Da più di diciotto anni mi occupo di pianificazione strategica e marketing operativo, ossia cerco di aiutare le aziende a far riconoscere al mercato i loro elementi distintivi.
Raramente mi è successo di trovare aziende già consapevoli di cosa potesse distinguerle dai loro competitor. Conosco il settore del pulito da più di quindici anni e si può serenamente affermare che è uno di quelli ancora fortemente orientato al prodotto, nel senso che la forza vendita, quando si trova sul mercato, tendenzialmente usa solo argomentazioni legate al prodotto. Questa situazione fa riflettere, in quanto questo tipo di approccio è riconducibile al modello di marketing 1.0 (che aveva come obiettivo quello di vendere prodotti), dove un soggetto cercava di comunicare a molti usando tutte le argomentazioni possibili legate all’oggetto da vendere (efficacia, componenti, packaging eccetera).
Questa fase è durata fi no alla metà degli anni 90, quando ha preso piede il modello di marketing 2.0, focalizzato, questa volta, sul consumatore e con l’obiettivo di soddisfare e fidelizzare i clienti. La cosa interessante è notare come la maggior parte delle piccole aziende non abbia colto questa evoluzione, continuando, invece, a parlare di prodotto. Così facendo, le differenze si sono appiattite, in quanto, ormai, l’offerta era abbondante e i prodotti ormai troppo simili tra di loro.
Parlare di ‘orientamento al cliente’ signifi ca fare la giusta ‘fatica’ per profi larli, mapparli, analizzarli e capire che caratteristiche hanno. Solo così si possono identifi care i loro veri bisogni (e per bisogno si intende la riduzione di un disagio o la generazione di un beneficio). Finché i clienti sono generici, i bisogni da risolvere saranno generici e, quindi, lo saranno anche le proposte di soluzione.
È chiaro che in questa situazione non può che vincere il prezzo, in quanto non esiste vera differenziazione.
L’EVOLUZIONE DEL MODELLO DI MARKETING
Nel 2011 Philip Kotler propone una terza evoluzione di modello di marketing, basato su un disagio del consumatore che non si fida più dichi vende, in quanto ha capito che lo fa più per soddisfare una propria necessità (guadagnare con una visione a breve termine), piuttosto che la sua. Il consumatore ha capito che questi ultimi decenni hanno evidenziato diversi problemi e il consumismo ha rotto molti equilibri, andando a creare bisogni dove non ci sono e, soprattutto, distogliendo l’attenzione da ciò che è primario per ognuno di noi: il ‘ben-essere’. Il marketing 3.0 parte proprio dai valori, con l’obiettivo di rendere il mondo un posto migliore in cui vivere. Cresce la necessità, quindi, di un approccio vero e sincero, dove la persona viene posta al centro e non solo perché vogliamo vendergli qualcosa, ma perché riteniamo che sia importante e, soprattutto, sappiamo di essere importanti per il suo ben-essere (vedi “Il marketing 3.0” di Philip Kotler). La domanda più opportuna da fare è: “State tutti lavorando con questo tipo di approccio?”. Se non è cosi, sarà difficile distinguersi se non attraverso il prezzo più basso! Ormai il cliente non si fida e ricorre, sempre più spesso, alle recensioni sul web per assumere informazioni e capire se l’azienda fornitrice è affidabile.
Ciò dimostra che il cliente si fida più di un altro cliente – che non conosce – che di chi vende e che fa parte di quella categoria che, per tanti anni, si è concentrata nel fare promesse accattivanti (anche se, pur di vendere, non sempre mantenute).
Credo quindi che oggi sia importante per un’azienda decidere come porsi al mercato, se iniziare subito con una promessa oppure scegliere a quali clienti rivolgersi, quali bisogni/ disagi soddisfare e, di conseguenza, stabilire quale strategia e azione di comunicazione può essere più corretta per stimolarli. Purtroppo, oggi, si trovano tante aziende con ampie gamme di prodotti (spesso uguali a quasi tutti quelli dei loro competitor), che si presentano ai clienti con il medesimo approccio, proponendo un catalogo molto voluminoso: e la maggior parte dei venditori (visto anche l’elevato numero di prodotti rappresentati) non ha nemmeno le competenze tecniche complete e necessarie per illustrarlo.
Credo sia necessario decidere se l’obiettivo è fare business. In tal caso bisogna iniziare a fare delle scelte, prima di tutto di posizionamento. Da lì in poi tutto dovrà essere coerente: dalla selezione dei prodotti e dei marchi a quella dei collaboratori commerciali, dalla defi nizione degli strumenti alle azioni di comunicazione e marketing. Basta con le tentate vendite, dove si mette il coltello dalla parte del manico nelle mani del cliente! È fondamentale capire in cosa siamo davvero bravi e migliori degli altri, quali sono i disagi sui quali possiamo fare la differenza e, di conseguenza, puntare su questo.
L’IMPORTANZA DEL VALORE AGGIUNTO
Con questo nuovo approccio al mercato ciò che ci renderà interessanti per il nostro cliente non saranno gli argomenti tecnici, i nuovi prodotti o i servizi ma, soprattutto, ‘come’, attraverso questi, lui potrà generare più business e farlo capire e valorizzare agli occhi del proprio cliente. Per un’impresa di pulizia, oggi, il bisogno primario non è quello di acquistare ma quello di vendere bene, con il giusto margine e con qualità.
Per un albergo la priorità è vendere più stanze, nelle quali la pulizia gioca un ruolo fondamentale. Per questo chi vende prodotti e servizi di cleaning deve aiutare l’albergatore a gestirla nel migliore dei modi, ma anche rispettando l’incidenza massima per questo centro di costo. Diventa perciò più costruttivo scegliere prodotti di qualità, che avranno un costo di acquisto maggiore, ma un costo di utilizzo minore grazie a una resa più efficace.
Anche per una Casa di Cura la priorità non è acquistare, ma rassicurare la famiglia del suo ‘utente’ che in quella struttura si pone molta attenzione all’igiene e alla pulizia e si rispettano in modo profondo le persone. Ma sta sempre al rivenditore trovare gli strumenti e le modalità più efficaci per supportare i suoi clienti nel trasmettere questi valori, altrimenti questi continueranno a vendere le stanze e i servizi di pulizia come stanno facendo ora e acquisteranno al più basso prezzo possibile. Ciò che è importante, quindi, è avere molto chiaro in ogni azienda quali sono i criteri per i quali i clienti la scelgono rispetto a un’altra.
I motivi possono essere molti, ma ciò che conta è che siano importanti per il mercato, altrimenti rappresenteranno solo dei costi inutili per l’azienda. Concludo nel ricordare che un rivenditore, in teoria, dovrebbe acquistare dal produttore un prodotto, aggiungere un valore e rivenderlo a un prezzo maggiore… Siete sicuri di avere tutti chiaro quale sia il valore aggiunto che state affi ancando ai vostri prodotti? Se non è chiaro, vi consiglio di fermarvi quanto prima e fare una bella fotografi a alla vostra impresa: di certo vi permetterà di limitare gli sprechi di costi inutili, che oggi il mercato non vi riconosce come valore aggiunto. “Ognuno raccoglie ciò che ha saputo seminare…”.
Davide Gabrielli si occupa di pianificazione strategica e marketing dal 1994. È socio di uno studio di formazione e consulenza aziendale e, dal 2008, segue in prima persona il progetto di sviluppo di un’azienda nel settore delle pavimentazioni in legno. Dal 2010, ne coordina la direzione commerciale e marketing.
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