Sicurezza

Sicurezza delle macchine: gli obblighi e le responsabilità penali

Quali sono gli usi scorretti ragionevolmente prevedibili?

Non è semplice comprendere limiti e confini delle responsabilità dei molti soggetti (ad esempio fabbricanti, fornitori, installatori, utilizzatori e manutentori) che possono incidere sulla sicurezza nell’uso di una macchina durante il suo ciclo di vita. E a complicare il già intricato quadro di riferimento “ha concorso, da ultimo, la novità introdotta dalla direttiva 2006/42/CE in materia dei ‘principi d’integrazione della sicurezza’ con riferimento all’uso scorretto ragionevolmente prevedibile che il ‘fabbricante’ della ‘macchina’ deve prendere in considerazione, oltre all’uso previsto, sia in sede di progettazione e di costruzione che in sede di redazione delle istruzioni (v. p. 1.1.2 dell’All.1 alla direttiva 2006/42/CE)”. A parlare in questi termini del tema degli obblighi e responsabilità in materia di sicurezza delle macchine, con riferimento anche alle trasformazioni e manomissioni delle macchine stesse, è un intervento che si è tenuto due anni fa al seminario – organizzato dall’INAIL in collaborazione con Assolombarda e Federmacchine – dal titolo “La manipolazione dei dispositivi di sicurezza… Un rischio da non correre” (Milano, 3-4 dicembre 2013). L’intervento “Uso scorretto ragionevolmente prevedibile, trasformazioni e manomissioni delle macchine: obblighi e responsabilità penali nell’esperienza italiana”, a cura del professore Antonio Oddo, segnala che una definizione contenuta nella direttiva indica che si può identificare tale uso scorretto ragionevolmente prevedibile con l’uso della macchina diverso da quello indicato nelle istruzioni per l’uso. Tuttavia “una volta differenziata nettamente (almeno nella misura in cui le ‘istruzioni’ lo consentano) l’area degli ‘usi’ che sono previsti dal ‘fabbricante’ e che sono oggetto di ‘informazioni’ da parte del fabbricante stesso, residua il problema interpretativo collegabile all’area di usi che resta ‘scoperta’ in quanto non è oggetto di ‘informazioni’ coerenti con la concezione e la destinazione della macchina. Quanti, infatti, e soprattutto quali possono essere gli ‘usi’ che si discostano dalle ‘istruzioni’ (e dalle ‘avvertenze’) ma che possono ‘derivare da comportamenti umani facilmente prevedibili'”? L’intervento segnala un importante principio stabilito dalla Corte di Cassazione in ordine specificamente alla ‘prevedibilità dell’evento’. La Suprema Corte afferma che, ‘… occorre accertare con valutazione ex ante la prevedibilità dell’evento, giacché non può essere addebitato all’agente modello (homo eiusdem professionis et condicionis) di non avere previsto un evento che, in base alle conoscenze che aveva o che avrebbe dovuto avere, non poteva prevedere, finendosi, diversamente opinando, con il costruire una forma di responsabilità oggettiva …’. E infatti – continua il relatore – “taluni sforzi immaginifici o, anche, semplicemente possibilistici si possono, forse, richiedere allo psicologo ma non si possono certamente esigere – sul piano delle conoscenze effettive, o comunque dovute, dal ‘fabbricante’ e dal ‘progettista’ secondo il modello di condotta propria del ‘homo eiusdem professionis et condicionis'”, cioè – come già indicato nella sentenza – di un’astratta fi gura di agente/modello sufficientemente esperta ed accorta. L’intervento indica poi che occorre riconoscere “che appartiene all’area dei comportamenti ‘facilmente prevedibili’, tra l’altro, tutto quanto indicato opportunamente, sia pure a titolo esemplificativo , dalla norma EN-ISO 12100-1” ed altrettanto opportunamente richiamato nella ‘Guida all’applicazione della direttiva macchine 2006/42/CE’ edita dalla Commissione europea.

Ci si “riferisce infatti ora ad esempi classificati come comportamenti umani che possono dare luogo a ‘usi scorretti’ ed ‘a situazioni anormali prevedibili’ quali:

• perdita di controllo della macchina da parte dell’operatore;

• reazione istintiva di una persona in caso di malfunzionamento, incidente o guasto durante l’uso della macchina;

• comportamento derivante da mancanza di concentrazione o noncuranza;

• scelta/comportamento derivante dall’adozione della ‘linea di minor resistenza’ nell’esecuzione di un compito;

• comportamento risultante da pressioni per tenere la macchina in esercizio in tutte le circostanze;

• comportamento di alcune persone (bambini, persone disabili)”.

