Un percorso alla scoperta dei processi di deterioramento degli alimenti e della determinazione della durata del prodotto. Una continua sfida per i produttori per garantire la massima sicurezza.
Generalmente per termine minimo di conservazione di un alimento si intende la data entro la quale l’alimento mantiene inalterate le sue caratteristiche, se correttamente conservato, come stabilisce l’articolo 2, comma f, del Regolamento Europeo 2073/2005 che definisce “conservabilità, il periodo che corrisponde al periodo che precede il termine minimo di conservazione o la data di scadenza…
Tale indicazione è diversamente espressa con riferimento a:
- alimenti rapidamente deperibili, quali latte e prodotti lattieri freschi, formaggi freschi, pasta fresca, carni fresche, prodotti della pesca e dell’acquacoltura freschi: per questi prodotti l’etichetta deve riportare la dicitura “da consumarsi entro …” seguita dalla data che deve indicare, nell’ordine, il giorno, il mese ed eventualmente l’anno.
- alimenti non rapidamente deperibili: per questi prodotti, la data di scadenza é sostituita dal termine minimo di conservazione, espresso in etichetta con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro …”, che rappresenta la data fino alla quale l’alimento conserva le sue proprietà specifiche in adeguate condizioni di conservazione.
La data si compone dell’indicazione, nell’ordine, del giorno, del mese, e dell’anno, con le seguenti modalità:
- per i prodotti alimentari conservabili per meno di tre mesi, è sufficiente l’indicazione del giorno e del mese;
- per i prodotti alimentari conservabili per più di tre mesi ma non oltre diciotto mesi, è sufficiente l’indicazione del mese e dell’anno;
- per i prodotti alimentari conservabili per più di diciotto mesi, è sufficiente l’indicazione dell’anno.
I prodotti alimentari che sulla confezione riportano la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro …” possono essere venduti anche dopo la data indicata. Se, però, risultano nocivi, la responsabilità ricade sul commerciante.
Il termine minimo di conservazione non è obbligatorio per:
- frutta e verdure fresche, comprese le patate, a meno che non siano sbucciate o tagliate;
- vini, vini liquorosi, vini aromatizzati e spumanti;
- bevande alcoliche con percentuale di alcol superiore al 10%;
- bevande analcoliche e succhi di frutta;
- prodotti da forno e prodotti di pasticceria freschi;
- aceti;
- sale e zucchero allo stato solido;
- prodotti di confetteria, caramelle, gomme da masticare e prodotti simili.
La differenza tra i due regimi è data, pertanto, dal fatto che per gli alimenti rapidamente deperibili, come ad esempio il latte, la data di scadenza è il termine ultimo oltre il quale il prodotto non può più essere venduto a causa della proliferazione batterica che ne determina la pericolosità per la salute dei consumatori: il negoziante ha l’obbligo di ritirarli dalla vendita.
Per gli alimenti non rapidamente deperibili, invece, come ad esempio caffè, pelati in scatola, marmellate, la data di scadenza è un’indicazione di massima, perché l’alimento può essere consumato anche dopo la data indicata, senza rischi per la salute, anche se alcune caratteristiche di gusto e di profumo sono suscettibili di alterazione. Rimane, comunque, ferma la responsabilità del commerciante se il prodotto scaduto risulta nocivo per il consumatore.
Da tenere presente, infine, che in base all’art. 4 del Decreto Legislativo 31 gennaio 2007 n. 7, l’indicazione del termine minimo di conservazione o della data di scadenza deve essere “facilmente visibile, chiaramente leggibile e indelebile e in un campo visivo di facile individuazione da parte del consumatore”.
CHI DECIDE LA SCADENZA DEGLI ALIMENTI
È obbligatorio indicare la data di scadenza dei prodotti alimentari, ma ogni fabbricante decide autonomamente le date di scadenza dei suoi prodotti alimentari.
