Igiene Alimentare

Oltre al danno…la corresponsabilità

Se gli ingredienti sono adulterati, ne risponde anche il produttore che li ha acquistati. Il caso delle olive Saclà

Il 10 luglio dello scorso anno, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15824, ha concluso una vicenda giudiziaria che ha visto coinvolte importanti società nazionali e internazionali attive operanti nel settore alimentare. La Suprema Corte, infatti, riferendosi alla diligenza dell’operatore nel settore alimentare, ha sancito la responsabilità di una delle due aziende per i danni da lei stessa subiti dall’azienda che le aveva fornito un ingrediente tossico.

I termini della questione

Negli anni 2002/2003 la Fratelli Saclà spa, aveva acquistato una consistente partita di peperoncino rosso dalla New Food Industry spa, sua abituale fornitrice di spezie, per le sue preparazioni destinate all’immissione sul mercato. Nel 2003, la Francia lanciò un’allerta riguardante la presenza, in prodotti alimentari contenenti peperoncino rosso di provenienza indiana di colorante artificiale Sudan I, ritenuto cancerogeno. A seguito dell’allerta, l’Unione Europea, nel giugno 2003, aveva disposto misure d’emergenza per bloccare l’importazione di partite di peperoncino contaminate dal Sudan rosso I e per disporre la distruzione delle partite già importate nell’UE. Anche la legislazione italiana proibiva l’impiego dei coloranti alimentari Sudan I, II, III, IV. La Fratelli Saclà aveva allora chiesto alla New Food Industry garanzie circa l’assenza di Sudan I nel peperoncino acquistato e aveva avuto l’assicurazione che questo componente era inesistente nel prodotto fornito. Pertanto Fratelli Saclà aveva continuato a utilizzare il peperoncino rosso acquistato da New Food Industry per la realizzazione dei propri prodotti. Ma il NAS di Trento, durante un controllo a campione, aveva prelevato una confezione di “olive verdi alle erbe aromatiche e peperoncino” della Fratelli Saclà e vi aveva riscontrato la presenza di Sudan I, cosicché l’ASL 19 di Asti aveva provveduto al sequestro di tutti i prodotti contenenti il peperoncino della New Food Industry, mentre l’azienda aveva ritirato, dal mercato francese e britannico, tutte le sue preparazioni contenenti ingredienti di provenienza New Food Industry, con conseguente danno economico e d’immagine. La F.lli Saclà, a questo punto, cita in giudizio la New Food per essere risarcita del danno, ma la controparte si difende dichiarando accidentale quanto accaduto, in quanto sostiene di avere effettuato regolarmente le analisi sul peperoncino in data antecedente all’allerta alimentare diramata dalla Francia, quando, però, l’agente chimico cancerogeno non era rilevabile con i sistemi di indagine allora usuali.

Giudizio di primo grado

Il giudice di primo grado aveva emesso una sentenza favorevole alla linea di difesa della New Food Industry, conformandosi al criterio dell’impossibilità per un’azienda di “tenere sotto controllo tutti i rischi, ma di selezionarne alcuni”, e aveva concluso che, per la fornitrice di peperoncino rosso, la contaminazione da Sudan I non poteva considerarsi un evento prevedibile.

Giudizio di secondo grado

La Corte d’Appello, invece, aveva condannato New Food al risarcimento dei danni richiesti da Fratelli Saclà, perché la diligenza professionale, al fine di individuare la contaminazione degli alimenti da parte di inquinanti non codificati, “richiede di affiancare alle analisi mirate di routine (da svolgersi con metodiche accreditate) anche ulteriori analisi di controllo…. volte a escludere la presenza di talora massicce contaminazioni e sofisticazioni alimentai identificabli”. Inoltre, anche se il componente in questione è ignoto, New Food avrebbe potuto individuare i componenti noti e, in presenza di altro elemento non conosciuto, ricercare di che cosa si trattasse.

Giudizio di terzo grado

La Corte di Cassazione, a cui le parti sono ricorse, ha confermato il diritto di risarcimento del danno nei confronti di Fratelli Saclà, ma ha individuato anche una responsabilità nel comportamento di quest’ultima, condannandolo. Infatti, il secondo comma dell’articolo 1227 del Codice Civile prevede un principio di cooperazione, in base al quale il creditore (Fratelli Saclà nella fattispecie), quando subisca un danno contrattuale, deve applicarsi per minimizzarlo, altrimenti non può avanzare richieste di risarcimento per un danno che avrebbe potuto evitare, usando la normale diligenza. In parole povere, Fratelli Saclà non si doveva fermare alle assicurazioni verbali di New Food, ma effettuare a sua volta analisi approfondite per escludere la presenza del componente cancerogeno.

La tutela del consumatore

In pratica, la Corte di Cassazione, con questa sentenza, ha chiaramente voluto segnalare che le tutele e le garanzie nei confronti del consumatore devono fondarsi anche sul comportamento diligente del produttore, osservando che: “particolarmente nel settore alimentare, dove la circolazione di alimenti sicuri e sani è un aspetto fondamentale che contribuisce in maniera significativa alla salute e al benessere dei consumatori, il produttore, onde garantire la sicurezza degli alimenti, ha un obbligo, quale operatore professionale, di attenersi al principio di precauzione e di adottare misure proporzionate in funzione delle caratteristiche del prodotto e della sua destinazione al consumo umano verificando, attraverso controlli a campione, che il componente acquistato risponda ai requisiti di sicurezza previsti e non contenga additivi vietati e pericolosi, prima di ulteriormente impiegarlo quale parte o ingrediente nella preparazione di un alimento finale”.

 

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