Uno studio di Federambiente fotografa una realtà che vale 9,43 miliardi di Euro, in costante evoluzione
L’igiene ambientale è un settore produttivo in costante espansione. È quanto emerge dalla quinta edizione, del 2014, del Green Book – Aspetti economici della gestione dei rifiuti in Italia, di Federambiente, uno strumento di conoscenza preciso, affidabile e aggiornato delle dimensioni, dell’evoluzione e delle prospettive del sistema industriale della gestione del ciclo integrato dei rifiuti urbani in Italia. I dati riportati delineano un quadro importante: il valore annuo della produzione del settore dell’igiene ambientale in Italia è di 9,43 miliardi di euro, pari allo 0,6% del PIL nazionale e al 3,6% del valore aggiunto del comparto industriale. La ricerca, realizzata da Utilitatis pro acqua energia ambiente, si è basata sull’analisi di norme e dati provenienti da molteplici fonti (legislazione comunitaria, nazionale, certificati consuntivi dei conti di bilancio dei Comuni, Rapporto rifiuti ISPRA, bilanci consuntivi di aziende e bandi di gara), ma in particolare si è concentrata sui Piani economico-finanziari di Comuni campionati e sull’analisi delle 581 gare bandite negli ultimi due anni in Italia.
Il quadro ambientale
Qual è, dunque, il panorama odierno e quali prospettive risultano possibili per il settore della gestione del ciclo integrato dei rifiuti urbani? Per dare una risposta al quesito è necessario innanzitutto considerare sia il contesto normativo/istituzionale sia il contesto territoriale e socioeconomico alla base delle attività dell’industria. Il panorama legislativo appare piuttosto complesso per l’incompatibilità tra una strategia comunitaria tesa a minimizzare l’impatto ambientale, attraverso la valorizzazione dei rifiuti come potenziale risorsa economica, e la situazione normativa italiana, che si presenta eterogenea e instabile, tale da non consentire il perseguimento di strategie di sviluppo integrate ed efficaci nel settore. A questo si aggiunge un’ulteriore problematica, riguardante il quadro degli assetti normativi locali in materia di regolazione. Infatti le Regioni hanno proprie, e talvolta contrastanti, norme, che determinano a livello locale scelte applicative e gestionali tra loro spesso differenti, dalla definizione e dal dimensionamento degli Ambiti territoriali ottimali all’attribuzione di ruoli e competenze o ancora nell’organizzazione del servizio e nella scelta delle modalità di affidamento.
Se guardiamo invece al contesto territoriale e socioeconomico, i fattori fondamentali da considerare per l’organizzazione e la gestione del servizio di igiene urbana sono quelli del numero e della densità della popolazione, il grado di urbanizzazione, la distribuzione delle attività economiche e industriali e la distribuzione degli enti locali. Il dato incoraggiante in questo caso viene dall’analisi di questi fattori nell’anno 2012: contro un andamento marcatamente negativo del ciclo economico italiano, segnato dalla caduta del reddito e della domanda interna, dall’arretramento di tutti i parametri economici, il settore dell’igiene ambientale non solo ha tenuto il mercato, mantenendo i livelli di occupazione e il patrimonio netto e degli asset ma, andando in controtendenza, ha aumentato il valore della produzione e incrementato i risultati della gestione.
I Piani dei Comuni
Nel Green Book2014 è riportato il più grande studio mai realizzato in Italia sul tema del calcolo della tariffa da praticare agli utenti, attraverso l’analisi dei PEF (Piani Economici Finanziari) dei Comuni. È stato osservato un campione rappresentativo (sia per area geografica, sia per popolazione) di Comuni in cui vivono circa 15 milioni di persone, quindi circa un quarto della popolazione italiana. La classificazione delle tipologie di utenza, la determinazione dei costi e la loro suddivisione in base alle diverse tipologie di utenze identificate nei PEF hanno permesso di stimare il costo medio per abitante per il servizio di igiene ambientale per il 2013. All’interno dell’analisi dei costi, la voce di gran lunga più rilevante, e che incide nelle spese operative di gestione, è quella relativa alla raccolta rifiuti e allo spazzamento delle strade. Per quanto riguarda la voce della raccolta rifiuti c’è da sottolineare che il 2013 è stato l’anno della Tares, la tassa che ha sostituito la vecchia Tarsu e la più recente tariffa Tia, che dopo una serie di rimaneggiamenti è stata abrogata a fine anno a favore della nuova tassa Tari. I Comuni ripartiscono per tipologia di utenza (domestica/non domestica) i costi individuati nei PEF e dall’analisi effettuata sul campione è stato possibile ricavare una stima della tariffa media per tipologia di utenza, per area geografica e per classe dimensionale del Comune. Il risultato dello studio indica che una famiglia-tipo composta da tre persone che vivono in un appartamento di 80 metri quadrati ha pagato mediamente 246 euro per il servizio di gestione dei rifiuti nell’anno 2013.
