Dal 13° Rapporto Annuale “Ospedali & Salute/2015, emerge come il sistema ospedaliero pubblico abbia bisogno di affrontare una profonda revisione
Promosso dall’AIOP – Associazione Italiana Ospedalità Privata e realizzato dalla società Ermeneia – Studi & Strategie di Sistema di Roma, il 13° Rapporto Annuale “Ospedali & Salute/2015”, anche quest’anno ha messo sotto osservazione il sistema ospedaliero italiano (cui afferiscono 60,5 miliardi di euro di spesa pubblica e in cui operano 650 mila addetti complessivi), ponendo l’accento su due aspetti di fondo che lo caratterizzano, con particolare riferimento a quello pubblico.
Le conseguenze del logoramento dell’offerta
Il primo riguarda l’effetto cumulato sugli utenti del graduale logoramento dell’offerta di servizi ospedalieri delle strutture pubbliche che porta a una situazione di “paziente scoraggiato”. Quest’ultimo deve affrontare i disagi derivanti da un processo di efficientamento lento e tendenzialmente proiettato all’esterno (cioè sulle condizioni di accesso alle prestazioni da parte degli utenti) piuttosto che sul funzionamento e sull’organizzazione delle strutture, con il risultato di pervenire a una “politica di razionamento” di fatto, vista la ancora troppo debole “politica di efficientamento”, proiettata all’interno. L’effetto cumulato suddetto si può cogliere attraverso i dati soggettivi, che derivano da un’apposita indagine sui care-giver, oltre che da alcuni dati oggettivi, basati sugli indicatori disponibili. Ne risulta un logoramento percepito da parte del 61,7% degli intervistati rispetto all’attuale Sistema Sanitario Nazionale, a seguito del prolungamento delle liste di attesa, della diminuzione dei servizi, della difficoltà di accesso a questi ultimi, dell’aumento dei ticket; di un peggioramento in particolare dei servizi forniti dagli ospedali pubblici, con riferimento ai quali sono stati individuati alcuni problemi valutati come “seri” da più dell’80% dei care-giver: la necessità di dover ricorrere alle prestazioni intramoenia a pagamento oppure a prestazioni private, l’esigenza di affrontare difficoltà burocratiche interne alle strutture per poter effettuare analisi, visite mediche specialistiche, accertamenti, ricoveri, la non sempre adeguata qualità del rapporto umano intrattenuto col paziente. Nell’89,5% dei casi, ci si trova davanti a un paziente “scoraggiato”, che ricorre a ospedali privati accreditati o a cliniche private a pagamento, che fornisce una valutazione positiva delle funzioni svolte dagli ospedali privati accreditati presenti sul territorio, in quanto essi “contribuiscono a formare un sistema ospedaliero misto pubblico/privato che risulta essere più completo e che garantisce un presidio migliore per i cittadini”; senza contare che svolgono una funzione importante poiché consentono agli utenti di scegliere tra le alternative possibili. Vicino ai dati soggettivi vanno anche considerati quelli oggettivi che contribuiscono a illustrare ulteriormente il graduale appesantimento della condizione dei pazienti e delle famiglie, come mette in evidenza la tabella 2, che sottolinea l’aumento progressivo dell’ammontare dei ticket incassato dalle aziende sanitarie (+37,9% tra il 2009 e il 2014), nonché di quello relativo ai farmaci (+74,2% nello stesso periodo), per un valore complessivo di 3,1 miliardi di Euro nell’ultimo anno considerato; l’incremento del valore delle prestazioni intramoenia, fatturate dagli ospedali pubblici, che a sua volta cresce del 17,4% tra il 2009 e il 2014; infine, l’aumento delle aliquote Irpef regionali tra il 2009 e il 2015, che vede una situazione favorevole per la Regione Veneto (+7,0%,con un’aliquota media dell’1,23%nel 2015) e una situazione di incremento massimo per la Regione Piemonte (+24,8%, con un’aliquota media del 2,63% nello stesso anno); ma con la presenza di aliquote medie lievitate negli anni in maniera significativa per le Regioni commissariate e per quelle sottoposte a Piano di rientro. Tuttavia va sottolineato come la situazione di appesantimento concorra sì a scoraggiare i pazienti ma contribuisca anche a sollecitare una loro aumentata reattività.
