Un progetto realizzato nel 2014 con esperti europei per rendere ancora più ospitale una terra poco conosciuta ma ricca di scenari suggestivi e indimenticabili
Il progetto nasce da lontano. L’ultima campagna di lotta alle zanzare in Albania risale al 1991, e come tutte le cose che nascono da lontano hanno in sé tanti buoni propositi, dati dal tempo dedicato al progetto, dall’averlo visto e rivisto con più occhi e dall’averlo discusso con diversi esperti europei del settore.
In più il piano di lavoro realizzato nel 2014 aveva anche l’occhio speciale di persone capaci e innamorate del proprio lavoro e della conoscenza (e mi riferisco alle persone dell’Istituto di Sanità Pubblica che ci hanno dedicato tempo, competenza e passione) e nasce anche dalla sfi da che una nuova realtà politica ha voluto intraprendere per portare l’Albania in Europa e il suo turismo e la sua natura come attrazione unica, meravigliosamente selvaggia e fruibile a quanti vogliono vedere in questa terra una meta per le loro vacanze. Il primo incontro tra tecnici, organizzazioni ambientali, personale dei vari Istituti e Ministeri di Sanità e Igiene Pubblica ha avuto come scopo la scelta sulle tipologie e programmi da adottare e che sorta di impatto dovesse avere sull’ambiente. L’Albania ha ancora immensi territori che sono rivolti sul mare, sono lagunari e a volte paludosi e presentano la possibilità di costituire focolai di riproduzione per specie rurali, ma questi territori sono anche parchi nazionali di inestimabile valore con specie faunistiche che sopravvivono solo qui. La decisione scaturita è stata quella di rivolgere tutti gli sforzi alla sola lotta larvicida, con la preferenza all’impiego di formulati biologici. Il primo passo era stato fatto, ora il secondo è stato quello di percorrere il Paese da nord a sud (oltre 400 km di coste sono state indagate) per verifi care i luoghi che da sempre avevano fatto parte della campagna di lotta nel passato e che potevano avere un doppio risvolto, quello turistico e quello sanitario. La prima fase di studio ha visto impegnati esperti europei come il dottore Remi Foussadier responsabile e direttore del Centro per lotta alle zanzare nella regione francese delle Rhone-Alp, e il professore Paul Riter, entomologo medico dell’istituto Pasteur (solo per citarne alcuni). Una volta individuate le zone si è proceduto a mapparle e a calcolarne la superfi cie. Ora restava il grande dilemma di come progettare la parte operativa, si facevano ovviamente presenti numerosi problemi da risolvere, qui ne cito alcuni indicando come sono stati risolti dalle autorità tecniche di controllo, fi no a realizzare un progetto unico nel suo genere, effi cace, controllabile.
Come e chi doveva stabilire quando necessario intervenire; come controllare le zone settimanalmente, e comunque dopo ogni precipitazione piovosa e ogni innalzamento delle maree; come presidiare le zone.
Il Ministero della Sanità ha deciso che l’Istituto di Sanità Pubblica (ISHP) avrebbe supervisionato il progetto. L’ISHP ha incaricato in ogni distretto regionale di Sanità Pubblica da 2 a 3 persone (medici, agronomi, veterinari con esperienza nel campo) di procedere settimanalmente con campionatori del tipo Deeper al monitoraggio delle larve nelle aree lagunari, nei canali con acque ferme e nelle paludi, ogni campionamento era fatto prelevando 10 campioni e contando le larve presenti (per la maggior parte Ochlerotatus caspius) e riportando i dati rilevati che venivano comunicati al Centro operativo dell’Istituto di Sanità Pubblica. Il campionamento era eseguito anche dopo ogni precipitazione piovosa o effetti di alta marea. Successivamente quando la comparsa delle larve di I° max II° stadio era assodata veniva allertata la squadra presente nell’area per intraprendere i trattamenti entro 48 ore al massimo.
Che prodotto larvicida scegliere
Questo punto ha trovato tutti d’accordo e la scelta è andata sul Bacillus thuringensis israeliensis sierotipo AM65-52 a 3000 UTI, (Vectobac WDG) perché ritenuto l’unico prodotto che ci garantisse di preservare l’ecositema esistente. I dosaggi utilizzati sono stati di 1 Kg/ Ha disperso in soluzione.
