Sicurezza

Il rischio rumore

Un documento dell’Inail affronta questo tema e presenta le interazioni tra di esso, sostanze ototossiche, vibrazioni e componenti impulsive

Per affrontare il tema dell’interazione tra rumore, vibrazioni e sostanze ototossiche, con particolare attenzione a queste ultime due voci, possiamo fare riferimento alla pubblicazione Inail dal titolo “La valutazione del rischio rumore”.

Un documento curato da Raffaele Sabatino (Dipartimento DIT), con la collaborazione di Michele Del Gaudio (Inail Unità Operativa Territoriale di Avellino) e la revisione scientifica di Pietro Nataletti (Inail Dipartimento di Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale).

Il documento in questione segnala come, attraverso la valutazione del rischio, sia necessario “esaminare accuratamente le fasi lavorative in cui sia possibile riscontrare una qualche corrispondenza tra la presenza di rumore, sostanze ototossiche, vibrazioni e componenti impulsive”. E in questo senso si ricorda l’importanza dell’analisi dei risultati con il Medico Competente: la valutazione e la riduzione dei rischi dovrebbero “interagire continuamente con la sorveglianza sanitaria, confrontando i risultati, al fine di ottimizzarne le modalità di pianificazione ed esecuzione delle rispettive attività”.

Le sostanze ototossiche

In particolare, un agente ototossico può essere definito come una sostanza che “può danneggiare le strutture e/o la funzione dell’orecchio interno (apparato uditivo e vestibolare) e le vie neurali collegate”. Inoltre, “l’effetto combinato delle sostanze chimiche ototossiche, per inalazione o per contatto cutaneo, e dell’esposizione al rumore è particolarmente dannoso per l’udito”. Infatti la presenza di sostanze chimiche causa “uno stato anormale dell’orecchio interno, rendendolo particolarmente vulnerabile ai danni meccanici dovuti al rumore”.

Ma quali sono le sostanze ototossiche? Generalmente, sono classificate in non occupazionali e occupazionali. Le prime comprendono per lo più farmaci, per esempio alcuni antibiotici, salicilati, antineoplastici. Invece le sostanze ototossiche occupazionali, in letteratura, sono “individuate sostanzialmente: nei solventi (es.: toluene, xileni, etilbenzene, stirene, esano, alcool n-butilico); nei metalli (es.: piombo, mercurio, manganese); negli asfissianti (es.: monossido di carbonio e acido cianidrico)”. Inoltre “molti prodotti chimici utilizzati in agricoltura sono potenzialmente ototossici”. E non bisogna dimenticare che tra le sostanze non occupazionali, fenomeni di ototossicità appaiono legati, secondo alcuni studi, anche al fumo di sigaretta e al consumo di alcool.

Assenza di dati precisi

Malgrado sia conosciuta l’azione di molte sostanze ototossiche, nella normativa non esistono dei “valori limiti di concentrazione che facciano riferimento all’azione ototossica, anche perché non esistono al momento sufficienti studi scientifici che possano offrire dei riferimenti certi”. E comunque il danno uditivo “si presenta se l’esposizione a queste sostanze avviene a concentrazioni sufficientemente alte che, peraltro, possono anche essere inferiori a quelle per cui la sostanza è considerata tossica sotto altri aspetti (nel caso di sostanze aerodisperse, come i solventi, i TLV, Threshold Limit Value, dell’ACGIH)”. Ed è stato poi dimostrato che “l’azione ototossica delle sostanze chimiche viene amplificata dalla presenza di rumore” e dalla “presenza contemporanea di più sostanze ototossiche”.

Il vero problema – continua il documento – è che “in assenza di dati precisi le sostanze imputate continuano a essere impiegate in concentrazioni nelle quali possono svolgere un’azione ototossica, pur essendo permesse dalla normativa sulle sostanze pericolose. Anche perché l’ototossicità di una sostanza (in definitiva, la sua concentrazione dannosa per l’udito) è influenzata dal livello di rumore coesistente e dalla presenza di altre sostanze ototossiche”.

