Marketing & Strategie

Abbiamo perso l’abitudine di combattere

Che il beneficio sia una logica conseguenza del sacrificio è una lezione che i nostri nonni sapevano molto bene ma che noi sembriamo aver dimenticato

In questi anni di economia sofferente, ho dedicato molto tempo ad ascoltare e a osservare il mercato e le persone che lo compongono. È stata senza dubbio un’esperienza molto arricchente e formativa, perché il comportamento delle persone, quando tutto va bene, è decisamente rilassato mentre, quando le cose vanno male, escono i veri caratteri e i veri temperamenti.

Ho visto tante persone, forse troppe, che dedicano gran parte del loro tempo e della loro energia nel lamentarsi, cercando “un colpevole”. La cosa surreale è che questo stile di lamentela continua a evolversi, senza mai trasformare tale energia in altro.

Così, da queste situazioni, ho elaborato qualche riflessione che avrei piacere di condividere con voi. Negli ultimi 30-40 anni il nostro Paese è tendenzialmente sempre cresciuto, che ha visto a lungo il segno positivo davanti ai propri risultati. Diciamoci la verità, 20 anni fa non era necessario essere dei grandi imprenditori per guadagnare bene in questo settore, bastava avere un po’ di co- raggio e buttarsi nel mercato, dato che il comparto del cleaning tirava molto.

Questo tipo di situazione ha inevitabilmente, e forse inconsciamente, indebolito i nostri caratteri, rendendoci più fragili e meno disponibili al sacrificio e alla fatica.

Se paragoniamo il nostro periodo storico con quello del dopo guerra (senza andare troppo lontani) credo che possiamo tranquillamente affermare che i nostri nonni hanno saputo rimboccarsi le maniche e fare importanti sacrifici per ricostruire il Paese.

Hanno saputo essere determinati e coerenti, concentrandosi sul loro obiettivo. Hanno rinunciato a molte cose per raggiungere il loro scopo. Avevano capito molto bene che il beneficio era una logica conseguenza del sacrificio.

Io credo che abbiamo perso questo tipo di consapevolezza. Ci siamo abituati ad avere tutto, forse anche troppo e molto facilmente. Ci siamo abituati a soddisfare dei bisogni ridicoli e oggi che forse non ce li possiamo più permettere ci lamentiamo appellandoci alla crisi.

I nostri nonni avevano un paio di scarpe e poco altro, noi abbiamo 20 paia di scarpe e molto di più, eppure siamo tristi e demotivati.

Io credo che molta di questa demotivazione venga dal fatto che abbiamo perso la capacità di conquistarci gli obiettivi, di combattere, di fare fatica e destinare ogni risorsa a disposizione per il raggiungimento del nostro sogno. Di conseguenza non possiamo essere felici, perché stiamo “galleggiando” nella nostra vita, con il cartello delle lamentele sempre ben alto, ma senza fare nulla per prendere in mano la situazione e cambiare marcia davvero.

Non ci passa mai per la mente il fatto che abbiamo un sacco di “zavorre” a cui poter rinunciare, accettando il fatto che il mercato è bello e affascinante perché va in su e poi va in giù e poi torna in su e avanti così. Non possiamo accettare solo la fase positiva e quella della vittoria e rifiutare le altre. Non funziona così, come non funziona così la vita.

Ci sono, infatti, momenti belli e momenti brutti, ma questi ultimi servono a dare ancora più valore ai primi. Provate a immaginare quanta poca importanza si darebbe a un successo se lo avessimo tutti i giorni!

Credo quindi che dobbiamo riappropriarci della nostra predisposizione e capacità di combattere, di fare fatica, di fare sacrifici. Solo così usciremo da questo momento difficile e non perché qualcuno ci tirerà fuori, ma perché noi avremo deciso di venirne fuori, accettando il fatto che potremo fare a meno, per qualche periodo, di qualche sfizio, per concentrarci su ciò che davvero vale e dura nel tempo.

Dobbiamo imparare a far riemergere i nostri veri valori, quelli legati alla terra, alla natura, alle persone, alla loro genuinità, alla loro affidabilità. Dobbiamo orientarci in questa situazione e fidarci solo di coloro che hanno capito questi principi.

Coloro che cercano di corromperci con promesse assurde e poco interessanti per la nostra vera vita, forse dovranno essere ascoltati meno.

Oggi il lavoro duro non è più legato al livello di fatica fisica che un individuo fa, ma è legato alla capacità di superare le resistenze rispetto a tutte quelle attività che non vorremmo fare, perché non ci piacciono o sono fastidiose. Dobbiamo accettare il fatto che per uscire da questa situazione dovremo fare molte cose che non ci fa piacere fare, ma che sono necessarie.

Quindi signori, rimboccatevi le maniche e iniziate a fare la vostra dose di fatica emotiva, in quanto solo così potrete dire di aver imboccato davvero la strada per il cambiamento e la ricostruzione.

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