L’avicoltura rappresenta per il nostro Paese una delle più importanti attività zootecniche, essendo l’unico comparto in grado di coprire per intero i fabbisogni nazionali. Il verificarsi di danni fisici, chimici o microbiologici a uno o più allevamenti avicoli comporterebbero grosse perdite economiche. Per questo motivo è di fondamentale importanza la predisposizione di un programma gestione di un corretto stato di igiene
L’avicoltura è un settore di grande peso per l’economia del nostro Paese: è il primo settore agricolo in grado di garantire la completa sussistenza italiana per la produzione di uova soprattutto, ma anche per la produzione di carne e copre una vasta area di esportazione internazionale a livello europeo. La prevenzione di patologie all’interno dell’allevamento avicolo è un caposaldo della nuova strategia di intervento europeo per la salute degli animali. In particolare, in seguito ai recenti episodi endemici, sono stati istituiti nuovi regolamenti nazionali e comunitari in tema di biosicurezza all’interno degli allevamenti, con lo scopo di prevenire o meglio sradicare la diffusione di patologie virali. L’Ordinanza ministeriale del 3 dicembre del 2010, che integra quella precedente del 26 agosto del 2005, illustra una serie di misure di biosicurezza alle quali tutti gli allevamenti di avicoli devono attenersi.
Queste misure preventive consistono in: requisiti strutturali che i capannoni e i locali devono avere; comportamenti ai quali i visitatori e gli operatori devono attenersi; programmi di derattizzazione, disinfestazione, pulizia e disinfezione da rispettare periodicamente o ogni volta sia necessario; gestione delle carcasse e dei rifiuti ingombranti o pericolosi; adempimento a controlli, verifiche e campionamenti frequenti. Queste misure sono frutto di una precedente analisi del rischio, basata anche su esperienze ed episodi passati e in continuo aggiornamento. Sono parte integrante dei piani HACCP e costituiscono spesso regole di buon senso in ambito igienico-sanitario. Sono volte a prevenire il contagio e la diffusione infettiva tra gli animali. Grazie ad esse e ai numerosi controlli di medici veterinari, ASL e Autorità Competenti la sicurezza alimentare è quasi garantita all’interno della Comunità europea. Ne consegue, inoltre, un beneficio di tipo economico per il mercato internazionale di avicoli e prodotti derivati, derivato dalla tutela dei consumatori finali che si ritrovano in un contesto di sicurezza alimentare. Eventuali stati di emergenza, come la recente Influenza aviaria, porterebbero un crollo all’economia di questo settore e gravi conseguenze come il sostenere ingenti costi per i danni subiti all’intero settore avicolo. Per questo la prevenzione è di grandissima importanza, ed è altrettanto importante una trasparente e sincera attenzione sia verso gli operatori che verso i consumatori.
Descrizione della situazione epidemiologica
A partire dal 1999 – secondo il Piano nazionale di sorveglianza per l’influenza aviaria – 2016 dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie -, il settore avicolo nazionale è stato interessato da diversi episodi di influenza aviaria sia ad alta sia a bassa patogenicità che hanno provocato notevoli danni economici al comparto avicolo industriale. Le epidemie si sono concentrate in particolare a livello delle aree densamente popolate che sono inoltre caratterizzate dalla presenza di zone umide in corrispondenza di rotte migratorie e siti di svernamento degli uccelli selvatici. L’analisi della situazione epidemiologica e dei fattori di rischio presenti in queste aree sono alla base della ridistribuzione della numerosità campionaria e della ridefinizione della frequenza del campionamento negli allevamenti avicoli a livello nazionale.
In particolare, è stata presa in considerazione la concentrazione e la tipologia delle aziende avicole in zone ad alta densità. A seguito dell’elaborazione dei dati di popolazione, presenti in Banca dati Nazionale, sono state predisposte mappe relative alla presenza di allevamenti distribuiti per provincia e mappe indicanti la consistenza delle specie considerate a maggior rischio sulla base dei dati epidemiologici delle precedenti epidemie di influenza aviaria in Italia (tacchini da carne, galline ovaiole, anatre e oche). Si può osservare come la maggiore numerosità di allevamenti è presente in una macroarea che comprende gran parte delle regioni Veneto e Lombardia (province di Verona, Vicenza, Padova, Brescia, Mantova, Cremona e Bergamo), nella quale è presente oltre il 70% delle produzioni avicole nazionali.
Prendendo in considerazione quale fattore di valutazione esclusivamente le specie che risultano a maggior rischio di infezione e il numero di focolai di influenza aviaria in allevamenti industriali nel corso degli ultimi 5 anni, sono state identificate delle province ad alto rischio, in cui attuare un monitoraggio con frequenza elevata (appartenenti alle regioni: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto) e altre province a rischio medio da sottoporre a monitoraggio con frequenza meno elevata (regioni: Lazio e Umbria).