La legge italiana infatti obbliga a riportare sulla confezione una data di scadenza, ma non fissa nessun criterio per determinarla. Conoscendo le caratteristiche della propria produzione, delle materie prime, del processo di lavorazione e di imballaggio e dei conservanti usati, il fabbricante determina la data oltre la quale il prodotto potrebbe aver perso in parte le proprie caratteristiche. Lo stesso vale per i prodotti venduti al taglio, come carni, insaccati, formaggi, piatti pronti.
L’unica eccezione riguarda il latte, per il quale la legge fissa la scadenza a tre giorni per il latte pastorizzato e a 90 giorni per il latte Uht.
SICUREZZA DEGLI ALIMENTI
Ovviamente, sicurezza e qualità sono i due fattori fondamentali della durata degli alimenti, e la sicurezza è prioritaria rispetto alla qualità.
Pertanto i produttori di alimenti devono avere una conoscenza approfondita sia dei processi di deterioramento durante la conservazione, sia dei fattori che possono determinare eventuali alterazioni.
L’alterazione degli alimenti è causata da fattori biologici e fisici, spesso concatenati fra loro.
CAUSE BIOLOGICHE
Le cause biologiche sono le maggiori responsabili dell’alterazione degli alimenti. Le reazioni di degradazione più diffuse sono catalizzate dagli enzimi presenti all’interno degli alimenti o dai microorganismi che li contaminano.
In generale, l’attività degli enzimi scinde le molecole nei suoi costituenti: i glucidi complessi in glucidi semplici, le proteine in peptidi e amminoacidi, i trigliceridi in glicerolo e acidi grassi.
La maggioranza degli alimenti costituisce un ottimo substrato per la crescita di organismi viventi che si sviluppano utilizzando composti organici, alterando l’alimento stesso.
Le principali azioni dei microorganismi si dividono in aerobie (principalmente a carico di lipidi e glucidi) e anaerobie (principalmente a carico delle proteine), e comportano le alterazioni chimiche, che sono causa di cambiamenti dei caratteri organolettici (sapore, consistenza, odore).
In associazione a queste si verificano alterazioni macroscopiche:
- variazioni di colore;
- formazioni di mucillagini;
- ammuffimenti superficiali.
COMPROMISSIONE DELLA SALUBRITÀ
Gli alimenti alterati da microorganismi possono creare problemi di salute, che vanno da semplici disturbi intestinali a vere e proprie forme di intossicazione alimentare, se l’alimento è contaminato da microorganismi patogeni.
I microorganismi patogeni possono essere trasmessi dagli alimenti all’uomo oppure possono utilizzare l’alimento per moltiplicarsi producendo tossine: è il caso delle muffe che non sono patogeni di per sé ma producono metaboliti tossici.
CAUSE FISICO-CHIMICHE
Le cause fisico-chimiche sono scatenate da ossigeno, radiazioni, calore e variazione del contenuto idrico.
Le fonti di contaminazione sono tante, e si possono raggruppare in tre categorie. Le materie prime possono essere già contaminate all’origine: le carni possono contenere batteri provenienti dalla flora viscerale, il guscio delle uova non è impermeabile ai batteri che possono penetrare e riprodursi all’interno di esso, nel latte appena munto c’è sempre una microflora proveniente dai dotti galattofori della mucca.
La contaminazione può provenire dall’ambiente nel quale viene a trovarsi l’alimento o in cui ha vissuto la pianta o l’animale. La contaminazione può essere dovuta alle pratiche di lavorazione, soprattutto quanto non vengono rispettate le norme igieniche.
Conoscere i fattori che possono influire sul meccanismo di deterioramento e di alterazione degli alimenti freschi aiuta il produttore a prevenire eventuali problemi, a mitigare gli effetti della trasformazione e a determinare una durata realistica e accettabile. Nel complesso, la qualità del prodotto finito è un riflesso della qualità dei suoi ingredienti.
