Comparto strategico del Made in Italy, il settore avicolo è in crescita. Vediamo quali caratteristiche devono avere i luoghi di lavorazione per mantenere un corretto stato di igiene
Nell’anno che si è da poco concluso, si è confermato il trend positivo dell’avicoltura italiana con un netto balzo in avanti rispetto al 2014 per quanto riguarda produzione e consumi. È questo ciò che è emerso dai dati preliminari diffusi da Unaitalia – Unione nazionale delle filiere delle carni e delle uova – durante il Convegno “Sfide attuali e future dell’allevatore avicolo”, che si è tenuto a Verona, all’interno di Fieragricola, in calendario dal 3 al 6 Febbraio 2016.
Nel 2015, la produzione di carni avicole in Italia è stata pari a 1.296.400 tonnellate, con un grande passo in avanti rispetto all’anno precedente (+2,8%).
La produzione del pollo è aumentata del +3,9% – per un totale di 906.700 tonnellate contro le 872.700 del 2014 – mentre quella di tacchino ha segnato +0,5%.
Segno più, anche per i consumi
Anche i consumi registrano segni positivi (+1,7%), con un consumo pro capite di 19,85 kg e con quello del pollo, in aumento del 3,4%.
“I segnali di crescita registrati negli ultimi 12 mesi ci fanno guardare con ottimismo al futuro – commenta Aldo Muraro, presidente di Unaitalia – Nel dettaglio, il pollo si conferma tra le carni preferite dai consumatori italiani per versatilità, genuinità e l’ottimo rapporto qualità prezzo”.
Stabili, i consumi di carne di tacchino, mentre sono in diminuzione, quelli delle altre specie avicole.
Unaitalia ha reso noti anche i numeri relativi ai livelli di autoapprovvigionamento del settore avicolo: in Italia è prodotto il 105,5% delle carni consumate nel nostro paese.
“Quello avicolo – afferma Aldo Muraro – è l’unico settore zootecnico totalmente autosufficiente. Il 99% del pollo mangiato in Italia proviene dai nostri allevamenti e c’è spazio per aumentare ancora i volumi del nostro export. Il settore avicolo inoltre è supportato da una filiera integrata che provvede a ogni passaggio della catena produttiva, dall’incubatoio ai mangimi, con un sistema controllato a livello nazionale e comunitario, per garantire prodotti sani, genuini e sicuri”.
Macello industriale: requisiti necessari
La maggior parte dei macelli avicoli italiani è di dimensioni medio-grandi e quindi normalmente rispondenti ai requisiti di igienicità dei vari reparti dello stabilimento. Occorre
in ogni caso che la macellazione avvenga in impianti autorizzati dall’autorità sanitaria competente ai sensi della Legge 30 aprile 1962. n. 283 e devono essere in possesso dei requisiti generali di natura igienico-sanitaria in modo tale da garantire una facile e adeguata pulizia. Ecco i requisiti necessari: – essere sufficientemente ampi per poter esercitare l’attività
in condizioni igieniche appropriate; – essere adeguatamente ventilati e con una sufficiente illuminazione naturale o artificiale. Sono raccomandate le seguenti intensità luminose minime, misurabili con gli appositi luxometri: luoghi d’ispezione veterinaria 540 lux; recinti e luoghi d’ispezione degli animali malati o sospetti 220 lux; – avere pavimenti, pareti e porte facilmente lavabili e sanificabili. I pavimenti devono essere in materiale impermeabile e imputrescibile, dotati di inclinazione idonea a convogliare le acque di lavaggio verso canali o pozzetti muniti di griglia per la loro evacuazione. Le pareti devono essere lisce, rivestite in materiali impermeabili e lavabili, di colore chiaro. I soffitti devono essere facili da pulire e preferibilmente di colore chiaro; – essere muniti di adeguati dispositivi di protezione contro animali indesiderabili quali insetti e roditori. Tutte le finestre apribili devono essere dotate di zanzariere per impedire l’accesso agli insetti e ad altri animali indesiderabili; – essere in possesso, di un impianto che fornisca acqua potabile, ai sensi del DPR 24 maggio 1988, n. 236, in quantità sufficiente; – essere dotati di impianti, attrezzature e utensili facilmente lavabili e sanificabili; – essere dotati di un dispositivo, per reparto, per la pulizia e sanificazione delle mani e per la pulizia degli attrezzi mediante acqua calda con distributori di sapone liquido e asciugamani a perdere e di almeno un dispositivo per la sanificazione degli attrezzi da lavoro; – essere dotati di un sistema che consenta l’evacuazione delle acque reflue in modo igienico. I liquidi reflui dalle postazioni di macellazione devono essere convogliati ai pozzetti di scarico attraverso tubi di raccordo o eventualmente con altro sistema che consenta di limitare spandimenti e ristagni sul pavimento; – nei locali di macellazione, è necessario mantenere la separazione delle operazioni sporche rispetto a quelle pulite mediante una distanza delle postazioni operative adeguata al ritmo di macellazione.
