Sanità

Scandalosamente superato il livello di guardia


Al Forum Pulire presentata una ricerca che dimostra come diminuire il servizio di pulizia negli ospedali sia strettamente collegato all’aumentare delle infezioni.

Un grido d’allarme, supportato da dati sconvolgenti e inconfutabili, si è levato dal Forum Pulire 2014, che ha ospitato, a Milano, nei giorni 26 e 27 marzo, una tavola rotonda sul tema “Infezioni ospedaliere e livelli di pulizia, un nesso dimostrabile”.

Quello che gli addetti ai lavori sostengono da sempre, ossia che il servizio di pulizia negli ambienti ospedalieri è fondamentale non solo e non tanto per questioni “estetiche”, ma soprattutto perché contribuisce in maniera determinante a creare le condizioni ideali per l’erogazione di una sanità davvero efficace, è ora, nero su bianco, in una serie di tabelle impressionanti per la loro inesorabilità.
Sono le tabelle che corredano la ricerca svolta dalla Fondazione per la Sussidiarietà in collaborazione con l’Università degli Studi di Bergamo, sul 100% degli ospedali pubblici e delle Aziende Ospedaliere della Lombardia, relativa all’andamento delle infezioni nosocomiali e con un’analisi econometrica correlata con le spese di igiene. Moderati da Andrea Pancani, vicedirettore TG La7, Giorgio Vittadini, presidente Fondazione Sussidiarietà, Gianfranco Finzi, presidente ANMDO (Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere), Sandra Zuzzi, presidente Associazione Triveneta Economi, Vasco Giannotti ,presidente della Fondazione Sicurezza in Sanità, e Paola Pelliciari, di Cittadinanzattiva, hanno commentato con grande preoccupazione, sollecitando un’azione sinergica di tutte le componenti interessate, cittadini e utenti in primo luogo, i dati emersi, che confermano quanto miope sia una politica che, in nome di un necessario contenimento della spesa pubblica, specie in una congiuntura economica difficile come quella che investe l’Italia da qualche anno, non sanno fare altro che abbattere la scure dei tagli lineari, per ottenere risultati immediati, senza ipotizzare le eventuali conseguenze.
Che, nel caso della Sanità potrebbero rivelarsi un boomerang micidiale, in termini di spesa, con costi pesantissimi e non recuperabili in termini di vite umane. La ricerca è nata, ha spiegato Giorgio Vittadini, illustrando i dati più significativi, dall’esigenza di capire se i tagli dei costi in Sanità sono davvero vantaggiosi per le aziende ospedaliere e, di conseguenza per tutta la spesa pubblica sanitaria, o se, invece, provocano un effetto di secondo ordine dannoso, quale, per esempio, l’incremento di infezioni nosocomiali, ognuna delle quali costa 1.500 €.
La recente Spending Review, infatti, impone alle Aziende Ospedaliere e agli Ospedali, di ridurre le spese per forniture di beni e servizi, anche quelli già appaltati, e per i quali l’assegnazione è già stata fatta al massimo ribasso, di un 5% indiscriminato, rinegoziando ulteriormente i contratti in caso i prezzi unitari siano superiori del 20% rispetto a prezzi di riferimento stabiliti sulla base di criteri per lo meno discutibili. Ovviamente anche i servizi di pulizia rientrano in questa stretta micidiale, per cui non è più possibile garantire la qualità dei risultati, che, inevitabilmente, interagiscono con altre variabili e impattano sulla salute dei pazienti.
Questo emerge chiaramente dalla ricerca. In Italia, nel triennio 2008-2010 si sono registrate 2.269.045 infezioni ospedaliere e 22.961 decessi conseguenti.
Nella UE ogni anno sono colpiti da infezioni ospedaliere 4 milioni e 700mila pazienti, con 37mila morti, 16 milioni di giorni di degenza extra e 7 miliardi di Euro di costi aggiuntivi per le strutture sanitarie. Sono dati OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che rileva come tale fenomeno sia strettamente collegato al settore delle imprese di pulizia, evidenziando la necessità di un continuo progresso tecnologico nelle tecniche di disinfezione, che potrebbero ridurre drasticamente i casi di infezione ospedaliera e abbattere i costi per il settore sanitario, che necessitano realmente di contenimento.

Ma occorre fare una scelta oculata, come dimostra l’indagine, che è suddivisa in varie sezioni:

  1. Studio delle infezioni nosocomiali e del relativo tasso di infezioni e dei fattori che incidono su di esso.
  2. Analisi econometrica dei determinanti del tasso di infezioni per reparto, per determinare l’effetto delle spese per i servizi di igiene.
  3. Stima degli effetti di politica sanitaria di un contenimento dei costi ospedalieri mediante la riduzione delle spese per i servizi di igiene.

ANALISI DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE

Lo studio si sofferma in particolare sul biennio 2011-2012 ed è relativo a 54 reparti, tra i quali presentano il maggiore numero di infezioni quelli di medicina generale (7081/7644), recupero e riabilitazione funzionale (4003/4128), pediatria (3447/3851), terapia intensiva (3312/3255), chirurgia generale(1652/1733). Il tasso di infezioni rispetto ai ricoveri, nell’anno 2011, ha un valore molto alto nel reparto unità spinale (57,08%), dove sono presenti soggetti con lesioni midollari di natura traumatica o conseguenti malattie di attinenza medica. L’attività clinico riabilitativa di questo reparto copre tutti gli aspetti della disabilità, coinvolgendo le funzioni neuromotorie, respiratorie, vescico-sfinteriche, rendendolo così propenso allo sviluppo di infezioni nosocomiali. A seguire si trova il reparto grandi ustioni, dove circa un paziente su quattro viene colpito da infezione. Terzo reparto in classifica, con un tasso maggiore del 10%, è la terapia intensiva. Nell’anno 2012, il tasso di infezioni vede ancora l’unità spinale al primo posto (mentre al secondo sale la terapia intensiva e al terzo si affaccia l’ematologia.

