Igiene Alimentare

I possibili pericoli dei M.O.C.A.

In quanto parte integrante della filiera alimentare, i materiali e gli oggetti che entrano a contatto con gli alimenti sono assoggettati allo stesso rigore legislativo

I Materiali e Oggetti a Contatto con gli Alimenti, anche detti MOCA, hanno rivoluzionato e risolto il problema della conservazione e non solo. Il confezionamento, infatti, è diventato una operazione fondamentale nell’industria alimentare, in quanto garantisce una serie di vantaggi enormi, come il prolungamento della conservabilità dell’alimento; l’incremento della resistenza meccanica, preservandolo da urti, schiacciamenti, e sollecitazioni; e la difesa del prodotto da aggressioni esterne.

Rappresentano, quindi, un vero e proprio punto essenziale dell’igiene e della sicurezza alimentare. Allo stesso tempo, però, questi materiali possono alterare il prodotto contenuto ed è per questo che, in quanto parte integrante della filiera alimentare, sono soggetti agli stessi principi e criteri applicati alle sostanze alimentari.

Rientrano nella definizione di MOCA, non solo gli imballaggi e i contenitori utilizzati per il confezionamento, ma anche gli utensili, le macchine industriali, i supporti come piatti, bicchieri e stoviglie utilizzati anche nelle case dei consumatori. Il panorama dei MOCA, quindi, risulta vario ed eterogeneo almeno tanto quanto quello degli alimenti stessi e, soprattutto, non scevro di pericoli. Negli anni, infatti, si sono susseguiti innumerevoli studi scientifici volti ad approfondire la sicurezza e la possibilità di utilizzo di numerosi materiali nell’industria alimentare. L’opinione pubblica, inoltre, sta diventando sempre più attenta a questo delicato argomento e di pari passo la Normativa Comunitaria e Nazionale si sta evolvendo. Ottenere un prodotto alimentare sicuro significa, quindi, curare anche tutti i materiali con cui esso viene a contatto. Questi non devono trasferire alla sostanza alimentare componenti in quantità tale da costituire un pericolo per la salute umana o da comportare una modifica inaccettabile della composizione dell’alimento, così come non devono comportare un deterioramento delle caratteristiche organolettiche. Esistono un gran numero di materiali impiegati nella filiera alimentare che vengono utilizzati in maniera diversa in base alle diverse necessità industriali e, in parallelo, esistono altrettante norme nazionali e comunitarie a cui fare riferimento per garantire la sicurezza del prodotto finito.

Alcuni cenni della legislazione di settore

La normativa in materia è vastissima e inevitabilmente interconnessa a quella che disciplina il settore alimentare. In linea generale, già nella Legislazione sulla Sicurezza alimentare (Reg. CE 178/2002; Reg. CE 852/2004; Reg. CE 882/2004) vengono descritti alcuni requisiti da rispettare durante il confezionamento e l’imballaggio dei prodotti alimentari. A livello comunitario, però, la “norma quadro” del settore viene considerato il Reg. CE 1935/2004, al quale si affianca il Reg. CE 2023/2006 inerente alle buone pratiche di fabbricazione (o GMP) dei materiali che entreranno a contatto con gli alimenti.

Il Reg. CE 1935/2004 vuole sia tutelare la salute del consumatore finale che uniformare i principi applicati al settore dei MOCA. Viene quindi posta l’attenzione su aspetti come la Rintracciabilità e l’Etichettatura in modo che anche in questo settore sia facilitato il controllo dei materiali e il ritiro dei prodotti difettosi, siano curate le informazioni ai consumatori e attribuite le dovute responsabilità. A tal proposito, il Regolamento, nell’art.16, specifica l’obbligo di accompagnare ogni MOCA con una Dichiarazione di Conformità, ossia un documento che attesti la conformità alle norme vigenti del materiale che scorta. Chi mette un alimento in contatto con un imballaggio o immette un imballaggio sul mercato, se ne assume la responsabilità e la dichiarazione di conformità è il documento che esplica questa responsabilità. Nello specifico, i produttori di MOCA sono tenuti a istituire un controllo qualità durante il processo di lavorazione, trasformazione, e/o distribuzione (anche secondo quanto riportato dal Reg. 2023/2006) e devono elaborare a livello documentale la Dichiarazione di Conformità e la Documentazione di Supporto.

La prima deve essere consegnata dal fornitore al ricevente (escluso il consumatore finale) insieme al prodotto e deve contenere:

• specifiche di composizione dei materiali;

certificazione di conformità da parte dei fornitori;

• rapporti di prova sulle sostanze utilizzate ed eventuali limitazioni d’uso;

• documentazioni sulle materie prime e semilavorati;

• indicazioni sull’identità del produttore e dell’importatore;

• data e firma del responsabile.

Deve perciò attestare la conformità alle norme vigenti ed essere costantemente aggiornata.

