Indagini

Il valore aggiunto da potenziare


l Rapporto I.T.A.L.I.A. coglie gli aspetti vincenti del modello di sviluppo italiano, fatto di imprenditorialità diffusa, reti e territorio.

Mentre la lunga e forte crisi che stiamo attraversando si ripercuote con forza sulla nostra economia interna e impone di fare di più per ridare reddito alle famiglie che si sono impoverite e per restituire speranza e motivazione alle tante energie depresse del Paese, dal nostro export arrivano segnali incoraggianti. Che smentiscono, almeno in parte, la convinzione secondo la quale l’Italia sarebbe un Paese senza futuro, che dietro l’angolo ci aspetti un ineluttabile declino, la perdita di posizioni nella competizione internazionale, il defi nitivo declassamento, dopo le glorie remote e recenti, a nazione satellite. Anzi, se guardiamo al nostro Paese senza pregiudizio, ma con un po’ di simpatia e di affetto, e con un pizzico di curiosità e attenzione in più, ci accorgeremo che l’Italia sa essere innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente. Soprattutto sui mercati globali. Tanto da esprimere, nonostante la crisi, quasi mille prodotti con saldo commerciale attivo da record e da mettere a segno un attivo di 183 miliardi di dollari.
È questo il Paese che emerge dal rapporto I.T.A.L.I.A. – Geografie del nuovo made in Italy realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison.

RICCO MEDAGLIERE

Un rapporto che, senza nascondere le diffi coltà del nostro mercato interno, misura la competitività del sistema produttivo italiano non con parametri antichi e obsoleti, come la quota di mercato detenuta sull’export mondiale, ma con un nuovo indicatore capace di cogliere e leggere in modo assai più fedele e puntuale quanto si muove nella nostra economia. Se adottiamo come metro della competitività la bilancia commerciale dei singoli prodotti, emergono in tutta evidenza la creatività e la duttilità del made in Italy, la capacità del nostro sistema produttivo di reagire di fronte al mutare degli scenari internazionali e di fronte alla crisi. Insieme a Cina, Germania, Giappone e Corea, infatti, l’Italia è uno dei soli cinque Paesi del G-20 ad avere un surplus strutturale con l’estero nei prodotti manufatti non alimentari. In altri termini, escludendo l’energia e le materie prime agricole e minerarie, l’Italia è uno dei Paesi più competitivi a livello mondiale. Vantiamo quasi mille prodotti in cui siamo tra i primi tre posti al mondo per saldo commerciale attivo con l’estero.
Vuol dire che se pensiamo al mercato globale come a un’olimpiade, ai prodotti come discipline sportive in cui vince chi ha un export di gran lunga superiore all’import, l’Italia arriva a medaglia quasi mille volte. Fanno meglio di noi solo Cina, Germania e Stati Uniti.
Il risultato di questo ricco medagliere è, come anticipato, un saldo positivo di 183 miliardi di dollari al 2011. Una tendenza che si conferma anche nel 2012, quando siamo stati il secondo Paese europeo, dopo la Germania, per attivo manifatturiero con i Paesi extra-UE. “Di fronte a una crisi durissima e a un mondo che cambia – commenta Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – c’è un’Italia che nonostante le sirene del declino si ostina a fare l’Italia e per questo trova il suo spazio nel mondo.
C’è un’Italia che sa innovare senza perdere la propria anima, che ha capito che nel mondo del XXI secolo, se uno spazio c’è per il nostro Paese è quello della qualità”.

I settori più significativi

  • Tessile
  • Calzature
  • Meccanica
  • Mezzi di trasporto
  • Tecnologie del caldo e del freddo
  • Macchine per lavorare legno
  • Pietre ornamentali
  • Fili isolati di rame
  • Strumenti per la navigazione aerea e spaziale
  • Design
  • Lusso