Per questo motivo sarebbe necessario, sebbene non facile, elaborare tabelle incrociate “che prevedano, eventualmente, l’abbassamento della soglia nociva di rumore (fissata ad 85 dB(A)) in funzione della concentrazione di sostanze ototossiche presenti”.

Si ricorda inoltre che in situazioni con contemporanea esposizione a rumore e a talune sostanze ototossiche – toluene, piombo, manganese e alcool n-butilico – l’ACGIH (American Conference of Governemental Industrial Hygienists) consiglia di “disporre periodici esami audiometrici”.

Riguardo alle sostanze ototossiche, gli autori della pubblicazione rimandano alla lettura di un documento di approfondimento dell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.

Le interazioni tra rumori e vibrazioni e tra rumori e componenti impulsive

Il documento, che ricorda come le vibrazioni possano essere trasmesse al sistema mano-braccio (HAV, Hand Arm Vibrations) o al corpo intero (WBV, Whole Body Vibrations), segnala che già le Linee Guida SIMLII 2003 “riferivano di studi sull’uomo in cui veniva dimostrata l’insorgenza di ipoacusia neurosensoriale permanente da interazione tra rumore e vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio HAV”. Mentre per l’esposizione contemporanea a rumore e vibrazioni trasmesse al corpo intero “risultava un effetto sinergico nella patogenesi del danno uditivo (più evidente alle alte temperature ed in presenza di esercizio fisico)”.

Riguardo poi alle componenti impulsive, si indica che la “presenza di rumore impulsivo all’interno dell’esposizione, pur non potendosi tradurre in una penalizzazione in termini quantitativi, rappresenta per l’esposto una possibile causa di amplificazione della perdita uditiva a lungo termine e, come tale, va sollecitamente segnalata al Medico Competente”.

Si ricorda tuttavia che per quanto concerne l’accertamento della presenza di componenti impulsive nel rumore, “allo stato attuale, tale questione non è ancora stata risolta in modo unanimemente condiviso. Mentre, infatti, il riconoscimento di impulsi sonori ben individuabili e relativamente isolati, per esempio colpi di maglio, o di pressa o di martello, è un’operazione nel complesso agevole, nel caso di impulsi multipli rapidi, associati ad esempio a lavorazioni eseguite da presse veloci, o nel caso di situazioni ambientali con una molteplicità di sorgenti sonore impulsive, tale riconoscimento può risultare più complesso e controverso”.

Una proposta concreta

Concludiamo l’articolo riportando una proposta, presente nel documento Inail, per valutare l’interazione tra rumore, sostanze ototossiche e vibrazioni.

Tale proposta è presente in specifiche linee guida dell’ASL di Piacenza relative alla “misurazione dell’esposizione e valutazione del rischio rumore titolo VIII capo II – d.lgs. 81/08”.

Si tratta di una guida, non vincolante, di “buone prassi per la valutazione dell’interazione tra rumore e sostanze ototossiche e rumore e vibrazioni, al fine di garantire l’adozione di misure preventive, anche in assenza di conoscenze scientifiche sulle relazioni fra dosi e reazioni”.

In riferimento a questa proposta nel documento Inail sono presenti diverse tabelle/scale con cui:

• graduare il rischio valutando “il rapporto tra la concentrazione dell’agente chimico (Cesp) a cui è esposto il lavoratore e il TLV di riferimento”;

• graduare il rischio “in presenza di un rischio di esposizione a vibrazioni, soggetto a uno specifico percorso di valutazione (Capo III del d.lgs. 81 del 9 aprile 2008 e s.m.i.). Si tratta, in definitiva, di proporre un abbassamento, in funzione della graduazione del rischio rilevata, “dei valori di azione, in relazione ai quali attivare, in ogni caso secondo il giudizio del Medico Competente, le procedure di sorveglianza sanitaria”.

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