Cotto & Gres Porcellanato

Il Cristo velato riposa più sereno

La pavimentazione, della Cappella San Severo, che ospita la celebre statua, vanto dell’arte partenopea, riportato all’antico splendore dal maestro trattatore Vincenzo Casolaro, che si è aggiudicato il terzo premio del concorso “Trattati da Re” di Fila 2014

Il Museo Cappella San Severo, trionfo del Barocco napoletano, è un suggestivo complesso monumentale che fin dalle sue origini, che affondano alla fine del si è circonfuso di leggenda e di mistero.

Nata come una “piccola cappella” denominata Santa Maria della Pietà o Pietatella, a scioglimento di un voto, nei primi anni del ’600 fu sottoposta a grandi lavori di trasformazione e ampliamento, che modificarono l’originario sacello in un vero e proprio tempio votivo, destinato a ospitare le sepolture degli antenati e conformazione della Cappella e la quasi totalità delle opere in essa contenute sono frutto della volontà di Raimondo di Sangro, settimo principe di San Severo, grande studioso e appassionato di alchimia, esoterismo e magia, che a partire dagli anni ’40 del ’700 riorganizzò la Cappella secondo criteri del tutto nuovi e personali. Al centro della navata della Cappella San Severo è posto il Cristo velato,  una delle opere più note e suggestive al mondo,commissionata da Raimondo di Sangro a Giuseppe San Martino, giovane artista napoletano, che realizzò, secondo il desiderio del committente, una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua. Il Cristo velato è famoso, ha fatto il giro del mondo proprio per la prodigiosa “tessitura” del velo marmoreo, che esalta l’umanissima sofferenza del figlio di Dio morto da uomo per tutti gli uomini.

[widgetkit id=318] E da tutto il mondo giungono ogni anno centinaia di migliaia di visitatori, desiderosi di vivere la suggestione profonda che emana dalla statua e dal monumento nella sua totalità. Sentimento religioso e senso del mistero si fondono in un unicum di emotività che, come direbbe Dante, “intender non lo può chi non lo prova”. Ma un così intenso viavai di pellegrini non può non lasciare traccia, in particolare sulla pavimentazione in cotto di fine ‘700, che ricopre i 250 mq della cappella. All’usura del calpestio si sono sommate, negli anni, incrostazioni di carbonati cristallizzati che hanno steso un velo opaco, compromettendo l’armonia dell’insieme e conferendogli un immeritato alone di incuria. Inoltre, a delineare il perimetro della navata, costeggiando le cappellette laterali, c’è una greca in smalto vietrese,di fine ‘800, che in alcune parti risultava interrotta, sempre a causa dell’incessante e notevole affluenza dei visitatori. A restaurare l’opera di tanto ingegno artistico è stato chiamato un artista del trattamento di materiali delicatissimi, come il cotto e lo smalto antichi: Vincenzo Casolaro,maestro trottatore, che presta la sua opera da oltre trent’anni nel ripristino di pavimentazioni storiche, in Italia e all’estero. Con la sua squadra di collaboratori, lavorando di notte per non interrompere il flusso delle visite, è riuscito a restituire alla pavimentazione della Cappella lo splendore originario, lasciando peraltro intatta tutta la magia e la suggestione che il tempo ha consolidato. Con prodotti e strumenti di oggi, ha saputo evocare l’atmosfera seicentesca. Come? Lo spiega lui stesso. «Con la monospazzola e l’aspiraliquidi, abbiamo effettuato un lavaggio iniziale utilizzando un detergente sgrassante, pH 12,5, in grado di eliminare anche lo sporco più resistente e le incrostazioni di carbonati cristallizzati senza tuttavia aggredire il materiale di base; successivamente abbiamo effettuato un secondo lavaggio utilizzando un solvente decerante specifico per cotto, per eliminare ogni traccia di impurità; il terzo step è stato la ripresa delle sigillature, per le quali abbiamo applicato un protettivo, un idrorepellente specifico per cotto, per impedire l’assorbimento dell’acqua e creare una barriera antiefflorescenza (questa è una delle criticità del cotto, senza alterare il colore della superficie. A questo punto, abbiamo applicato a mano, con tanto “olio di gomito” un passaggio di cere in pasta color cuoio infine abbiamo steso un fissativo».

La greca in smalto, a sua volta, ha richiesto un trattamento estremamente delicato, effettuato interamente a mano. Un lavoro effettuato in quattro notti e un giorno, faticoso, impegnativo, che ha dato i suoi frutti. Innanzitutto lo splendore restituito a uno dei siti più prestigiosi, non solo di Napoli, ma dell’Italia e, in secondo luogo, ma motivo di altrettanto legittimo orgoglio, l’aggiudicazione del terzo premio del concorso “Trattati da Re”, organizzato da Fila, che ha fornito i prodotti per il trattamento e che ha in Vincenzo Casolaro uno dei suoi più validi interlocutori. Un trattamento da re per un monumento degno di re.

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