Il valore economico
Un altro aspetto che consente di scendere nello specifico è l’analisi del valore economico del settore dei rifiuti urbani rapportato agli operatori attivi nel comparto, per un totale di 409 aziende prese in esame. Nel 2012 il settore dell’igiene urbana (escluse le attività di riciclo e valorizzazione dei rifiuti) ha registrato un valore della produzione complessivo pari a 9,43 miliardi di euro, di cui oltre il 60% rappresentato dal sistema Federambiente. La tipologia delle industrie attive si presenta così ripartita: il 71% sono monoutility, con un valore della produzione pari al 79% del totale e il restante 29% multiutility, con un valore (relativo al solo servizio d’igiene urbana) che pesa per il 21% sul totale del settore. Le aziende monoutility occupano 54.291 addetti, mentre le multiutilities danno lavoro, nel solo servizio rifiuti, a 14.065 dipendenti, per un totale complessivo di 68.356 lavoratori. Data la forte eterogeneità delle aziende che caratterizzano il comparto, ciascun gestore è stato analizzato per classe dimensionale (sulla base del valore della produzione), per tipologia di servizio svolto (ciclo integrato, solo raccolta, solo smaltimento), per composizione dell’azionariato (imprese pubbliche, private, miste) e per macroarea geografica. Dati alla mano, quindi, si può concludere che il reddito operativo è quasi tre volte il risultato d’esercizio nelle monoutilities e poco meno di una volta e mezzo nelle multiutilities, ma pesa negativamente in entrambe le tipologie la gestione finanziaria: l’1,71% nel primo caso e il 4,9% nel secondo. Il costo del personale non è un fattore incisivo, si mantiene al di sotto della media del settore manifatturiero, con alcune differenze, perché nelle monoutilities le spese sono maggiori laddove eroghino servizi di raccolta (39,7%) rispetto a quelle che gestiscono impianti (12,3%) e che quindi necessitano di un minor impiego di risorse. Mentre gravano sui bilanci fattori imponderabili, che non dipendono dalla gestione dell’azienda, come le imposte (Irap in particolare) e gli oneri finanziari causati dai debiti insoluti da parte delle amministrazioni pubbliche. Questi debiti, infatti, incidono con il 65% sul totale delle fonti, rispetto al 21% del patrimonio netto nelle monoutilities, mentre per le multiutilities pesano rispettivamente del 33,7% e per il 55%.
Un trend in evoluzione
Se questa è la situazione fotografata per l’anno 2013 è però possibile -allargando lo spettro d’indagine ad un quinquennio- fornire qualche dato sul trend di evoluzione della gestione che si attesta su valori positivi. Il valore della produzione di un panel di 322 aziende tra il 2008 e il 2012 è cresciuto di circa il 9%, con un picco tra 2009 e 2010. Nello stesso quinquennio sono aumentati anche il reddito operativo e il risultato d’esercizio sia per le monoutilities sia per le multiutilities. Per entrambe le tipologie d’impresa però si è calcolato un aumento sensibile dei tempi già lunghi di riscossione dei crediti, passati in media da 272 a 293 giorni. Tuttavia le imprese che gestiscono il ciclo integrato dei rifiuti urbani hanno saputo in questo periodo razionalizzare i costi innovando nelle modalità di organizzazione del servizio. Il settore igiene urbana nel 2012 ha contribuito per lo 0,6% al Prodotto interno lordo italiano. Il peso del settore è stato invece del 3,66% rispetto al valore aggiunto dell’intero comparto industriale nazionale. Il calcolo è stato effettuato prendendo a riferimento il PIL, il valore aggiunto, il numero di addetti e il numero d’imprese a livello nazionale e confrontandoli con il valore della produzione, il numero d’imprese e il numero di addetti del settore dei rifiuti urbani.
Un occhio alle gare
Un’altra analisi interessante condotta dall’Osservatorio gare di Utilitatis riguarda i bandi per l’assegnazione del servizio. Dei 1.123 bandi analizzati dal 2004 in avanti, 581 sono stati pubblicati tra gennaio 2012 e dicembre 2013 segnando un’impennata nel trend. Sono state prese in esame le gare di dimensioni più significative, con una durata dell’affidamento del servizio maggiore o uguale a 5 anni e una popolazione da servire superiore ai 15.000 abitanti. L’analisi di dettaglio viene quindi svolta su un totale di 91 gare che coinvolgono complessivamente 621 comuni e una popolazione residente di 5,5 milioni di abitanti. Ponendo il focus sulla distribuzione territoriale, si rileva che il maggior numero di gare si registria al Sud, seguito dal Nord-Ovest. Il numero di comuni coinvolti è invece più alto nel Nord-Ovest. il 70% delle gare è indetto da singoli Comuni, mentre il 30% è indetto da unioni di Comuni o da Comunità montane, Province, Consorzi di bacino, Ambiti territoriali ottimali. Il 67% delle gare analizzate riguarda il servizio di raccolta, trasporto e spazzamento, mentre il 33% è relativo al ciclo integrato dei rifiuti.
La quasi totalità delle gare adotta la procedura aperta (98%) con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (93%). Una nota di novità importante rispetto al passato riguarda il metodo di aggiudicazione all’asta: all’offerta tecnica viene assegnato in media un peso del 65%, mentre il 35% del peso va all’offerta economica. A differenza di quello del massimo ribasso, questo sistema fornisce consistenti garanzie di serietà e si pone come un argine a difesa della legalità.
È noto l’esito di 63 gare sul complesso delle 91 esaminate in dettaglio. In 9 casi la gara è stata sospesa o annullata, mentre in altri 6 il servizio non è stato assegnato o la gara è andata deserta. Il numero medio di partecipanti per gara è di 2,6 soggetti. L’importo offerto dalla società aggiudicataria si caratterizza per un ribasso medio del 6% rispetto al prezzo base d’asta.