I seguenti dati danno conto di tale fenomeno:
• sia sul piano della conoscenza: quella delle disposizioni che permettono di utilizzare ospedali privati accreditati senza oneri aggiuntivi per il paziente (dal 39,3% del 2013al 41,1% del 2015), quella della possibilità di potersi trasferire, per ragioni di cura, in ospedali collocati fuori Regione (dal 35,2% del 2013al 36,9% del 2015) e quella dell’opportunità di recarsi presso strutture di altri Paesi dell’Unione Europea con la copertura del Servizio Sanitario Nazionale (dal 14,1% del 2013al 21,8% del 2015);
• sia sul piano dei comportamenti: gli utilizzatori dei servizi ospedalieri che hanno preso in considerazione le varie possibilità prima di ricoverarsi aumentano costantemente tra il 2013 e il 2015 (specialmente nell’ultimo anno). Così aumenta il ricorso agli ospedali privati accreditati come pure alle cliniche private, mentre si contrae il ricorso agli ospedali pubblici. Si allarga inoltre la propensione a cambiare il tipo di struttura ospedaliera che non risulti presente nel proprio Comune (dal 36,8% del 2013al 38,4%nel 2015), come pure si fa più consistente l’incidenza dei ricoveri fuori Regione rispetto al totale dei ricoveri (dal 7,6% del 2010 all’8,0% del 2013), malgrado la diminuzione in valore assoluto di questi ultimi.
Verso un recupero delle risorse
Il secondo aspetto su cui è stato posto l’accento nel Rapporto 2015 riguarda il tema della proiezione dello sforzo di efficientamento sulla “macchina” ospedaliera pubblica e sulla trasparenza dei relativi bilanci: esigenze queste che vengono recepite – tra l’altro – all’interno della Legge di Stabilità 2016, nella quale si disciplinano“le procedure per conseguire miglioramenti nella produttività e nell’efficienza degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale, nel rispetto dell’equilibrio economico finanziario e nel rispetto della garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza”. In questo senso il Rapporto ha intrapreso un percorso di analisi ulteriore rispetto a quella contenuta nei Rapporti precedenti. Più precisamente si è effettuata la valutazione di tre ambiti, a partire dalle voci di Conto Economico 2014 di tutte le Aziende Ospedaliere pubbliche italiane: l’ambito degli eventuali “sovracosti” teorici rispetto ai costi medi, in cui possono celarsi aree di inefficienza (il tutto rispetto a 11 tipologie diverse di spesa, ovvero prodotti farmaceutici, altri beni sanitari, servizi di mensa e prodotti alimentari, servizi di lavanderia e materiali di guardaroba, servizi di pulizia, smaltimento rifiuti, premi di assicurazione, utenze telefoniche, utenze elettriche, costi di gestione e altri costi); l’ambito dei costi espliciti e impliciti di ammortamento che presentano aree di non sufficiente trasparenza e che possono, a loro volta, nascondere ripianamenti impliciti di bilancio;infine, l’ambito dei costi aggiuntivi di personale sia di tipo esplicito sia implicito, i quali pongono problemi di non sufficiente trasparenza e configurano altre possibili aree di inefficienza, derivanti da eventuali duplicazioni di personale impiegato. Lo scopo è innanzitutto quello di mettere a confronto degli standard di costi che rispondano a criteri di spending review “buona”, in grado cioè di tener conto delle differenze “reali” che esistono tra un’Azienda Ospedaliera e l’altra e non a criteri di spending review “cattiva”, quella cioè che tratta tutte le strutture ospedaliere nello stesso modo siano esse efficienti o non efficienti, con la conseguenza di punire le prime e di premiare le seconde. Ma lo scopo è anche quello parallelo di aumentare il livello di trasparenza dei bilanci e quindi di avvicinarsi a una maggiore confrontabilità dei medesimi, all’interno delle strutture pubbliche come pure all’esterno, tra ospedali pubblici e ospedali privati accreditati.
