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Vendere all’estero: opportunità o svantaggio?

L’importanza di una valutazione corretta di pro e contro per essere un imprenditore di successo

Con la profonda crisi che attraversa l’economia sempre più imprese cercano di trovare nuovi sbocchi per mantenere le vendite a livelli accettabili per la copertura dei costi fissi di gestione. Oggi vendere all’estero non è solo un’occasione, presenta diversi aspetti negativi che è bene analizzare prima di prendere decisioni che possono essere dannose per l’azienda più di quello che già sta accadendo.

Come in tutte le nuove operazioni è bene, prima di intraprendere qualcosa di nuovo, fissare un tetto massimo di spesa. Anche se lo si dovesse superare in corso d’opera, ciò serve sicuramente a comprendere quello che si sta facendo e la diversa convenienza dell’operazione a distanza di tempo. Il primo passo è capire dove il proprio prodotto può essere apprezzato e a che prezzo può essere venduto. Normalmente, l’imprenditore è a conoscenza del potenziale mercato nei diversi paesi stranieri, almeno come idea generale; certo i gelati non si venderanno in grandi quantità agli esquimesi, ma anche tentare mercati che potenzialmente sono poco considerati potrebbe essere una opportunità e una sfida interessante. Il prezzo, poi, è un elemento importante. Oggi con la rete di Internet è più facile capire i prezzi della concorrenza nel mercato che si vuole aprire, anche perché sono pochi i prodotti che non hanno una vetrina sul web. C’è il problema della lingua, ma con le occasioni di viaggio non è difficile, dappertutto, trovare dei traduttori che per pochi euro permettono di fare ricerche mirate su pagine web di paesi lontani.

I passi successivi

Una volta trovato il mercato di riferimento, è necessario trovare il partner giusto. Per partner intendo qualsiasi soggetto disponibile a vendere i prodotti di cui trattasi. I canali possono essere diversi ma tutti interessanti: dai distributori agli agenti, alla grande distribuzione, ai negozi sino alla vendita diretta. In un’epoca in cui il prezzo conta molto più della qualità del prodotto, anche per le vendite all’estero, se non si è sicuri di poter avere il vantaggio competitivo del prodotto artigianale o italiano, è bene cercare di arrivare direttamente al consumatore finale evitando passaggi tra diversi soggetti che fanno lievitare il prezzo finale. Sembrano ovvietà ma non del tutto. Spesso, non conoscendo i mercati stranieri, si pensa che le logiche di vendita siano le stesse del nostro paese, ma l’esperienza insegna che non è così. Ogni paese ha le sue caratteristiche e i suoi canali distributivi che, pur sembrando uguali ai nostri, hanno funzionalità e specificità locali. Vi sono zone ove gli agenti hanno il mercato in mano, altri in cui non esistono, alcuni, in cui, pur esistendo, sono marginali, altri in cui sono numerosi ma senza incidere sulle vendite.

Molto interessante è il canale di vendita diretta, cioè il tentativo di agire direttamente aprendo un ufficio vendite. Spesso, anche se sembra particolarmente difficile, è il modo più semplice per contenere i costi ed avere certezza delle potenzialità del mercato. Certo bisogna avere la volontà di viaggiare e di andare a vedere cosa si può fare nel mercato in cui si vuole introdursi; cercare – con l’aiuto delle medesime associazioni che ci sono, parallelamente, in Italia – un luogo, una persona, un servizio adatto allo scopo. E poi avere il coraggio di provare, con calma, la vendita.

Come capita a noi italiani, anche all’estero si preferisce parlare la stessa lingua piuttosto che una lingua straniera come l’inglese. La strategia migliore risulta quindi quella di avere una persona, più o meno competente, che spieghi, senza fraintendimenti, il prodotto. Ma soprattutto che un domani, a prodotto venduto, possa assistere il compratore che fin dal primo momento si sente più tranquillo se parla con un compatriota. È importante rendersi conto fin dal principio che un ufficio vendite non funziona sempre da solo, necessita dell’occhio dell’imprenditore, che deve muoversi ed essere presente il più possibile non solo per dare direttive ma soprattutto per fornire quell’esperienza e quella conoscenza dell’utilizzo del prodotto che è indispensabile per poter vincere la diffidenza iniziale della clientela e la concorrenza.

Vivere l’oggi… ma pensando al domani

Per vendere all’estero non è necessaria una grande organizzazione, ma il vero imprenditore pensa sempre al futuro e crede sempre che il futuro sia sempre migliore di oggi: le previsioni, quindi, devono corrispondere al tipo di investimento. Di conseguenza, un solo ufficio vendite, se il mercato lo permette, può non essere sufficiente. È necessario allargare l’attività soprattutto perché la clientela, dappertutto, ama i fornitori che crescono con il passare del tempo. Per crescere bisogna però anche essere organizzati. Organizzazione non vuol dire soltanto avere un buon prodotto, vuol dire anche avere contratti trasparenti, usare una burocrazia giusta fatta di documenti che servano per chiarire al cliente modi e tempi di consegna, avere la certezza dei materiali disponibili e rispettare i tempi di consegna, adoperarsi perché il prodotto sia consegnato correttamente e verificare la risposta del cliente alla consegna, strutturare il personale secondo una precisa gerarchia e in numero sufficiente ai diversi aspetti aziendali. Non sempre questi passi vengono seguiti dagli imprenditori italiani; stiamo più attenti che i prodotti siano validi piuttosto che venga offerto anche un buon servizio. All’estero non sempre (anzi quasi mai) è così: il cliente spesso richiede più attenzione ai particolari che al prodotto ma, come si dice nel commercio, il cliente ha sempre ragione e bisogna soddisfare le richieste di chi compera.

Pensare di creare uno stabilimento o un negozio all’estero, anche per aziende medio piccole, oramai non è più un sogno ma una concreta possibilità. Non solo le rapide comunicazioni permettono di non perdere molto tempo nel trasferimento da un paese all’altro per controllare di persona cosa sta succedendo, ma la stessa informatica, con le messaggerie istantanee o con le telecamere che sfruttano la rete per mandare immagini, consente una presenza prima d’ora impensabile.

Certo non sono sempre pepite d’oro quelle che luccicano. Perdere di vista la propria azienda per inseguire un sogno all’estero è il miglior modo per sbagliare dappertutto. Il vero limite dell’andare fuori dai confini nazionali è perdere il controllo della situazione perché non si sono capite le necessità degli stranieri e perché si è abbandonato la via normale per percorrerne una più impervia. La soluzione è trovare collaboratori validi dai quali, temporaneamente, farsi sostituire nei momenti di assenza ma – soprattutto – che, in assenza del titolare, sappiano fornire informazioni sui problemi esistenti. Ma questo riguarda la capacità di delegare e di cercare, senza tregua, personale direzionale ed è qualcosa che attiene più alla capacità individuale dell’imprenditore che a una scuola o a un modo di comportarsi che si può insegnare.

Però oggi, più di ieri, osare all’estero si può. Ma con prudenza.

 

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