Sono in aumento le patologie alimentari dovute a virus. Numerose sono le cause della loro insorgenza, ma sempre collegate a mancanza di igiene, personale e/o ambientale
I prodotti alimentari, durante la loro vita commerciale, possono essere soggetti a diversi tipi di contaminazioni. Le contaminazioni alimentari rappresentano potenzialmente un pericolo per il fruitore finale, che rischia quindi di consumare un alimento adulterato e tendenzialmente non più salubre. Le contaminazioni possono essere di tipo diverso in funzione dell’agente contaminante e se ne riconoscono di tipo chimico, fisico e biologico.
Quella chimica prevede che l’alimento sia adulterato da sostanze chimiche indesiderate, che possono derivare dall’ambiente (inquinamento, prodotti velenosi utilizzati in agricoltura, fitofarmaci e fitosanitari,ecc.); dalle fasi di lavorazione e pulizia (composti chimici utilizzati inadeguatamente per la detersione e la sanificazione degli ambienti di lavorazione), ma anche dai prodotti che entrano a contatto con gli alimenti (cessione di composti pericolosi dai cosiddetti MOCA – materiali a contatto con gli alimenti). La contaminazione fisica, invece, oltre a prevedere una contaminazione radioattiva degli alimenti decisamente più rara, prevede una contaminazione, ben più frequente, da corpi estranei: frammenti di imballaggi, sassi, terra, frammenti di vetro, plastica, ceramica o legno, frammenti di animali, peli e unghie, monili o porzioni di questi, ecc. In ultimo, la contaminazione biologica è quella più diversificata e prevede che microrganismi come batteri, parassiti, muffe e virus possano infettare o proliferare nell’alimento dando luogo a patologie connesse all’ingestione di tali prodotti. Seppur le contaminazioni batteriche siano nettamente più conosciute e numerose, non sono le uniche che incidono sulla salute pubblica. Sono infatti altrettanto frequenti le patologie alimentari sostenute da agenti patogeni virali, rappresentando un rischio in aumento per la salute pubblica in tutto il mondo. Alcune stime infatti riportano un incremento dell’incidenza delle patologie alimentari di origine virale.
Il fattore umano e non
I virus sono microrganismi infettivi molto piccoli, che possono avere un genoma a DNA o RNA racchiuso in un rivestimento proteico. A differenza dei batteri, i virus possono moltiplicarsi solo all’interno di cellule viventi di altri organismi, sfruttando le strutture cellulari per effettuare la moltiplicazione virale. Tuttavia, molti virus mostrano un’elevata resistenza a stress come il calore, l’essicatura, il congelamento, i raggi UV, ecc. e possono sopravvivere per lunghi periodi di tempo negli alimenti o nell’ambiente. La maggioranza delle infezioni virali sono dovute al contatto tra uomo e uomo, mentre la trasmissione alimentare rappresenta un rischio minore, ma comunque esistente, nel contesto generale delle patologie di origine virali. In questo caso il vettore dell’infezione è rappresentato dagli alimenti. Gli alimenti che possono essere associati a malattie virali di origine alimentare comprendono molluschi (ad esempio ostriche, mitili), crostacei e i loro prodotti che vengono allevati e/o raccolti in acque adiacenti ai canali di scolo dei liquami umani (ad esempio trattamento di piante con acque di scarico); frutta e verdure cresciute su terre fertilizzate con concimi animali o irrigate con acqua contaminata; e carni poco cotte come il maiale.
Tutti i virus a trasmissione alimentare derivano dall’intestino umano o animale, e si diffondono nell’ambiente attraverso le feci o altri liquidi corporei. A differenza di quanto accade per i batteri, che sono in grado di replicarsi negli alimenti direttamente, la contaminazione virale avviene principalmente in maniera indiretta, in quanto non sono in grado di replicarsi direttamente nell’alimento. Questa trasmissione quindi può avvenire da parte degli addetti alla manipolazione degli alimenti che, se infetti e non osservanti le buone pratiche igieniche e di manipolazione, possono contaminare il prodotto alimentare. Oppure può avvenire la trasmissione di componenti virali per contaminazione crociata, quando ad esempio gli alimenti vengono accidentalmente a contatto con concimi animali, liquami umani o acque non salubri ma contaminate da liquami.