La composizione e la formulazione di un prodotto alimentare può essere il fattore più importante nel determinare la durata degli alimenti freschi. Per esempio, in prodotti in cui vi è un rischio reale di ossigenazione, di solito si aggiunge vitamina E, rispetto ad altri antiossidanti che possono essere meno accettabili per il consumatore. Le caratteristiche chimiche e chimico- fisiche degli alimenti sono tali da permettere la colonizzazione e lo sviluppo di un gran numero di microrganismi, alcuni dei quali utili, altri indesiderati, sia patogeni che alterativi.
Ogni alimento possiede una microflora che è strettamente dipendente dalla natura delle materie prime, dall’ambiente in cui esse vengono prodotte (coltivazione, allevamento) e dalle condizioni in cui esse vengono trasformate, conservate e consumate.
Tuttavia possono verificarsi diverse circostanze che possono determinare modificazioni quantitative e/o qualitative dei microrganismi contaminanti. Inizialmente le materie prime possono essere contaminate da microrganismi provenienti dall’aria, dall’acqua, dal suolo, dalla superficie di vegetali e animali (contaminazione primaria).
Nel corso della loro trasformazione, gli alimenti possono essere nuovamente contaminati da microrganismi derivanti dagli ambienti di lavorazione e conservazione, dalle superfici, dagli utensili e attrezzature, dal personale impegnato nelle attività produttive.
Inoltre, lo specifico processo tecnologico cui l’alimento viene sottoposto, determinerà variazioni quanti-qualitative della microflora presente naturalmente o aggiunta, come conseguenza delle modificazioni delle caratteristiche chimico-fisiche dell’alimento stesso. Infine, l’alimento potrà subire contaminazioni e/o variazioni del contenuto microbico nelle successive fasi di magazzinaggio, trasporto, distribuzione e consumo.
FATTORI CHE INFLUENZANO LA DURATA DEGLI ALIMENTI
I fattori che influenzano il comportamento dei microrganismi negli alimenti, e quindi il destino della comunità microbica inizialmente presente, vengono classificati in quattro gruppi principali: fattori intrinseci; fattori estrinseci; fattori di processo e fattori impliciti.
I fattori intrinseci riguardano le caratteristiche proprie dell’alimento e riguardano la composizione chimica, la disponibilità di acqua libera (aw), il pH, la presenza di antimicrobici naturali o di conservanti aggiunti, il potenziale di ossidoriduzione e la presenza di eventuali strutture biologiche.
I fattori estrinseci che influenzano la crescita dei microrganismi negli alimenti sono rappresentati dalle condizioni esterne applicate all’alimento e riguardano in particolar modo la temperatura, l’umidità e la composizione gassosa dell’atmosfera in cui l’alimento viene conservato.
I fattori di processo includono tutte quelle procedure che applicate all’alimento nel corso della sua trasformazione ne modificano completamente l’ecologia. I processi tecnologici applicati possono comprendere trattamenti termici, refrigerazione, salagione, acidificazione, aggiunta di starter ecc.
I fattori impliciti comprendono le relazioni che si instaurano tra i microrganismi che hanno colonizzato l’alimento nelle condizioni dettate dall’azione dei fattori intrinseci ed estrinseci. Le popolazioni microbiche presenti nell’alimento possono esercitare azioni sinergiche, per cui un dato gruppo di microrganismi viene avvantaggiato dallo sviluppo di un altro gruppo (ad es. rimuovendo metaboliti tossici, o producendo metaboliti utili o modificando le condizioni intrinseche dell’alimento) e azioni antagonistiche mediante la produzione di sostanze antimicrobiche, o attraverso la competizione per i nutritivi ecc.
Manipolando in maniera appropriata questi fattori è possibile operare un’azione di controllo dei microrganismi negli alimenti. In effetti questi fattori rappresentano la base su cui si fondano la maggior parte delle procedure di conservazione degli alimenti.
FATTORI INTRINSECI: PH
Il valore del pH di un prodotto varia a seconda della sua composizione, formulazione e lavorazione (per esempio se è fermentato) e deve essere controllato quando il grado di acidità riveste un ruolo importante per quanto riguarda la sicurezza e la qualità del prodotto stesso.