E a queste importanti indicazioni di comportamenti umani forieri di ‘condizioni anormali’ nell’uso (‘scorretto’) della macchina, occorre altresì aggiungere la rilevanza di tutte le ‘misure’ che possono consentire di evitare i suddetti usi che comportano un rischio da prevenire, ovviamente secondo l’ordine di priorità rigidamente e progressivamente prescritto dal p. 1.1.2 lett. b) dell’All. 1 alla ‘direttiva macchine’. Questo genere di ‘misure’ derivano infatti direttamente dal ‘principio’ enunciato al p. 1.1.2 lett. c) sempre dell’All. 1 che, com’è noto, impone di progettare e costruire la macchina ‘in modo da evitare che sia utilizzata in modo anormale’. Si collocano, infatti, in tale area tutte le ‘misure’, prioritariamente di ordine ‘tecnico’ e subordinatamente di ordine ‘informativo’ – con le quali si impongono preliminarmente limitazioni o riserve dell’uso della macchina a personale qualificato ed autorizzato (per effetto non solo di scelte organizzative ma anche – e principalmente – di idonea e specifica formazione, informazione, nonché di addestramento), – e limitazioni dell’uso, inoltre, se del caso, anche a personale abilitato ex lege. Rientrano altresì nella stessa categoria le misure che impediscono il funzionamento stesso della macchina in presenza di sovraccarichi, o in assenza di stabilizzatori, di personale al posto di comando, ecc.”. Senza dimenticare che anche una difettosità funzionale e prestazionale della ‘macchina’ “può avere ripercussioni sulla sicurezza in quanto può indurre – per il condizionamento spesso pressante delle esigenze lavorative – ad un ‘uso scorretto’. Anche il requisito di sicurezza connesso all’ ‘ergonomia’ (p.1.1.6 dell’All. 1 alla direttiva 2006/42/CE) può esplicare un ruolo rilevante ai fi ni che qui interessano se si considera che una progettazione non ergonomica può indurre, nell’uso – a disagio, affaticamento, stress fisico o psicologico che favorisce la possibilità di infortuni”. Rimandando alla lettura integrale dell’interessante intervento – che si sofferma su vari aspetti, come i contrasti tra la direttiva comunitaria e gli indirizzi interpretativi adottati dalla Corte di Cassazione italiana e il concetto della ‘ massima sicurezza tecnologicamente fattibile’ o della ‘migliore tecnologia disponibile’ – concludiamo riportando qualche indicazione in merito alla trasformazione e manomissione delle macchine. Riguardo alle trasformazioni, il relatore rimarca “come l’ambito più o meno precisamente tracciato dal ‘fabbricante’ con le ‘istruzioni’ e le ‘avvertenze’ possa assumere rilevanza decisiva anche per delimitare l’area di confine tra le modifiche e le trasformazioni di cui il ‘fabbricante’ potrà essere ritenuto responsabile durante il ciclo di vita della macchina, da una parte, e dall’altra parte, le modifiche e le trasformazioni di cui il ‘fabbricante’ non potrà essere chiamato a rispondere”. E si ricorda, a questo proposito, che “l’alterazione dello stato originario della macchina, è infatti, è cosa ben diversa dall’uso scorretto della macchina stessa nella sua struttura e nelle sue funzioni originarie”. E su questo tema la giurisprudenza della Suprema Corte italiana ha ripetutamente affermato che il principio secondo il quale ‘il costruttore risponde per gli eventi dannosi causalmente ricollegabili alla costruzione e fornitura di una macchina priva dei necessari dispositivi o requisiti di sicurezza … a meno che l’utilizzatore abbia compiuto sulla macchina trasformazioni di natura ed entità tale da potere essere considerata causa sopravvenuta da solo sufficiente a determinare l’evento … Se ciò non si verifica si ha una permanenza della posizione di garanzia del costruttore che non esclude il nesso di condizionamento con l’evento; sempre che, naturalmente, quell’evento sia stato provocato dall’inosservanza delle cautele antinfortunistiche nella progettazione e fabbricazione della macchina’ (v. Cass. Pen. Sez. IV, 26- 10-2005, n. 1216). Principio consolidato che richiederebbe ormai “di essere aggiornato e precisato alla luce delle disposizioni legislative che segnano il limite tra gli interventi che costituiscono manutenzione ‘ordinaria’ o ‘straordinaria’ e quelli che, invece, esorbitano dalla manutenzione anche ‘straordinaria’, in quanto comportano, rispetto alla condizione originaria della ‘macchina’ una alterazione ‘qualificata’ (ex lege) che sia tale, per ‘natura’ e/o per ‘entità’, da imporre al soggetto autore degli interventi gli obblighi che competono al ‘fabbricante’ di una macchina ‘nuova'”. E infine “rilevanza determinante ai fi ni dell’accertamento della responsabilità dei soggetti astrattamente titolari della ‘posizione di garanzia’ ex artt. 22, 23, 24, 70 e 71 del D. Lgs. 81/08 è stata altresì attribuita agli interventi di ‘manomissione’ che, al pari delle ‘trasformazioni’ rilevanti – non può anch’essa – ed a maggior ragione – essere ricondotta nell’ambito degli ‘ usi scorretti’ che siano ‘facilmente prevedibili’, in quanto non si tratta di ‘usi scorretti’ della stessa macchina addebitabili al ‘fabbricante’, bensì di una alterazione dello stato originario della macchina che può divenire, agli effetti della sicurezza, ‘altra’ rispetto a quella originaria, con tutto quanto ne consegue sul piano soggettivo della colpa ed oggettivo del rapporto di causalità tra le condotte e l’evento”.

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