Colpevoli i frutti di bosco
La maggior parte delle malattie alimentari causate da virus sono riconducibili a un numero non troppo esteso di virus, come ad esempio i Norovirus, Calcivirus, Rotavirus, e Astrovirus che danno luogo a gastroenteriti e difficilmente si tramutano in epidemie; oppure i Virus dell’Epatite A e dell’Epatite E che danno luogo a patologie più complesse. È tornato recentemente sul “banco degli imputati”, ad esempio, il virus dell’epatite A (HAV) che nel corso degli ultimi tre anni ha dato luogo a una delle epidemie di Epatite A collegata al consumo alimentare più estese degli ultimi tempi, e che ha colpito anche il nostro Paese. L’epidemia ha toccato quasi i 1800 casi ed ha coinvolto diverse aziende produttrici del prodotto contaminato: i frutti di bosco congelati. L’epidemia sembra essere partita da alcune aziende dell’est Europa, in particolare in Polonia e Bulgaria. Queste producevano frutti rossi congelati che sono risultati contaminati dal virus dell’epatite A. La contaminazione è stata ricondotta all’utilizzo di acqua non salubre nelle fasi di lavorazione e produzione dei frutti di bosco e dei frutti rossi sia nelle fasi di congelamento che in quelle della produzione primaria. L’utilizzo di questi frutti, largamente presenti nella pasticceria anche senza cottura, ha portato a una rapida diffusione dei contagi.
Non grave, ma fastidiosa
L’epatite virale A è una malattia infettiva acuta causata dal virus HAV, appartenente al genere Heparnavirus della famiglia dei Picornaviridae, che aggredisce le cellule del fegato. Il virus ha diffusione mondiale e si può manifestare sia in forma sporadica che epidemica. In Italia la malattia è ben conosciuta e molto frequente nelle regioni meridionali, in quanto storicamente correlate alla diffusa pratica di consumare frutti di mare crudi. Tuttavia, come si evince dai recenti casi notificati, possono verificarsi epidemie o casi sporadici su tutto il territorio nazionale, legati anche al consumo di altri alimenti (vegetali e frutta) o acqua (per es. di pozzo) contaminati. Nella maggior parte dei casi legati al consumo di alimenti non idonei, la malattia è causata dal mancato rispetto delle norme igieniche con conseguente contaminazione dei cibi e dell’acqua da parte delle feci, dove frequentemente viene ritrovato il virus HAV. Il consumo di acqua o cibi crudi o non cotti a sufficienza, soprattutto molluschi, contaminati con materiale fecale contenente il virus espone il soggetto allo sviluppo della malattia. Il virus dell’epatite A causa disturbi improvvisi e di breve durata. La malattia e i suoi sintomi si manifestano in maniera leggermente diversa in base all’età del soggetto. I bambini possono non mostrare alcun sintomo, mentre negli adulti la malattia può manifestarsi con sintomi simil-influenzali lievi, generalmente da 2 a 7 settimane dopo il contatto con il virus. Si tratta, generalmente, di stanchezza e spossatezza, febbre, perdita di appetito, nausea, mal di testa, dolori muscolari, dolore all’addome. Con il proseguire della malattia compaiono altri sintomi, quali una colorazione molto scura delle urine, una colorazione molto chiara delle feci, ittero e prurito. Le complicanze gravi dell’epatite A sono estremamente rare, tanto che la maggior parte delle persone colpite va incontro a una remissione spontanea dei sintomi entro 1 o 2 mesi.
Precauzioni indispensabili
A livello clinico la prevenzione della malattia prevede una immunizzazione indotta dei soggetti con l’utilizzo di vaccini che conferiscono una protezione a lungo termine oppure con l’utilizzo di immunoglobuline a scopo profilattico e preventivo nei soggetti più a rischio. La prevenzione però comprende soprattutto il mettere in pratica le norme basilari di igiene personale e le buone norme di prassi igienica nei luoghi di lavoro in cui vi sia manipolazione di alimenti e bevande. Praticare una buona igiene personale, infatti, è il modo migliore per limitare il contagio e la diffusione dell’epatite A: lavare sempre le mani con sapone e acqua calda immediatamente dopo aver utilizzato servizi igienici o aver cambiato pannoloni, e prima di preparare o mangiare cibi. Il lavaggio deve essere accurato, quindi anche sotto le unghie e non deve durare meno di 60 secondi. Inoltre può essere estremamente importante lavare la frutta e la verdura molto bene prima di mangiarla e mantenere la temperatura del frigorifero a 4°C o meno, e del freezer a –18 °C o meno. Si consiglia di consumare il prima possibile cibi precotti, deperibili o pronti; mantenere carne, pesce e pollame crudo separati dagli altri cibi; cuocere bene i cibi di origine animale soprattutto i frutti di mare (almeno per 2’ a 90°C); lavare le mani, i coltelli e i taglieri dopo aver maneggiato cibo crudo, compresa carne, pesce e pollame.