Seguiamo passo dopo passo la deceratura sui materiali assorbenti: cotto, terrecotte, pietre.
Operare nel ripristino di un vecchio trattamento protettivo degradato sulle superfici in materiali naturali è cosa completamente diversa che decerare una superficie in pvc , in linoleum, una graniglia o un marmo levigato lucido.
Su tali superfici si agisce con uno specifico decerante e si riesce a togliere il vecchio trattamento in tempi tecnici brevi perché i materiali non assorbono i liquidi e si riesce a riportare a nudo le superfici senza complicazioni. Tutt’altra questione è operare su materiali assorbenti e sui quali le aziende produttrici si sono sbizzarrite nel tempo a proporre imbrattamenti di tutti i tipi, compresi quelli che potevano sembrare eterni e senza usura o invecchiamento. In questo panorama vi sono: cere cremose in pasta, cere liquide rilucidabili, cere metallizzate, emulsioni acriliche o polimeriche, resine all’acqua, resine al solvente, olio di lino crudo o cotto, vernici o resine poliuretaniche ed epossidiche, ecc…
Come si possono conciliare allora le lavorazioni e i prodotti per l’asporto radicale dei prodotti invecchiati? Per prima cosa bisognerebbe capire su quali materiali si opera e di quale natura è il vecchio trattamento, ma molte volte questo è difficile anche a causa delle manutenzioni assenti o eccessive e con prodotti sconosciuti che vengono presentati come miracolosi nella grande distribuzione. Nel passato è successo che, pensando di poter asportare un qualche tipo di prodotto applicato, ci si fosse affidati ai comuni deceranti alcalini usati anche molto concentrati, con il risultato finale che si approssimava sempre al 60-70% di asporto del prodotto. Esaminando le componenti dei costi delle opere, vediamo che emerge sempre per primo il costo della mano d’opera. Quindi è giocoforza scegliere i prodotti più idonei per poter effettuare le lavorazioni nel minor tempo possibile, anche se questi costano a volte molto di più.
Il trattamento
Fatta questa analisi: siamo sul cantiere, abbiamo una superficie in materiale naturale e abbiamo un vecchio trattamento da asportare per poterne applicare uno nuovo e magari con un risultato che porti le superfici più vicino possibile alle tinte originali del materiale stesso. La scelta del prodotto dissolutore del vecchio trattamento, escluso il campo delle resine epossidiche e poliuretaniche per le quali vi è una sola soluzione drastica, si sposta sempre su specifiche miscele solvente con tensioattivi valide per quasi tutti i tipi di cere ed emulsioni presenti sul mercato. Tale dissolutore si può applicare anche un giorno prima, naturalmente compatibilmente con la situazione di cantiere. In questo caso è il prodotto che lavora per noi, facendoci risparmiare tempo con gli eventuali, inutili, ripetuti passaggi con la macchina monospazzola e con l’uso di un banale decerante alcalino. La mattina successiva si passa alla monospazzola e all’asporto di quanto il prodotto sia riuscito a sciogliere nel tempo in cui è rimasto in posa (foto 1).
Per quanto il prodotto abbia potuto agire e per quanto si sia accorti e curati nelle lavorazioni, è matematicamente sicuro che rimarrà sempre un po’ di residuo del vecchio trattamento e qualche nostra impronta involontaria di prodotto sciolto, calpestato e portato nelle zone già lavorate (foto 2 e foto 3). A questo punto, dopo il primo passaggio su tutta la superficie, si procederà a un secondo passaggio partendo dai bordi delle stanze. Dato il tipo di prodotto utilizzato, è opportuno prendere le dovute precauzioni come guanti, mascherine e protezione per gli occhi e locali ben aerati oltre naturalmente a paraspruzzi per la monospazzola e le dovute protezioni per muri, arredi e porte. Il secondo passaggio si inizierà applicando per piccole porzioni, lungo i bordi e angoli delle stanze, il prodotto dissolutore e con il classico tampone marron si andrà a togliere quello che è stato sciolto e diventato asportabile. Si agisce su piccole zone delle superfici per creare una situazione di lavorazione omogenea e con gli stessi tempi, sia per i bordi stanza che per la porzione di superficie (mai tutta una stanza…) sulla quale agiremo poi con la monospazzola e disco marron, di modo che non vi siano zone su cui il prodotto dissolutore agisce pochi minuti ed altre su cui persiste molto più tempo (foto 4). Naturalmente in questa fase è molto importante non tornare a calpestare la zona lavorata con i piedi sporchi, altrimenti si dovranno ripetere ancora altri passaggi.