Il pH dipende dalla concentrazione degli ioni di idrogeno che, nel caso degli alimenti, provengono dai componenti acidi, intrinseci o aggiunti, che in acqua si dissociano e li rilasciano.
La crescita dei microrganismi può essere inibita se il pH dell’ambiente in cui vivono diminuisce. In ambienti acidi ostili, i microrganismi rallentano o arrestano la loro crescita. Alcuni ingredienti organici e inorganici, oltre alla proprietà di abbassare il pH, hanno effetti antimicrobici specifici. Per esempio, alcuni acidi organici, essendo acidi deboli, rivestono un ruolo di protezione, in quanto possono entrare nelle cellule e ridurne il pH interno. L’efficacia antimicrobica degli acidi organici deboli aumenta nel seguente ordine: acetico, propionico, sorbico, benzoico e dipende dalla concentrazione di acido non dissociato. L’efficacia come conservante degli acidi organici deboli aumenta nei cibi acidificati e diminuisce nel cibo con pH neutro o alcalino.
Il pH influenza anche molte trasformazioni chimiche e biochimiche nel cibo, come l’imbrunimento enzimatico e non enzimatico o l’alterazione di alcuni colori. Questo può influenzarne la durata.
FATTORI INTRINSECI: ATTIVITÀ DELL’ACQUA
Il livello di acqua disponibile (ossia sufficiente per lo sviluppo microbiologico) negli alimenti può essere ridotta con mezzi fisici quali disidratazione o concentrazione. In genere, negli alimenti freschi si preferisce aggiungere additivi noti come umettanti, tra cui sale e zucchero, che abbassano l’attività dell’acqua, migliorando la conservabilità dei cibi. Infatti, qualsiasi diminuzione dell’attività dell’acqua causa la disidratazione dei microrganismi e riduce la diffusione di metaboliti da e per le cellule inibendone o arrestandone la crescita. Al di sotto di un’Aw (Attività dell’acqua) di 0,6 non è possibile alcuna crescita microbica e la maggior parte dei batteri, tranne Staphylococcus Aureus, non cresce al di sotto di 0.9.
Oltre alla crescita microbica, i valori dell’attività dell’acqua si utilizzano come indicatori della stabilità degli alimenti rispetto alle potenziali alterazioni chimiche e biochimiche e alla trasformazione fisica come la perdita di umidità.
FATTORI INTRINSECI: POTENZIALE REDOX
Le reazioni di ossidoriduzione comportano un trasferimento di elettroni tra atomi e molecole. L’ossidazione avviene quando un composto reagisce con l’ossigeno. Il potenziale redox nel cibo può essere misurato considerando vari fattori:
- Coppia redox presente
- Rapporto ossidante e riduttore pH
- Capacità del cibo di sopportare una variazione del potenziale redox
- Disponibilità di ossigeno
- Attività microbica.
Dall’ambiente ossidante o riduttore dipende l’equilibrio globale del potenziale redox del cibo. A sua volta, siccome il potenziale redox è una funzione della disponibilità di ossigeno nel cibo, esso è strettamente correlato al fattore estrinseco della atmosfera di conservazione; l’esclusione dell’aria nelle confezioni sottovuoto o nello scatolame riduce questo potenziale. Quindi questo è una delle maggiori barriere per garantire la sicurezza e il mantenimento della qualità in alcuni alimenti.
FATTORI ESTRINSECI: IGIENE
Una corretta igiene è essenziale nella produzione di alimenti sicuri. Si tratta di uno dei presupposti fondamentali per l’efficace applicazione dei principi HACCP. Una scarsa igiene conduce alla contaminazione, che può essere fisica, chimica o microbiologica e può avere un grande impatto sulla sicurezza e la qualità degli alimenti. Dal punto di vista microbiologico, la scarsa igiene favorisce la proliferazione di organismi indesiderati che possono avere effetti negativi sulla sicurezza e la stabilità dei cibi e quindi sulla loro durata. Nel caso di alimenti freschi sono indispensabili i seguenti requisiti igienici:
- Controllo delle aree di lavorazione e delle attrezzature per rilevare la possibile presenza di Listeria monocytogenenes nei prodotti pronti per l’uso.