Il risultato ottenuto porta a una stima dei sovracosti teorici totali che raggiunge l’ammontare di 2,3 miliardi di euro per le Aziende Ospedaliere e a una stima di 2,0 miliardi per gli Ospedali a gestione diretta (cfr. tabella4, Colonna B).Gli ammortamenti impliciti, sempre per le Aziende Ospedaliere e per gli Ospedali a gestione diretta, ammonterebbero rispettivamente a 966 e a 847 milioni di euro (cfr. tabella 4, Colonna C). Se poi si prendono in considerazione quelli che sono stati definiti come costi aggiuntivi impliciti di personale, le stime corrispondenti sarebbero pari a 907 milioni di euro per le Aziende Ospedaliere e a 796 milioni di euro per gli Ospedali a gestione diretta (cfr. tabella 4, Colonna D): si tenga presente che se tali stime sono realistiche bisognerebbe ipotizzare l’esistenza di un numero di addetti aggiuntivi impliciti non lontano dalle 50 mila unità, riportabile essenzialmente alle figure infermieristiche, come conseguenza delle rigidità di gestione del personale pubblico, del blocco delle assunzioni ma anche delle tante e spesso consistenti forme di esonero dalle mansioni usuranti da parte di personale infermieristico che però può successivamente risultare non adeguatamente utilizzato. Nell’insieme dunque si arriverebbe, tra sovracosti e costi impliciti (di ammortamento e di personale) alla somma complessiva di 7,9 miliardi di euro (cfr. tabella 4) che rappresenterebbero il 17,2% della spesa ospedaliera relativa alle Aziende pubbliche e agli Ospedali a gestione diretta. Si è anche voluto mettere a confronto i risultati ottenuti con la stima del disavanzo “reale” calcolato nello scorso Rapporto, allo scopo di verificare la coerenza di fondo tra le valutazioni effettuate rispettivamente nel 2014 e nel 2015. Naturalmente le cifre richiamate sottolineano l’esigenza di affrontare un processo di efficientamento “reale” e “trasparente” che deve far capo all’ospedalità pubblica cui –è bene ricordarlo –afferisce l’86,4% della spesa ospedaliera complessiva contro il 13,6% di quella privata accreditata nel suo insieme: è evidente dunque che non basta proiettare all’esterno, rispettivamente sui pazienti (con la riduzione o con il peggioramento dei servizi) e sugli operatori privati (attraverso la riduzione dei riconoscimenti economici) l’onere di una riqualificazione che riguarda specificamente l’organizzazione e il modo di operare delle strutture pubbliche.
Cambiare per preservare
Un’ultima osservazione meritano le opinioni dei care-giver a conclusione delle interviste effettuate nel 2015, circa l’esigenza di intraprendere un percorso di revisione effettiva del Sistema Sanitario Nazionale e del sistema ospedaliero pubblico in particolare. Quello che si può rilevare è la presenza di un elevato livello di consapevolezza da parte dei suddetti care-giver a proposito della necessità di “cambiare per preservare”, con tutte le conseguenze che ne derivano: sul piano dei servizi (visto che non si può dare tutto a tutti), sul piano dell’efficienza e gestionale e dell’efficacia delle prestazioni ma anche della trasparenza dei bilanci e di un coerente trattamento tra strutture pubbliche e strutture private accreditate come pure sul piano dell’assunzione di una maggiore responsabilità da parte dei cittadini.