Inoltre lo stabilimento deve possedere: – una zona coperta sufficientemente vasta e di agevole pulizia e disinfezione per lo scarico degli animali; – un locale di macellazione provvisto di due reparti, uno per lo stordimento, il dissanguamento e la spennatura e un reparto, distinto e separato dal precedente, per l’eviscerazione e l’eventuale incassettamento; – una cella frigorifera per la conservazione delle carni; – un locale refrigerato per la raccolta e il deposito del sangue e dei sottoprodotti qualora gli stessi non possano essere allontanati dall’impianto nella stessa giornata di macellazione, tale materiale deve comunque essere smaltito nel rispetto delle vigenti disposizioni; – i servizi igienici non devono comunicare direttamente con i locali di macellazione ma essere comunque adiacenti ai locali stessi.
Spetta al veterinario ufficiale, responsabile dello stabilimento, la verifica del rispetto delle condizioni previste dalle leggi vigenti sia per quanto riguarda l’igiene degli impianti sia per la verifica dei comportamenti del personale.
Macellazione e igiene
È indispensabile che in tutte le varie fasi della macellazione siano adottate le norme igieniche più rigorose per evitare qualsiasi tipo di proliferazione batterica che potrebbe compromettere l’utilizzo della carne. Nel macello si devono considerare delle zone ad alto rischio di contaminazione nelle quali gli animali vengono ricevuti e si opera l’uccisione ed il dissanguamento per arrivare fino all’eviscerazione. Questa zona presenta un’altissima carica microbica dovuta sia agli escrementi sia ai residui degli animali macellati. E’ fondamentale mantenere la zona in aspirazione d’aria evitando pertanto la possibilità di inquinamento con zone limitrofe più pulite. Uscendo dalla zona ad alto rischio di contaminazione si passa a una zona considerata “pulita”; è quella in cui avviene la squartatura fino al confezionamento e alla spedizione. In questa zona il rischio è quello della contaminazione dovuta soprattutto all’uomo, ai materiali e alle attrezzature impiegate. Grande attenzione dovrà essere posta alle connessioni con la zona sporca, dovrà quindi esserci una separazione nettissima fra le due zone, creando una vera e propria barriera igienica.
Lo sporco
La maggior parte dello sporco che si riscontra nella macellazione avicola è rappresentato da una frazione organica, rappresentato da: residui di feci, sangue, residui carnei, residui di piume, grassi, colonie di microrganismi; muffe. Oltre alla frazione organica è riscontrabile anche lo sporco inorganico ascrivibile soprattutto al calcare che si forma con l’utilizzazione dell’acqua calda. Molto difficile da rimuovere è la morchia mista composta da una miscela di residui organici e inorganici rappresentata soprattutto dallo sporco vecchio, quello che si è formato da un sovrapporsi di sostanze organiche, soprattutto grassi, e da strati di calcare che si è formato durante i lavaggi per l’impiego di detergenti non sufficientemente sequestrati. Normalmente questa morchia mista si forma a seguito di insufficienti pulizie quotidiane o l’utilizzo di inadeguati sistemi di pulizia.
Detergere in maniera corretta
La detergenza a schiuma è una tecnica ormai consolidata e collaudata, vale a dire quella dell’utilizzo dei detergenti schiumogeni che vengono utilizzati mediante l’utilizzo di idropulitrici a bassa pressione (25-50 bar) o ad alta pressione (120-150 bar), in abbinamento a particolari lance schiumogene appositamente studiate per questo scopo. Nell’operazione di schiumatura, il detergente, si mescola con l’acqua e l’aria e viene erogato a bassa pressione sottoforma di schiuma bagnata che si ancora uniformemente sulle superfici da lavare. Il detergente che è utilizzato nella schiumatura, può essere prelevato in modi differenti: – con le lance schiumogene più semplici che sono adatte a erogare solamente la schiuma e che per effettuare il risciacquo devono esser sostituite da lance di risciacquo, il detergente viene prelevato concentrato, dal contenitore nel quale è contenuto, mediante un tubo venturi che è incorporato nella lancia schiumogena; – con le lance schiumogene che sono in grado di effettuare la schiumatura e il risciacquo con la stessa lancia mediante una semplice rotazione della parte terminale, il prelievo del detergente avviene tramite un eiettore posizionato all’uscita della tubazione ad alta pressione dell’idropulitrice: viene prelevato il detergente dal contenitore e lo si inietta nel tubo dell’alta pressione; – negli impianti fissi, il prelievo del detergente avviene mediante eiettori, tarati in base alla pressione di utilizzo, successivamente iniettato nella tubazione dell’acqua. La schiuma che va a depositarsi sulla superficie da lavare deve avere una discreta consistenza, tale da aderire anche alle superfici verticali, senza però essere troppo secca, in quanto deve essere in grado di bagnare la superficie e permettere al detergente di penetrare nello sporco che viene ammorbidito e quindi successivamente eliminato nell’operazione di risciacquo. Nel caso si noti un rammollimento insufficiente dello sporco, sarà consigliabile eseguire una seconda schiumatura per ottenere con il successivo risciacquo, una sufficiente eliminazione dello sporco. Il risciacquo potrà essere effettuato con acqua a pressione di rete (2-4 bar) o con acqua ad alta pressione (100-150 bar), in questo caso è consigliabile montare sulla lancia di risciacquo ugelli a ventaglio che non danneggino le superfici neanche con pressioni molto elevate ed a distanza ravvicinata.