Che tipologia di applicazione larvicida adottare
Questa problematica ha visto la soluzione con tre tipologie applicative. 1. La prima ha riguardato i depositi di acqua utilizzati per scopi abitativi ma non potabili, presenti nelle aree con destinazione turistica – cisterne che spesso non avevano un’adeguata chiusura con l’impiego di granuli idrodispersibili – nella dose di 2/5 grammi per cisterna. 2. Per le zone paludose o lagunari o nei fossati mappati si è provveduto con applicazioni mediante pompe a precompressione manuale da 5 lt con pistola applicatrice con ugello da 1,2 (privato di lancia) e dosaggi di 1 kg/Ha di bacillus a 3000 UTI, (50 grammi in 5 lt/H2O trattando 500 mq) e anche con l’irrorazione mediante lancia applicata ad atomizzatore a motore di 100 lt/ha di soluzione alla dose si 1kg ogni 100 lt. 3. La terza applicazione è avvenuta mediante atomizzatori a granuli nelle aree paludose con canneti che impedivano accesso a mezzi o persone, si è operato a 15Kg/ha. Tutti i trattammenti sono stati seguiti, fotografati e relazionati da tre interlocutori diversi e non in relazione. Il primo interlocutore era rappresentato da uno o due responsabili dell’Autorità nazionale dell’ISHP di Tirana, dai responsabili dell’ISHP regionale addetto ai monitoraggi e dal Direttore tecnico dell’azienda che eseguiva i controlli.
Come controllare i risultati dopo i trattamenti
Anche questa parte è stata lungamente dibattuta e anche quella economica collegata al risultato: doveva essere chiaro l’ottenimento della migliore esecuzione, e quindi della buona riuscita, del lavoro stesso. La soluzione è venuta ancora dalle persone sul campo, ovvero i Responsabili dell’ISHP regionali dopo 48 ore dal trattamento ripetevano nelle aree in cui avevano effettuato il primo prelievo (prima del trattamento) altri 10 prelievi con Deeper per punto e procedevano alla conta in percentuale delle larve ancora vive. Tutto questo portava ad una equazione di effi cacia, se ad esempio i primi 10 campionamenti avevano portato un numero di 1000 e dopo i trattamenti il numero era sceso a 10, il risultato era stimato al 99% di effi cacia. Solo per dovere di cronaca il risultato complessivo ottenuto a fi ne stagione è stato del 99.2%
Come verifi care che le zone fossero tempestivamente e globalmente trattate
Tutte le aree comprese nel progetto sono state mappate con sistema GIS (Geographic information system) e tutte le squadre e gli operatori o i mezzi avevano in dotazione un GPS. Una volta che il responsabile dei controlli inviava la segnalazione, Il gruppo responsabile dell’ISHP provvedeva a inoltrare mappa e luoghi evidenziati da sottoporre a intervento immediato. Le squadre operative dotate di GPS si recavano sui posti indicati dalle coordinate fornite dall’ISHP e procedevano al trattamento. Al termine del trattamento (sempre seguito dai responsabili come detto prima) si procedeva ad inviare i movimenti registrati sul GPS per confrontarli con quelli comunicati.
Che tipo di monitoraggio qualitativo e quantitativo mettere in opera e con che frequenze utilizzarlo e come raccogliere dati per la stagione successiva.
Anche questo punto ha trovato tutti d’accordo per utilizzare le persone sul campo anche per sviluppare un monitoraggio attivo rivolto alla cattura degli adulti durante i trattamenti larvicidi per Och. caspius e specie rurali, mentre nelle aree cittadine si è provveduto a installare in modo fi sso ovitrappole per la quantifi cazione della ovideposizione e per mappare le zone. Quindi ogni trattamento in aree di laguna, palude, fossati stc si sono installate trappole CDC-IMT nelle ore serali (18) e controllate e asportate la mattina successiva (10). Tutti i risultati sono stati inseriti nel database dell’ISHP.
ESPERIENZA UNICA
Questa esperienza è stata a dir poco unica. Il tempo trascorso nelle stupende rovine romane di Butrinti dove migliaia di visitatori arrivano da ogni parte del mondo per vederle e dare loro la possibilità di una visita tranquilla, o le notti passate nella foresta marina di Divjaka dove ancora esistono esemplari del pellicano riccio e dove i profumi della natura ti entrano nei ricordi, o ancora le bellissime spiagge di Valona e Orikum mi hanno accompagnato nel progetto. Il progetto ha anche visto utilizzare la tecnica del “Cold Fogging” ovvero la distribuzione di una soluzione larvicida concentrata, tramite l’atomizzatore montato su pick-up a velocita di 8 kmh e una distribuzione di 100 lt/Ha per raggiungere i focolai di Aedes albopictus all’interno di aree inaccessibili o private……ma di questo ne parleremo ancora, ora è solo una sperimentazione riuscita a metà che fa ben sperare.