- Controllo delle aree di lavorazione e delle attrezzature per rilevare la possibile presenza di Enterobacteri nella produzione di alimenti disidratati per i bambini sotto i 6 mesi a rischio per la presenza di Enterobacter sakazaki.
- Analisi degli andamenti dei risultati dei test per prevenire la presenza di rischio microbiologico quando si osservano risultati insoddisfacenti.
FATTORI ESTRINSECI: LAVORAZIONE
La lavorazione degli alimenti comporta una vasta gamma di operazioni che potrebbero avere un considerevole effetto sulla microflora e sulle proprietà fisiche, chimiche, biochimiche, nutrizionali e sensoriali, e quindi sulla durata degli stessi. Le varie operazioni non devono essere considerate isolatamente.
Ciò è particolarmente vero nel caso di alimenti freschi perché il processo utilizzato (ad esempio la pastorizzazione) da solo non fornisce una protezione adeguata.
FATTORI ESTRINSECI: SISTEMI E MATERIALI DI IMBALLAGGIO
I sistemi e i materiali di imballaggio sono parte integrante della trasformazione e della conservazione degli alimenti di oggi. L’imballaggio primario protegge il cibo contro i danni fisici e in molti casi dall’attacco dei parassiti e impedisce la contaminazione durante il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione. I materiali di imballaggio adeguati sono una barriera contro la luce, lo scambio di gas e il trasferimento di acqua o vapore acqueo, proteggendo l’alimento dai cambiamenti che ostacolano e limitano la loro durata.
In molti casi, la confezione diventa parte del sistema di conservazione, come succede per gli alimenti sottovuoto o confezionati in atmosfera controllata.
Nel caso di alimenti freschi a pastorizzazione leggera, per proteggere dal Clostridium botulinum, si può assegnare un più limitato tempo massimo di conservazione in frigorifero (meno di 5 giorni), mentre nel caso di alimenti con maggiore durata si può indicare di conservarli a una temperatura di -3°C.
FATTORI ESTRINSECI: STOCCAGGIO, DISTRIBUZIONE E VENDITA AL DETTAGLIO
Temperatura, umidità, esposizione alla luce, in fase di stoccaggio, distribuzione e vendita al dettaglio, sono fattori che possono influire in misura notevole sulla durata degli alimenti freschi. Per garantire la sicurezza e la stabilità microbiologica di questi prodotti, molti dei quali sono ad alto rischio, sono essenziali uno stoccaggio controllato a temperatura corretta e lo scrupoloso mantenimento della catena del freddo.
FATTORI ESTRINSECI: USO E MANIPOLAZIONE DA PARTE DEL CONSUMATORE
Un fattore di rischio, sul quale i fabbricanti hanno poco controllo, nonostante le indicazioni di corretta conservazione e utilizzazione riportate in etichetta, è costituito dall’uso e dalla manipolazione dei prodotti alimentari da parte del consumatore: se male utilizzati e male conservati la durata ne può risentire in maniera importate.
Per esempio, il trasporto dal negozio all’abitazione senza rispettare la catena del freddo, o il tenere i cibi cotti a temperatura ambiente per lunghi periodi di tempo sono “errori” diffusi e compromettono la qualità degli alimenti.
Negli ultimi anni si è notata la tendenza, da parte dei fabbricanti, di ridurre l’utilizzo di conservanti o di sottoporre i cibi a trattamenti termici meno stressanti, per cui la sicurezza e la stabilità microbiologica degli alimenti, così come il mantenimento delle loro caratteristiche, non dipendono da un singolo fattore di conservazione, come il sale, la pastorizzazione, la temperatura di refrigerazione, ma dall’azione sinergica di vari fattori, che costituisce la teoria degli ostacoli (Hurdle Technology).
La Hurdle Technology prevede che l’impiego di differenti tecnologie di conservazione permetta di ottenere una conservazione ottimale diminuendo l’intensità dei singoli trattamenti.