CREARE BELLEZZA

“Il Rapporto I.T.A.L.I.A. coglie gli aspetti vincenti del modello di sviluppo italiano, fatto di imprenditorialità diffusa, distretti, filiere, reti, territorio” sostiene Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere. “È una caratteristica originale, che rende altamente competitivo il nostro Paese.
L’Italia è uno dei soli cinque Paesi (con Cina, Germania, Giappone e Corea) ad avere un surplus strutturale con l’estero nei prodotti manufatti non alimentari. In questa nostra peculiarità, allora, occorre continuare a credere e investire. Partendo dai giovani, che nascono già ‘dentro’ un modello di sviluppo sostenibile, che consuma di meno, valorizza il territorio e utilizza tecnologie verdi. Sono proprio loro il primo, straordinario veicolo di innovazione delle imprese e della società su cui il Paese può fare affidamento”. Industria, i settori competitivi e la forza dei distretti.
Oltre ai numeri, sono signifi cativi anche i settori che generano questo surplus. La maggior parte delle nostre eccellenze manifatturiere non proviene solo da settori tradizionali, quali potrebbero essere il tessile o le calzature, ma arrivano dalla meccanica e dai mezzi di trasporto, dalle tecnologie del caldo e del freddo, dalle macchine per lavorare legno e pietre ornamentali, dai fi li isolati di rame e dagli strumenti per la navigazione aerea e spaziale. Ai quali si affianca il presidio di quei settori in cui il made in Italy è forte per tradizione, come il design o il lusso. Nell’insieme, insomma, si tratta di oggetti che disegnano la geografi a di un nuovo made in Italy e che dimostrano quanto le nostre imprese siano state in grado di risintonizzarsi con successo sulle nuove frequenze del mercato globale senza perdere la capacità di creare bellezza.

DUE DATI PER TUTTI

Innovazione e ambiente. Il 23,6% delle imprese italiane negli ultimi tre anni hanno scommesso sulla qualità ambientale e sulla green economy. Perché investire in tecnologie e prodotti ‘verdi’ non vuol dire ‘solo’ diventare più sostenibili, contribuire a costruire un futuro migliore per il pianeta, per noi e i nostri fi gli. Signifi ca anche fare innovazione: il 37,9% delle aziende che fa investimenti green introduce innovazioni di prodotto o di servizio,contro il 18,3% delle imprese che non investono nell’ambiente. E significa export: il 37,4% delle imprese green vanta presenze sui mercati esteri, contro il 22,2% delle altre.

ARTE E CULTURA, UN SETTORE STRATEGICO E TRAINANTE

Mentre il Paese, nel 2012, perde lo 0,3% delle imprese, quelle del sistema produttivo culturale (tra industrie culturali propriamente dette, industrie creative – attività produttive ad alto valore creativo ma ulteriori rispetto alla creazione culturale in quanto tale – patrimonio storico artistico, performing arts e arti visive) crescono del 3,3%, arrivando ad essere quasi 460 mila, il 7,5% del totale delle attività economiche nazionali. Danno lavoro a quasi 1,4 milioni di persone, il 5,7% del totale degli occupati.
Creano, direttamente, 75,5 miliardi di euro di valore aggiunto. E ne attivano nel resto dell’economia altri 133. In tutto fa 214,2 miliardi: il 15,3% circa del totale. Insomma, nel complesso, un valore aggiunto da conservare, tutelare, valorizzare. E promuovere.

Con un totale di 946 prodotti classificatisi primi, secondi o terzi nel saldo commerciale mondiale, l’Italia è seconda solo alla Germania nella teorica classifica della competitività delineata dal nuovo indicatore e precede economie generalmente considerate più forti, come la Corea del Sud e la Francia. Più nel dettaglio, il nostro Paese vanta 235 prodotti medaglia d’oro a livello mondiale per saldo commerciale.
Nell’insieme queste 235 eccellenze fanno guadagnare all’Italia 63 miliardi di dollari. I nostri prodotti che si classificano al secondo posto nel mondo per saldo commerciale sono invece 390 e fruttano 74 miliardi di dollari.
Le medaglie di bronzo dell’export italiano sono invece 321 prodotti che valgono un saldo commerciale complessivo di 45 miliardi. E poi ci sono altri 492 prodotti in cui l’Italia si è classificata quarta o quinta per saldo commerciale mondiale e che hanno aggiunto alla nostra bilancia commerciale altri 38,4 miliardi di dollari.

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