Come cercare un equilibrio fra complessità tecnico-burocratiche e necessitá operative
PREMESSA
Approcciare un sopralluogo per realizzare un’offerta di “disinfestazioni” è, a parer mio, la summa dell’impossibile. Per una serie di motivi: primo il tempo a disposizione è sempre insufficiente, secondo quasi sempre le informazioni sono frammentarie, terzo il nostro monitoraggio è condizionato dagli aspetti economici. Nella mia esperienza di consulente durante il sopralluogo – oltre a misurare il problema e a quantificare il lavoro necessario per risolverlo – cerco di capire quanto il committente spende per tali servizi. In genere, giudico l’importo inadeguato per cui il mio scopo diventa anche giustificare i miei conteggi.
Se fosse possibile vorrei far leggere il verbale di contestazione che ha fatto scaturire questo articolo.
È infatti costituito, oltre che dalle constatazioni di inadeguatezza, da una decina di punti che devono essere urgentemente attuati attraverso la realizzazione di servizi mirati, con l’uso di prodotti innocui, documentati e comunicati, eccetera. Più un allegato di oltre venti raccomandazioni molto circostanziate e impegnative. Emerge il conflitto fra chi se la deve vedere con la realtà del quotidiano e chi ha il ruolo di parlare in nome dell’ortodossia.
A parer mio non c’è nulla di peggio che avere ragione in due: il conflitto è inevitabile. Sia come sia, nel leggerlo, la mia prima reazione è stata: non esiste obbligo di fare ciò che è impossibile (in latino suona ancora più convincente: Impossibilium nulla obligatio est); inoltre, non ho potuto esimermi dal pensare che se le prescrizioni indirizzate a quella grande comunità oggetto dell’indagine fossero applicate alle strutture che le hanno emanate, probabilmente, esse stesse sarebbero nei guai. In ogni caso si troverà la giusta soluzione e proprio da questa esperienza nasce la mia proposta.
La chiave di lettura è che se si fosse dedicata maggior attenzione al problema, il canone non sarebbe lievitato di molto e, con molta probabilità, si sarebbe evitato un verbale di contestazione così severo, che impone interventi assai costosi e che ci metteranno nel mirino dei controlli per molto tempo ancora.
PROPOSTA PARTE PRIMA
È l’analisi delle realtà strutturali e delle attrezzature produttive in relazione al pericolo & rischio legato ai vari parassiti; per la filiera alimentare potremmo parlare dei punti critici entità infestanti CP. Si dovrà effettuare una codifica dei vari luoghi che costituiscono la realtà in cui ci troviamo o saremo chiamati a intervenire. La suddivisione classica delle realtà ospedaliere è: aree ad alto, medio basso rischio. Nel contesto indicato il rischio è di tipo prettamente sanitario. Ma la suddivisione ben si adatta anche alla filiera alimentare, ove il rischio sarà invece costituito sia dagli aspetti igienici, sia dalle qualità organolettiche di quanto si produce. Nulla di nuovo e di difficile. Le cose si complicano quando dobbiamo collegare i luoghi con le numerose entità infestanti da monitorare o da combattere per singola realtà. In effetti non c’è nulla di nuovo, ma la difficoltà di semplificare il nostro sopralluogo in modo documentato non sono poche. Proviamo a pensare a una grande stazione: aree aperte al pubblico, aree di deposito bagagli (come non pensare alle cimici dei letti e alla loro diffusione inarrestabile), centri commerciali e di vendita di prodotti alimentari, aree di rifugio di persone che non possono concedersi le più elementari cure igieniche e di cui dobbiamo realisticamente tenere conto, sala di attesa, eccetera. Oppure a un presidio ospedaliero in cui problematiche sanitarie si intrecciano con la filiera alimentare, per non contare le aree dei servizi tecnici, degli ambulatori e la parte delle degenze (ognuna con le sue specificità).
L’approccio metodologico potrebbe basarsi su quanto scrive Augusto Scirocchi nella sua datata, ma sempre valida, ‘Guida alla disinfestazione’. Quanto schematizzato nella tabella è già sufficiente a dare l’idea della complessità del compito di stimare, nella realtà indagata, sia la presenza, sia la potenzialità del Pericolo & Rischio.
È anche legittimo supporre che palesare il tutto al nostro cliente potrebbe sortire l’effetto contrario. Il punto di eccellenza è durante il sopralluogo valutare i CP sia DOVE, sia QUALI e rendere edotto il cliente del perché si propone un progetto già depurato dalle realtà statisticamente non significative.
Per completezza di informazione schema tizziamo quanto manca per completare il quadro delle competenze necessarie che – lo ribadisco – non devono essere palesate in modo selettivo al nostro cliente o formalizzate in modo sintetico sulla nostra offerta in modo credibile e tale da giustificare l’impegno economico sia per le soluzioni tecniche, sia come assicurazione di aver assolto, a tutto tondo, delle necessità di documentazione.
