Igiene Alimentare

Insetti: come si diffondono

G li insetti compaiono nel lontano devoniano. Periodo geologico che interessa circa 50 milioni di anni e il cui inizio risale a 400 milioni di anni fa, anno più, anno meno.

La fossilizzazione degli insetti è abbastanza complessa e la si può sintetizzare in insetti pietrificati, insetti conservati come impronta e, la più nota, inclusione in ambra.

 

La “scienza” vuole che i primi insetti fossero privi di ali (collemboli), poi vennero quelli in grado di volare, dopodiché alcune specie persero le ali per adattarsi a condizioni ambientali particolari (vedi pulci). Quale che sia l’origine degli insetti essi appaiono il termine più evoluto degli artropodi soprattutto per lo sviluppo psichico di molte specie ed in particolare per l’organizzazione sociale di certi gruppi (api, formiche e termiti).

Un po’ di numeri

Secondo il parere di alcuni zoologi (che prendiamo per buono) gli insetti compaiono circa 250 mio di anni fa. I vertebrati li avevano preceduti di oltre 200 mio di anni. Orbene attualmente gli insetti sono 10 volte più di tutti i vertebrati assommati insieme! Alla luce di questa constatazione mi par lecito domandarsi le ragioni di una così intensa evoluzione. Senza entrare nella filogenesi dei vari ordini (cioè le tappe percorse dalla classe degli insetti) alcuni aspetti balzano all’occhio. Il primo è che molte specie sono arrivate fino a noi subendo pochissime modificazione (ad es. gli scarafaggi) a riprova che il progetto originario era in grado di produrre individui capaci sia di sfruttare l’ambiente sia di adattarsi anche ai suoi mutamenti.

ere diffusione insetti

Inoltre, fattore determinante, gli insetti hanno una grandissima e rapida capacità riproduttiva che unite alle caratteristiche esposte spiegano il loro diffondersi. Anche se alcune esplosioni demografiche restano ancora difficilmente intelligibili.

Qualche decennio fa

Premesso che non prenderò in esame le conquiste territoriali dei nostri giorni, tuttora allo studio della comunità scientifica e dell’entomologia applicata. Mi limiterò a esporre alcune invasioni dei secoli scorsi sia perché dimostrano che gli insetti avevano inventato prima di noi la globalizzazione sia per trarre spunti di riflessione utili per giustificare l’importanza dei monitoraggi nei suoi quattro aspetti: identificazione delle nuove specie, diffusione della notizia in tempo reale a 360°, stima dei danni potenziali e attivazione di procedure terapeutiche adeguate.

Le specie migratorie

Sembra che alcune specie abbiano un’innata tendenza a volare lontano dal luogo di nascita. Basti pensare alle forme alate di alcuni afidi. Queste specie compaiono improvvisamente in territori incontaminati e nella loro diffusione vengono fermate solo da un clima inadatto e/o mancanza di cibo.

Asclepias larvaInteressante, e da primato, è il caso del Danaüs (plexippus) archippus (Fabricius, 1793); (farfalla Monarca) che fu in grado di trasvolare l’oceano pacifico per cui dall’America arrivò all’Australia, Nuova Zelanda e Indonesia, mentre attraversando l’atlantico giunse alle isole Azzorre e Canarie. Saltuariamente in Spagna e Portogallo. Senza entrare in dettagli entomologici appare eclatante la capacità di volo dagli Stati Uniti e Canada al Messico e ritorno. Sono percorsi oltre 2000 km in poco meno di 50 gg. Pur tuttavia anche quando conquista nuovi areali non arreca danni per le sue scelte alimentari: genere Asclepias dalle cui foglie ricava anche sostanze, i carneolidi, che la rendono repellente ai predatori. In effetti il segnale di non commestibilità è dato dalla colorazione della livrea.

Di sicuro interesse scientifico è il fatto che della farfalla Monarca ne esistono due sottospecie una migratoria la Danaus plexippus plexippus (Linneus 1758) che vive principalmente negli USA e una stanziale la Danaüs plexippus megalippe (Linneus 1758) che vive nei Caraibi, America centrale e Rio delle Amazzoni, ma la si trova anche nella Georgia e in Florida. Sarà questione di clima, di carattere o di genetica? Mah!

Le specie che si diffondono per l’attività dell’uomo

Una cosa è certa: se gli insetti sono trasportati in contesti a loro favorevoli si assiste ad una “esplosione di popolazione” impressionante per l’assenza di antagonisti. Poi le curve di accrescimento tendono a plafonarsi o addirittura a decrescere sotto l’effetto di specie antagoniste autoctone che, adattandosi alla nuova fonte alimentare, danno inizio ad azione predatoria di adattamento.

