un ripristino di un trattamento errato. Ricordo di aver preso la tanica di cera solida in pasta e non sapevo come estrarla. Solo dopo mi è venuta l’idea che riscaldandola si sarebbe fluidificata. Ne sono passati di metri quadrati sotto le mie ginocchia e, adesso come allora, sono convinto che “fare un lavoro ben fatto o farlo male ci si impiega lo stesso tempo e la stessa fatica”. Proprio per questo è meglio farlo una sola volta e bene. Non si perderà la fiducia del cliente e non si avranno i ritorni negativi che la cattiva pubblicità può portare. Nonostante ciò, esistono ancora aziende che continuano a proporre “prodotti inadeguati” per superfici che necessitano invece di specifici “trattamenti di protezione”. Anche se può sembrare retorico, continuo a ripetere che per eseguire un trattamento protettivo appropriato è importante valutare la tipologia di materiale e l’utilizzo. Se la superficie si trova in una abitazione civile vi sarà un certo tipo di usura del trattamento e di conseguenza una specifica manutenzione, se invece si trova all’interno di un ristorante molto trafficato, l’usura sarà proporzionalmente più accentuata e la manutenzione obbligatoriamente più frequente e mirata, per poter mantenere nel tempo lo stesso livello di protezione e di effetto visivo delle superfici.

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STORIA DI UN INTERVENTO

Il pavimento oggetto del nostro intervento, posato nella sala di un ristorante, è in terracotta impastata a mano e non pressata a macchina, un materiale non idoneo per una superficie con forte afflusso di persone. Dopo pochi mesi, il ristorante si è rivolto alla fornace di produzione del cotto fatto a mano – e non all’azienda operatrice del trattamento, come avrebbe dovuto – per chiedere come mai non si riuscisse a tenere pulito il pavimento e perché lo stesso si sbriciolasse in superficie. La tipologia di protezione applicata, subito dopo la posa, composta prevalentemente da impregnanti antimacchia a base di copolimeri fluorurati e finiture con emulsioni cerose liquide neutre, era idonea per una superficie di cotto compatto e pressato meccanicamente, tipo cotto imprunetino, toscano o comunque di tipo industriale con poca assorbenza. E non, quindi, adatta al cotto posato.

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LE FASI DI INTERVENTO

Nonostante la fornace non fosse responsabile dell’usura del sistema applicato, si è resa disponibile, con un po’ di assistenza tecnica, con il loro personale e nel poco tempo messo a disposizione dal ristorante (superficie di 200mq. nelle due giornate di chiusura settimanale), al ripristino del trattamento iniziale. La prima fase si è svolta con un lavaggio energico utilizzando la monospazzola, disco marrone, e un detergente neutro sgrassante seguito da un buon risciacquo; sulle superfici asciutte è stata riapplicata una mano di cera cremosa in pasta applicata con il sistema a spazzola e rilucidata subito dopo. Dopo l’asciugatura è stata applicata una ulteriore mano di emulsione cerosa liquida neutra come finitura. Questa procedura non è stata sicuramente risolutiva per il problema del facile assorbimento dello sporco sulle superfici, ma era l’unica praticabile nel tempo ristretto messo a disposizione dal cliente che non poteva accettare che nel suo locale i pavimenti dessero la cattiva impressione del ristorante di scarsa qualità. L’intervento tradizionale nei tempi adeguati Secondo la mia esperienza, sui materiali in cotto fatto a mano e terrecotte, il miglior sistema di trattamento protettivo che duri nel tempo, che sia di facile manutenzione e con una relativa semplicità per l’eventuale ripristino periodico, risulta essere il tipo tradizionale con impregnazione a base di olio di lino cotto e finiture con cere cremose e liquide in sequenza. Su questi materiali bisogna “costruire un trattamento protettivo” di un certo “spessore”, per cui si comincia, dopo le operazioni di lavaggio, risciacquo e relativa asciugatura, con l’applicazione di più mani differenziate di olio impregnante con modalità differenti nelle diverse fasi di trattamento.

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PRIMA FASE

Normalmente l’applicazione della prima mano di olio può essere fatta anche con il classico rullo da pittura seguendo però la direzione di posa delle superfici, applicando il prodotto in maniera e quantità regolare per piccole zone, fermandosi in corrispondenza delle fughe, senza lasciare pozze di prodotto e sgocciolature. In questa fase, normalmente non serve controllare l’assorbimento del prodotto, esso viene assorbito completamente dalle superfici ben asciutte.

SECONDA FASE

L’applicazione del secondo passaggio di olio, il giorno dopo, può essere fatto con uso di vello tipo spandicera ben imbevuto di olio con stesura lineare seguendo sempre la direzione delle fughe e lavorando per piccole zone (ad esempio una – due stanze per volta fermandosi in corrispondenza della soglia). Entro venti-trenta minuti va controllato l’assorbimento delle superfici, se rimane localmente qualche eccesso di prodotto, va eliminato passando la monospazzola, con una spazzola morbida tipo tampico o con panno di cotone, anche a mano; l’importante è non lasciare residui di olio in eccesso sulle superfici. Se necessario, si può ripetere l’operazione con una terza mano di olio, con le stesse modalità della seconda. E’ importante fare asciugare bene il tutto aerando i locali.

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FASI DI FINITURA

Dopo l’asciugatura degli oli, (due-tre giorni in condizioni ambientali normalmente asciutte), si può procedere alle fasi di finitura con l’applicazione di un prodotto resino-ceroso all’acqua che va applicato con l’aiuto di monospazzola e spazzola in tampico per favorirne l’aderenza. Una volta asciutto, dopo circa una-due ore, si può procedere all’applicazione di una cera cremosa in pasta di tipo tixotropico (che non ha bisogno di essere riscaldata, ma che per essere spalmabile è sufficiente agitare manualmente con un bastoncino nel proprio contenitore). L’applicazione avviene di consuetudine con l’utilizzo della monospazzola munita della spazzola in tampico per distribuire bene il prodotto in maniera uniforme. Dopo uno – due giorni, è possibile eseguire la lucidatura delle cere cremose e applicare la finitura con un’ultima mano di emulsione cerosa liquida neutra stesa a vello spandicera senza esagerare nella quantità.

CONSIDERAZIONI FINALI

Se osserviamo attentamente, per eseguire questo piano di trattamento abbiamo impiegato circa sei – sette giorni, costruendo una protezione a piccoli passi cominciando con gli oli e finendo con le cere. Lo spessore di questo trattamento sarà di gran lunga superiore a quello eseguito inizialmente. Solo i lavori fatti a regola d’arte rendono i clienti contenti e creano altri lavori. Proprio per questo continuo a dire: lavoriamo tutti con più professionalità! Professionalità per la conoscenza dei materiali, delle tecniche di lavorazione, per il rispetto delle esigenze della clientela, per il rispetto di noi stessi: un sistema lavoro che non pensi solamente al puro profitto, ma che ci faccia sentire sereni verso noi stessi, ogni volta che usciamo da un cantiere di lavoro per iniziarne un’altro. Infine, professionalità è anche impostare un sistema lavoro che preveda la consegna del protocollo di intervento, secondo le normative europee, al cliente finale descrivendo la tipologia di lavoro eseguito e l’elenco o la tipologia dei prodotti utilizzati, e la frequenza di interventi. Un ottimo biglietto da visita da presentare.

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