Come scegliere il detergente
Quando lo sporco caratterizzato da residui organici (sangue, feci e da microrganismi), il detergente più adatto è quello del tipo alcalino clorattivo, la frazione alcalina attacca la parte organica dello sporco e il cloro, anche se in parte si combina con la sostanza organica, la parte residua è in grado di operare una buona sanificazione. Per rimuovere lo sporco costituito invece da un’elevata quantità di residui carnei e di grassi, il detergente che risulta più efficace è quello ad alta alcalinità. Per eliminare le incrostazioni dovute all’uso di acque dure si utilizzerà un detergente di tipo acido a base di acido fosforico o sulfamico. Tutti i detergenti schiumogeni incorporano notevoli quantità di sostanze tensioattive in grado di formare la schiuma al momento dell’erogazione ma, al momento del risciacquo, di farla dissolvere totalmente impedendo quindi fastidiosi problemi negli impianti di depurazione. Per rimuovere le morchie miste organiche/inorganiche si eseguiranno in successione lavaggi con schiumogeni acidi e alcalini fino alla completa scomparsa dello sporco.
La sanificazione ambientale
Nel caso si debba operare una sanificazione ambientale completa dopo la pulizia grossolana e la detersione, i prodotti più utilizzati per questo scopo sono quelli a base di polibiguanide, i poliquaternari non schiumogeni, l’aldeide diglutarica (anche se un po’ fastidiosa nell’utilizzo). Le apparecchiature più frequentemente utilizzate per questo scopo, sono i nebulizzatori a bassa pressione in grado di far arrivare sulle superfici da sanificare un velo leggero di sanificante in grado di operare con efficacia a costi molto bassi. Occorre porre una particolare attenzione per i materiali sui quali si opera la detersione e la sanificazione; l’acciaio inox può essere deterso e sanificato con ogni tipologia di prodotto, poiché non è attaccato dai normali detergenti alcalini e acidi.
Il lavaggio e la disinfezione delle mani
Gli stabilimenti devono avere un numero sufficiente di dispositivi per il lavaggio e la disinfezione delle mani, con l’utilizzo di acqua corrente calda e fredda, opportunamente miscelata, collocati il più vicino possibile al posto di lavoro.
In particolare coloro che operano lungo la linea di macellazione, devono avere la possibilità di lavarsi e disinfettarsi le mani senza doversi allontanare dal proprio posto di lavoro.
Accanto ad ogni lavandino deve essere collocata un’attrezzatura per la pulizia e la disinfezione delle mani, facendo divieto d’utilizzare saponette o sapone in pezzi e asciugamani che non siano a perdere. Le mani devono essere lavate e disinfettate più volte al giorno e in ogni caso prima e ad ogni ripresa dell’attività lavorativa e comunque ogni qualvolta necessario.
L’idoneità al consumo
Per concludere una nota di merito per gli allevamenti e per i macelli italiani: per decidere se un pollo o un tacchino sia idoneo al consumo ci vogliono almeno tre veterinari ufficiali inviati dalle ASL per certificare la salubrità degli animali. Appena nato, il pollo (o il tacchino) viene visitato dal primo veterinario che controlla che sia sano prima di immetterlo nell’allevamento. Il secondo veterinario visita gli animali prima che siano inviati alla macellazione: analizza la storia di tutto l’allevamento e poi passa all’ispezione di quello specifico lotto di animali. Oltre a ispezionare con cura i polli, controlla i registri di allevamento, dove sono segnati i consumi di acqua, di mangime e gli eventuali trattamenti farmacologici effettuati: nel caso in cui siano stati somministrati dei farmaci per proteggere la salute degli animali verificherà che siano stati rispettati i tempi di eliminazione del farmaco assunto dall’animale (il cosiddetto “tempo di sospensione”): tale periodo di tempo varia seconda del farmaco somministrato. A questo punto quel lotto di polli (o tacchini, o faraone, ecc.) partirà per un apposito stabilimento riconosciuto secondo le norme UE dove ci sarà un altro veterinario della ASL, che procederà a un’ulteriore verifica dopo la macellazione: esaminerà l’interno e l’esterno dell’animale, controllerà che non ci siano anomalie o alterazioni e, se lo riterrà utile o necessario, sottoporrà le carni ad ulteriori accertamenti analitici. Tutto questo va ad aggiungersi agli innumerevoli controlli comunque effettuati dai veterinari delle aziende produttrici che controllano costantemente gli animali nelle varie fasi della crescita.
Solo dopo questa lunga serie di accertamenti nei vari laboratori di lavorazione delle carni, anch’essi autorizzati a norma UE e sottoposti a controllo veterinario ufficiale, il pollo (o il tacchino) viene bollato per dimostrare la sua idoneità al consumo e quindi è pronto per viaggiare nella catena del freddo e arrivare sulla nostra tavola.