La Documentazione di Supporto, invece, viene mantenuta dal produttore e comprende i documenti operativi inerenti a:

• selezione dei materiali;

• registrazione dei dati di produzione;

• controlli sulla produzione;

• esiti di analisi di laboratorio e controlli sul prodotto finito;

• gestione del magazzino; ecc.

La normativa di settore è vastissima e comprende, tra le altre, la normativa nazionale (DPR 777/1982 modificato dal D.Lgs 108/1992 e il D.M. 21/03/1973); la normativa specifica per gran parte dei materiali in uso, compresa ad esempio quella per i materiali attivi e intelligenti (Reg. CE 450/2009), quello inerente ai materiali plastici (Reg. UE 10/2011) e quello per i prodotti importati dalla Cina (Reg. UE 284/2011); e la normativa sanzionatoria.

I materiali e i loro pericoli

Il grande sviluppo dell’imballaggio e del confezionamento deriva dalla necessità di creare una protezione per gli alimenti da alterazioni fisiche, chimiche e biologiche, in modo da prolungare la conservabilità del prodotto, agevolandone conseguentemente anche la commercializzazione. Numerosi studi scientifici, spesso condotti dall’EFSA (l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), hanno dimostrato come questi supporti, in seguito alla migrazione di particelle o sostanze, possano diventare una sorgente di contaminazione, rappresentando quindi più un pericolo che un vantaggio.

Il tipo di contaminazione più insidiosa è probabilmente quella chimica, tanto che l’EFSA, già nel 2005, ha introdotto una procedura per la valutazione e la classificazione delle sostanze che possono essere utilizzate nei materiali che entreranno in contatto con gli alimenti.

I MOCA possono trasferire componenti agli alimenti in funzione di diversi aspetti, gli stessi che influenzano poi la scelta di un materiale piuttosto che un altro:

• la natura e la composizione del materiale;

• la natura e la composizione dell’alimento;

• la natura del loro rapporto (superficie di contatto, tempo di contatto e temperatura).

Tutte variabili che vengono prese in considerazione e analizzate per scegliere il materiale più idoneo all’utilizzo previsto. A tal proposito sono nate le “liste positive” di MOCA, che fissano i limiti di cessione e le condizioni d’uso, in funzione dei test di migrazione ovvero del livello di cessione di particelle agli alimenti e della quantità di sostanza che può essere assorbita da quel particolare alimento, che non deve superare la dose giornaliera tollerabile. I materiali ad oggi maggiormente in uso sono: il vetro, il metallo, la carta, il cartone e le materie plastiche. Le sostanze migranti vengono suddivise in:

– sostanze volatili, che non richiedono un contatto diretto con l’alimento per la migrazione che solitamente avviene spontaneamente in funzione della temperatura, del tempo di contatto e della solubilità della sostanza;

– sostanze non volatili, tra cui si riconoscono le sostanze che si diffondono direttamente negli alimenti e le sostanze che migrano in presenza di alimenti molto grassi.

I potenziali migranti poi vengono suddivisi in diverse classi:

• Le sostanze aggiunte intenzionalmente, come gli additivi o i plastificanti o ancora gli antiossidanti, che, aggiunti al materiale, ne modificano caratteristiche e funzioni. La maggior parte di questi sono solubili nei grassi e possono avere effetti più o meno gravi sulla salute dell’uomo. Tra questi, per esempio, gli ftalati (utilizzati come plastificanti) possono avere un ampio spettro di interazioni con il corpo umano, avendo effetti nocivi sulla riproduzione, sullo sviluppo del feto, sul fegato e sulla funzionalità del sistema endocrino.

• Le sostanze residue, invece, sono sostanze utilizzate nelle fasi industriali di produzione dei materiali e possono erroneamente accumularsi nel prodotto finito e da questo passare all’alimento.

Tra questi, per esempio, lo stirene, utilizzato nella produzione di numerosi materiali plastici, da luogo ad un metabolita potenzialmente cancerogeno e può avere diversi effetti, da quelli più acuti ed immediati (vertigini, cefalee, irritazioni) a quelli più gravi (tumori, alterazioni neurologiche e funzionalità epatica). Fa parte di questa classe di composti anche il Bisfenolo A, utilizzato nella produzione di policarbonato (PC) frequentemente usato in recipienti e utensili che, in condizioni come le alte temperature o l’eccessiva usura, può passare all’alimento. Questo composto è stato più volte indicato come un interferente endocrino particolarmente dannoso nei neonati e bambini.

• In ultimo esistono sostanze di neoformazione che si originano dalla decomposizione spontanea del materiale dell’imballaggio e che entrano a contatto con l’alimento.

È evidente come la nocività di tali sostanze vari in funzione della sostanza specifica, ma anche e soprattutto della sua quantità e della suscettibilità del consumatore finale.

*Consulente per l’HACCP

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