DETERMINAZIONE DELLA DURATA DEL PRODOTTO
E’ responsabilità dei produttori alimentari – lo abbiamo già detto – determinare la vita commerciale ed etichettare di conseguenza i loro prodotti. La durata di un prodotto alimentare, o shelf-life, viene sostanzialmente stabilita durante il suo sviluppo.
Inizialmente, il produttore determina le caratteristiche (intrinseche ed estrinseche) dell’alimento che influenzano la sua sicurezza e/o qualità. Queste caratteristiche comprendono gli ingredienti utilizzati, il processo di produzione, il tipo di confezionamento e le condizioni di conservazione in cui il prodotto verrà venduto.
Dove necessario, il produttore può condurre anche altri studi come campionamento e analisi microbiologiche. La determinazione della shelf-life è una parte integrale dei ‘sistemi di gestione della sicurezza alimentare’ dei produttori. Come parte di revisioni regolari di questi sistemi, il produttore valida la vita commerciale. Questo è particolarmente importante quando si modificano i prodotti, i siti di produzione o i macchinari di produzione.
Il compito principale dello studio della vita utile è quello di determinare, nel modo più preciso possibile, in alcune condizioni specifiche di conservazione, il tempo in cui il prodotto diventa pericoloso o inaccettabile per il consumatore. Per quanto riguarda la stabilità e la sicurezza microbiologica, la legge stabilisce precisi parametri di riferimento ed esiste una letteratura scientifica che offre utili informazioni circa i criteri da adottare. Invece, i criteri non microbiologici utilizzati per stabilire la vita commerciale di un alimento sono molto più strettamente connessi al prodotto stesso. Tali criteri sono fisici, chimici e sensoriali e devono essere correlati con gli attributi di qualità che sono fondamentali per l’accettazione del prodotto e, quindi, la qualità (indipendentemente dalla sicurezza) deve essere concordata tra il produttore e il consumatore. Una volta garantita la sicurezza del prodotto, la valutazione sensoriale è il mezzo più diffuso per determinarne l’accettabilità.
Questo è importante perché un alimento sicuro non necessariamente è un alimento organoletticamente accettabile dai consumatori.
La procedura più comunemente utilizzata per misurare l’accettabilità di un prodotto da parte dei consumatori è la scala edonica a nove punti, detta anche “scala del livello di gradimento” costruita su intervalli costanti, consentendo di attribuire ad ogni categoria un punteggio (da 1=“estremamente sgradevole” a 9 = “estremamente gradevole”) e di impiegare metodi parametrici nell’analisi statistica dei risultati. Si devono interpellare un minimo di 50 persone. Le caratteristiche sensoriali, che possono cambiare durante la conservazione, dovrebbero includere tutte o la maggior parte di quelle enunciate nella tabella accanto.
Poiché molte delle materie prime utilizzate nel processo di fabbricazione sono di origine biologica, le reazioni microbiche sono variabili anche in condizioni ottimali di stoccaggio ed è pertanto essenziale che i test vengano ripetuti più volte, per dare maggiore affidabilità alla determinazione della durata del prodotto. Per precauzione, è meglio lasciare un ampio margine di sicurezza che potrà essere rivisto in funzione dell’esperienza.
Quasi per definizione, gli alimenti freschi hanno una durata relativamente breve e quindi, esiste la falsa convinzione, da parte dei consumatori, che questi prodotti siano “freschi”, “casalinghi” e “sani”.
Invece, molti sono prodotti ad alto rischio e la sicurezza alimentare è di fondamentale importanza rispetto ad altri settori industriali.
Oggi, i consumatori hanno sviluppato una maggiore sensibilità e richiedono cibi con meno conservanti chimici, con bassi livelli di sale, sottoposti a trattamenti termico più miti e arricchiti con vitamine e minerali: tutto ciò comporta, per i produttori, una sfida tecnologica non indifferente per continuare a garantire la massima sicurezza.