E con che cosa allunghiamo il prodotto per poterlo aspirare?
Con della semplice acqua, poiché il detergente decerante è già presente nel dissolutore applicato. Quindi nel serbatoio della macchina va messa sola acqua e nessuna altra soluzione detergente: è molto utile comunque qualche ulteriore risciacquo per ogni zona lavorata.
Poiché operiamo su superfici assorbenti, se dovesse capitare la classica telefonata lunga o la pausa pranzo, non bisogna dimenticare la macchina ferma e il disco intriso di soluzione detergente sulla superficie (foto 5). Nel caso è bene prendere alcune precauzioni, come l’utilizzo di un cartone e cavi, macchine, dischi e attrezzature con acqua, aspirando bene il tutto (foto 6).
Le fughe delle superfici
Una particolare attenzione va data alle fughe delle superfici in quanto, essendo molto più porose dei materiali, assorbono molto più sporco nel tempo e una parte dei prodotti sciolti durante le fasi della deceratura (foto 7). E’ molto importante passarle tutte con una spazzola di acciaio a mano sciacquando poi bene con acqua dopo il lavaggio acido per poterle uniformare e portarle allo stato originale: non possiamo consegnare una superficie con le mattonelle in ordine e le fughe ancora mezze sporche, non è professionale…
Se siamo stati accorti nelle fasi precedenti e il lavoro si è concluso anche con il lavaggio con una soluzione acida leggera e relativo risciacquo, abbiamo completato il ciclo della deceratura: non è necessario in queste fasi utilizzare detergenti acidi strani o forti e in concentrazioni elevate, ma è sufficiente eseguire un piccolo lavaggio acido ed i risciacqui accurati solo per togliere piccoli residui di detergente alcalino eventualmente rimasti sulle superfici. A questo punto vorrei battere forte sul tamburo per far capire a quelle aziende che formulano prodotti, che alcuni detergenti deceranti non sono idonei par lavorare su superfici assorbenti e lasciano a volte nei materiali tracce di prodotto difficilmente asportabili (foto 8). Questo sistema di lavoro non ha mai lasciato sulle superfici residui consistenti del vecchio trattamento: si può accettare che possa esserci ancora una percentuale dello 0,5% che non va assolutamente a inficiare il nuovo trattamento. Per la mia personale esperienza posso affermare che qualche volta è stato un po’ più difficoltoso, ma che alla fine il risultato si è sempre ottenuto combinando nella giusta maniera prodotti ad azione manuale e meccanica con la ferma volontà di consegnare sempre comunque un lavoro eseguito a regola d’arte. Partendo dal concetto che i materiali naturali hanno le loro diverse caratteristiche, che non esistono situazioni sempre uguali, che non vi sono prodotti miracolosi in grado di risolvere in tempi rapidi tutte le problematiche, affermo che se si deve ripristinare una vecchia superficie e darle nuova vita, bisogna operare con la dovuta attenzione, con prodotti specifici e nel rispetto dei materiali su cui si opera poiché anche le vecchie superfici ci insegnano che con un nuovo vestito il loro fascino persiste nel tempo. Voglio sfidare chiunque mi voglia proporre una superficie moderna che abbia lo stesso fascino e lo stesso calore di un materiale naturale, sia esso cotto o terracotta, marmo o pietra naturale, graniglia o palladiana, che con un nuovo vestito ringiovanisce come avesse ancora l’età di un bambino: potessimo anche noi ringiovanire con così poco…
Articolo ben fatto che condivido appieno.
Un post molto dettagliato e utile. Grazie dimensionepulito.it