INCIDENZA DELLA PULIZIA

Analizzando i dati inerenti alle infezioni e alle presenze, risulta evidente che nel settore ospedaliero ci sono diversi reparti che presentano valori elevati e pericolosi di tassi di infezioni, i cui fattori determinanti variano, ma che comprendono anche le spese sostenute per i servizi di pulizia. Mettendo a confronto i vari dati, risulta evidente una relazione negativa tra tassi di infezione e spese per l’igiene. Come evidenziano i grafici riportati, le aziende ospedaliere con i tassi d’infezione più bassi hanno spese per igiene medie per letto più elevate. Il dato è confermato anche nel rapporto tasso di infezioni e spesa annuale per i servizi di igiene per ricovero.

IMPATTO ECONOMICO

Lo studio ha voluto dimostrare anche l’impatto della Spending Review, focalizzandosi in particolare sugli effetti del taglio della spesa per l’igiene di base. Nel biennio 2011-2012, su un campione di 32 Aziende Ospedaliere, si sono considerati il numero di infezioni, il numero di presenze in reparto, ricavando il tasso di infezione per i due anni. Si è rilevato che, al diminuire dell’1% della spesa per l’igiene base, si sarebbe registrato un incremento del tasso di infezioni, con conseguente aumento del numero delle infezioni, che sarebbero passate da 18.541 a 22.222 (+3.681), per il 2011, e da 20.450 a 24.510 per il 2012. Se si considera che il costo medio relativo a un’infezione nosocomiale è di 1.540,46 €, si noterà come l’aumento del numero di infezioni, a livello economico, avrebbe comportato un costo aggiuntivo di 5.670,202 € per il 2011 e di 6.254,012 € per il 2012. Alla luce di questi dati eclatanti, Giorgio Vittadini non ha potuto fare altro che considerare che «Se lo scopo della sanità è curare, operare certe scelte, che peggiorano il livello delle cure, dovrebbe essere uno scandalo».

LA PULIZIA COME ATTO SANITARIO

Gianfranco Finzi, presidente ANMDO, ha aggiunto un carico pesante alle già dure considerazioni di Vittadini, affermando che «non ci possiamo più permettere tagli e riduzioni della spesa in sanità, a meno che non si spieghi alle persone che devono morire». Ha poi ricordato come già il dottor Semmelweiss, medico ungherese dell’800, avesse dimostrato come il semplice lavaggio delle mani da parte dei medici e degli infermieri abbassasse la mortalità delle donne partorienti del 12%. Ha riconosciuto il valore della ricerca, auspicando che possa essere effettuata in tutte le regioni italiane, sottolineando come sia evidente che in sanità non si possa parlare di pulizia come se ne parlerebbe a proposito di qualsiasi altro ambiente. Proprio per questa considerazione ha oltrepassato i limiti della ricerca, ribadendo quanto ANMDO va da anni sostenendo, ossia che occorre rivedere i criteri con cui si stilano i capitolati d’appalto, in quanto a suo parere sono completamente sbagliati, perché partono da classificazioni obsolete. Secondo Finzi non si può più suddividere gli ambienti secondo le categorie di alto, medio e basso rischio, perché il rischio è legato alla persona e alle patologie. Tagliare il 5% dei costi delle pulizie vuole dire, a monte, non capire cosa significhi per un ammalato sostare in un ambiente pulito. E dimostra l’incompetenza del legislatore, suscitando una legittima domanda: «Al centro della sanità c’è il paziente o l’Euro?». Anche se fosse l’Euro, la ricerca dimostra come le pulizie contribuiscano ad abbattere i costi della sanità. La ricerca lo ha dimostrato chiaramente, avvalorando un’altra tesi sostenuta da AMNDO, ossia che le pulizie dovrebbero diventare un atto sanitario.

CHI MEGLIO SPENDE MENO SPENDE

Paola Pellicciari,di Cittadinanzattiva, ha sottolineato l’importanza di diffondere questi dati presso i cittadini, perché in gioco c’è la qualità della vita, quando non la vita stessa, per cui, a suo parere, sarebbe necessaria un’azione di lobby, per portare la voce di chi risente degli effetti di scelte sbagliate sino al Ministero della Salute. L’unione di cittadini, informati e responsabili, di decisori e imprese di pulizia, che non devono essere viste solo come soggetti tesi al profitto ma come vere e proprie partner strategici, è stata ipotizzata anche da Vasco Giannotti, presidente della Fondazione Sicurezza in Sanità, il quale ha espresso la sua viva preoccupazione, in quanto, a suo parere «siamo ai limiti di tenuta del sistema sanitario, non solo per i tagli della Spending Review, ma anche per il bisogno di innovazione culturale e tecnologica ». Occorre, pertanto, che tutti i soggetti interessati facciano rete, per contribuire a cambiare il sistema.

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