Non per mettere le mani avanti, ma per darci reciprocamente una mano. Vero è che solo la specifica competenza entomologica e l’esperienza applicativa nei vari segmenti di mercato consentono un dialogo concreto fra committente e ditta dei servizi. Una riprova la si ha quando ci si cala nella filiera alimentare, ove il committente, il più delle volte, sa cosa vuole e le ditte di servizi sono consapevoli dei rischi che corrono. Ritengo di essermi dilungato anche troppo nell’elenco dei parassiti, ma ricordo che esistono i vertebrati: topi, ratti, ghiri, arvicole, nutrie, piccioni, uccelli gregari, cornacchie grigie, gabbiani, e – addirittura – in quel di Genova sono segnalate numerose colonie di pappagalli.
PROPOSTA PARTE SECONDA
È l’analisi delle possibili soluzioni e della loro pianificazione nell’arco dell’anno; per la filiera alimentare potremmo parlare del controllo dei punti critici in funzione delle entità infestanti CCP.
Se non sapessi di dire una bugia potrei esporre un criterio ispettivo e progettuale che, nell’enunciato, appare semplice se non fosse che presuppone:
- una notevole preparazione “teorica” di tipo bio-etologico dell’innumerevole lista dei parassiti potenziali
- una circostanziata conoscenza degli ambienti e dei macchinari produttivi eventualmente presenti
- l’informazione esatta dei giorni e degli orari in cui è possibile operare
- i vincoli tecnici e di sicurezza in cui si va a operare
- quanto è realisticamente possibile attivare in termini di prevenzione
- perfetta conoscenza dei biocidi e delle attrezzature distributive
- ottima padronanza delle tecniche ispettive, di monitoraggio e applicative
- informazioni circostanziate dei termini contrattuali
- formazione e addestramento adeguato per la corretta compilazione della modulistica
- consapevolezza professionale per i codici etici di comportamento.
Ciò detto, un esempio di schema di approccio razionale e “possibile” è quello mostrato nella scheda sottostante.
È mia personale esperienza che con una dozzina di moduli così impostati si può quantificare il numero delle ore necessarie e le risorse tecniche da utilizzare. Informazioni indispensabili per stilare un computo metrico estimativo con cui impostare una trattativa e/o un’offerta che metta al riparo il più possibile da “incidenti” (vedi premessa).
COME ATTUARLO?
Un’applicazione pratica di quanto enunciato è che se in una realtà infestata da scarafaggi o formiche in cui la letteratura o la nostra esperienza ci dice che altri parassiti sono “ad alta probabilità” sarà bene, prima di adottare la tecnica dei gel, effettuare attenti monitoraggi.
Come è noto, i gel sono specifici per cui è ottima cosa il loro impiego, ma così facendo dobbiamo tenere alta la guardia e, se necessario, integrare il loro utilizzo con disinfestazioni a vasto spettro. Senza mai dimenticare che la pulizia è la prima fase della disinfestazione. Una seconda derivata pratica consiste nella valutazione analitica dei costi, concentrando le nostre risorse nel contesto in cui l’infestazione è già in atto e aggiungendo anche quelle ad alto rischio e ad alta probabilità. È però necessario pianificare monitoraggi alle altre realtà.
Così facendo, a parer mio, nessuno potrà sostenere che manca un’adeguata attenzione al problema.
Un terzo aspetto positivo nell’attuare progetti di fattibilità circostanziati è che essi consentono di realizzare piani di formazione professionale tecnico-pratici mirati alle reali necessità. Consentendo inoltre un’ottima integrazione fra i tecnici addetti alla disinfestazione e il personale del committente, che avrà il compito di collaborare e di verificarne i risultati.
Una cosa è certa – e l’affermo per esperienza diretta di prima linea – : questo percorso è più lungo da spiegare di quanto sia da attuare, fatto salvo, naturalmente, il periodo di start up.
CONCLUSIONI
Non credo sia possibile trarre delle conclusioni. Per quanto mi è noto, i sopralluoghi vengono fatti per necessità di cose in modo empirico e le conclusioni, di conseguenza, sono “a sensazione”.
Fortunatamente, il più delle volte il tutto finisce in modo soddisfacente. Tanto che nell’esporre le mie tesi mi ronzavano nelle orecchie le parole del caustico giornalista Ennio Flaiano (un poco adattata al nostro mondo): ”Il consulente presenta un progetto di snellimento della modulistica di monitoraggio. Il responsabile delle ISO ringrazia vivamente; deplora l’assenza del modulo HO123bis. Assicura che passerà il progetto per una verifica all’ufficio competente. Intanto il direttore generale e il direttore di produzione passano la pratica all’ufficio del personale affinché i due siano licenziati”.
Vero è che progettare un sistema che consenta di razionalizzare l’elaborazione dei dati non è cosa facile e si rischia di implementare “la carta”; altrettanto vero è che i verbali relativi all’incidente a cui faccio cenno nella premessa (sia pure in modo necessariamente assai vago) superano le trenta pagine. Il team che se ne occupa deve trovare una soluzione possibile: in questo, le autorità coinvolte si stanno adoperando con grande disponibilità.
Un commento che serpeggia recita: “Se ci avessimo pensato prima”.