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Nascono i nuovi materiali autoriparanti


Da oggi rompere un oggetto non sarà più un problema grazie a un particolare materiale che si autoripara.

Non è fantascienza, ma per la prima volta un materiale lacerato da qualcosa che l’ha attraversato con la velocità di un proiettile, lasciando un foro di tre centimetri, si è riparato da solo fino a tornare come nuovo. E’ accaduto nei laboratori dell’università dell’Illinois. Il risultato, pubblicato sulla rivista Science, si è ispirato alla biologia e ha imitato la rete dei vasi sanguigni.
Su Science dei giorni scorsi un team della University of Illinois a Urbana-Champaign mostra infatti di essere riuscito a creare dei materiali polimerici che possono guarire, in modo del tutto autonomo, lesioni a loro carico grandi anche 3 centimetri in diametro. L’idea alla base della capacità rigenerative è quella di un sistema vascolare, ovvero un insieme di canali contenenti dei liquidi, che attraversa il materiale, al pari del nostro sistema sanguigno.
“Mentre i biologi puntano a rigenerare i tessuti sfruttando la vascolarizzazione e alle cellule staminali gli ingegneri dei materiali non hanno a disposizione queste possibilità”, scrivono gli autori della ricerca coordinati da Scott White, del dipartimento di Ingegneria Aerospaziale dell’università dell’Illinois. In questa stessa università sono stati ottenuti nel 2011 i primi materiali capaci di auto-ripararsi. Ma allora erano fatti di piccole unità, microcapsule dal diametro di 10 millesimi di millimetro. Adesso, quando il materiale viene lacerato, i liquidi fuoriescono dai capillari e, mescolandosi, formano un gel che solidificandosi ripara il materiale. Con il primo esperimento i ricercatori hanno danneggiato il materiale, provocando un foro dal diametro di tre centimetri e mezzo. Di conseguenza la rete dei capillari è stata lacerata, i liquidi sono fuoriusciti trasformandosi in un gel che in 20 minuti ha richiuso completamente il foro. Il materiale è tornato all’apparenza come nuovo, anche se ha recuperato fino al 62% della robustezza originale. Il risultato supera di 100 volte quanto sanno fare i materiali che si auto-riparano oggi esistenti.
Gli scienziati sperano che questo apra le porte allo sviluppo di materiali polimerici in grado di ripararsi in seguito a lesioni come quelle causate dalle pallottole.

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