Fra queste specie spiccano gli insetti xilofagi che si sono diffusi da una nazione all’altra attraverso l’import-export di legname. Altri insetti sono divenuti ubiquitari sulle linee di trasporto delle derrate alimentari e delle stoffe-pellami. In questo caso i nostri nemici hanno il vantaggio di viaggiare insieme alla loro principale fonte di alimentazione.

Gli Stati Uniti offrono numerosi esempi di “invasioni” di insetti forestieri al punto che gli esperti stimano che più della metà dei danni prodotti all’agricoltura non siano dovuti a insetti “forestieri”.

Un esempio classico risale al 1916, anno in cui tra le piante di un giardino d’infanzia del New Jersey furono trovati piccoli coleotteri fino allora sconosciuti negli USA. Nel 1917 si erano sparsi per 5 kmq. Dopo 6 anni (1923) il territorio colonizzato misurava 4.000 kmq e nel 1941 (25 anni dopo il primo ritrovamento) le aree conquistate e parassitizzate coprivano un’area di oltre 30.000 kmq.

Popilia japonica danniL’insetto era il Popillia japonica, intuitivo che il paese di origine fosse il Giappone ove non era un parassita preoccupante; mentre negli Stati Uniti si è dimostrato un vero e proprio flagello. Basti pensare che in un piccolo frutteto in due ore furono raccolti 100 kg di tali insetti senza che si avesse la sensazione che il loro numero fosse diminuito. Ipotizzando il peso di ogni P. japonica pari a 1,1 g nel quintale raccolto ce n’erano più di 90.000 (per contarli ad uno ad uno sarebbero stati necessari tre giorni di 8 h lavorative! Ed è sicuramente la ragione per cui è stato più semplice pesarli).

Nel 1869 l’Università di Harvard importò dall’Europa alcune uova di Lymantria dispar . Alcune farfalle riuscirono a fuggire dal laboratorio e, trovato clima e cibo adatti, divenne un vero e proprio flagello defogliatore. In breve tempo occupò tutta l’area in cui il clima era favorevole e fino ad alcuni decenni or sono ciclicamente si annoveravano importanti recidive.

Gli esempi potrebbero continuare, ma per rimanere nei limiti concessimi concludo con alcune invasioni particolarmente articolate in quanto legate ad alcune specie di formiche. Insetti dalla struttura sociale altamente organizzata che, se collegata a comportamenti aggressivi e voraci, possono arrecare gravi danni agli insetti nativi, tra i quali anche altre specie di formiche.

Lymantria dispar larvaCosa che accadde nelle Isole Hawai, dove le formiche taglia-foglie (Pheidole megacephala) in pochi anni sterminarono quasi tutta la popolazione nativa di insetti fino a 600 m s.l.m. che rappresentava il loro limite fisiologico.

La formica taglia-foglie ha raggiunto anche Madera e le Isole Canarie; ma qui è stata subito seguita da una formica che, pur di minor dimensioni e apparentemente meno feroce, riuscì efficacemente a contrastarla. Si trattava della formica argentina (Linepithema humile) che nel paese di origine come da noi non rappresenta un un vero e proprio pericolo. Al contrario negli Stati Uniti ove è giunta alla fine del diciannovesimo secolo con il caffè brasiliano si manifestò subito come un grave flagello conquistando case, giardini e frutteti distruggendo dispense e magazzini viveri. Inoltre negli stati del Sud contrastando molti insetti nativi fra cui predatori di afidi e coccidi.

La stessa cosa è avvenuta nell’Africa del sud e in Australia ove le formiche argentine sono state introdotte con la movimentazione di merci e vettovaglie dovute alle necessità belliche della seconda guerra mondiale.

Un dato molto interessante e incoraggiante è che nelle aree dove la L. humile è stata contrastata efficacemente con rigorose e “vigorose” campagne di disinfestazione l’entomofauna locale e in particolare le formiche autoctone hanno riconquistato i loro vecchi areali.

Formica argentinaRipetita juvant

La storia dei parassiti e delle loro migrazioni potrebbe includere altre specie fra cui quella della fillossera della vite proveniente dalle Montagne Rocciose che mise in ginocchio, nella seconda metà dell’800, la viticultura francese provocando danni economici enormi.

La brillante soluzione arrivò innestando le viti europee su apparati radicali americani.

Per quanto mi è dato sapere non ci sono state soluzioni altrettanto efficaci.

Per cui riproporrò gli spunti di riflessione già enunciati: l’importanza dei monitoraggi nei suoi quattro aspetti: identificazione delle nuove specie, diffusione della notizia in tempo reale a 360°, stima dei danni potenziali e attivazione di procedure terapeutiche adeguate.

Visto che gli insetti hanno inventato molto prima di noi la globalizzazione e che oggi anche le nostre merci si muovono sempre più velocemente la tempestività dei nostri interventi diventa inderogabile.

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