L’attività di monitoraggio, in atto a livello nazionale, ha permesso l’identificazione di positività a ceppi di influenza aviaria del sottotipo H7N3 a bassa patogenicità nel 2007 e nel 2009-2010. Tali epidemie hanno coinvolto prevalentemente il settore rurale (svezzatori e commercianti). Per prevenire la diffusione della malattia a livello nazionale, è stata definita una strategia basata sulla classificazione delle aziende su diversi livelli di rischio (Decreto Ministeriale 25 giugno 2010). Tali misure hanno previsto l’implementazione di più stringenti norme di biosicurezza e una maggiore regolamentazione delle movimentazioni. In base alla procedura definita, gli svezzatori per poter commercializzare a livello nazionale devono essere accreditati e garantire il rispetto di elevati requisiti strutturali, manageriali e sanitari. Sulla base della situazione di rischio e della persistente circolazione di virus influenzali a bassa patogenicità nel settore rurale e ornamentale, risulta indispensabile ricomprendere tali categorie nell’ambito del piano di sorveglianza.
I controlli verranno effettuati con modalità e cadenze differenti in relazione alle specie allevate e alle caratteristiche dei flussi commerciali.
Breve descrizione della popolazione avicola e della produzione avicola
A livello nazionale, le imprese avicole appartenenti al settore industriale sono organizzate per il 90% in un sistema a “integrazione verticale” dove le aziende integranti sono proprietarie degli allevamenti di selezione, riproduzione e incubazione delle uova, dei mangimifici e degli animali che vengono accasati o in allevamenti di proprietà o di altri allevatori.
Inoltre le imprese soccidanti, per garantirsi un maggiore controllo del mercato, gestiscono anche le fasi della produzione secondaria: macellazione, trasformazione delle carni e delle uova da consumo e commercializzazione all’ingrosso. Di conseguenza, il sistema produttivo avicolo italiano, come in altri Paesi europei, è fortemente condizionato da pochissime aziende integranti (in particolare due grossi gruppi produttivi) che forniscono animali, mangimi, tecnologia e supporto tecnico-veterinario a un elevato numero di allevatori integrati che sono i proprietari delle strutture aziendali.
Dal punto di vista geografico lo sviluppo del settore avicolo è condizionato dalle caratteristiche morfologiche orografiche e climatiche del territorio (clima mite con minime variazioni di temperatura risultano più favorevoli per l’allevamento intensivo). Inoltre la struttura produttiva integrata richiede infrastrutture (grossi assi stradali e ferroviari) con elevato standard funzionale per garantire gli indispensabili collegamenti con tutti i centri di produzione, fornitura e distribuzione (approvvigionamento di mangime e animali e distribuzione dei prodotti).
Questi fattori hanno portato a una maggior concentrazione degli allevamenti avicoli in alcune regioni più che in altre, maggiormente al nord rispetto al sud.
Le Regioni più interessate dall’allevamento avicolo sono la Lombardia, il Veneto, l’Emilia-Romagna e il Piemonte.
Per quanto riguarda le specie allevate, la distribuzione territoriale è caratterizzata da una maggiore concentrazione di allevamenti di tacchini nella Regione Veneto (in particolare la provincia di Verona) mentre gli allevamenti di galline ovaiole per la produzione di uova da consumo risultano più concentrati nelle regioni Emilia-Romagna e Lombardia.
Sotto l’aspetto sanitario gli allevamenti sono caratterizzati, a seconda delle specie allevate, da cicli unici “all-in all-out” (riproduttori, broiler e tacchini da carne) o da cicli continui con vuoti biologici per unità produttiva (galline ovaiole per la produzione di uova da consumo, faraone, capponi, etc.).
La norma nazionale in vigore (O.M. 26 agosto 2005 e successive modifiche e integrazioni) prevede regole specifiche in merito ai requisiti gestionali e strutturali in materia di biosicurezza che definiscono anche le modalità di accasamento e le tempistiche relative ai vuoti sanitari e biologici.
Produzione di carne
Dagli anni ‘90 l’attenzione è stata rivolta a tutti gli aspetti correlati con il benessere, la salute degli animali e la qualità delle produzioni. Il binomio igiene-qualità, peraltro più o meno intimamente connesso con la classificazione merceologica delle carni, ha dunque assunto una importanza preponderante, non solo per il notevole interesse scientifico-applicativo, ma anche per la maggiore attenzione rivolta, specie in questi ultimi anni, dalla Commissione della Comunità Europea alla tutela del benessere degli animali e alla salute del consumatore.
Per il pollo da carne si è preferito l’allevamento a terra, su 7-10 cm di lettiera permanente, con l’applicazione del “tutto pieno – tutto vuoto” e un intervallo sanitario di 7-14 giorni fra un ciclo e l’altro (da 4 fino a 7-8 cicli l’anno), per le pulizie e la disinfezione.
La densità non deve superare i 33 Kg di peso vivo/mq al carico per la macellazione (da 9-10 a 15-18 capi/mq, secondo l’età di macellazione, il ceppo, il sesso, il sistema di ventilazione del pollaio, la stagione). Infine non va dimenticato che la gestione oculata degli animali e la cura, in termini ragionevoli, del loro benessere hanno contribuito a ridurre gli stress legati all’allevamento intensivo.
Produzione di uova
Gli allevamenti avicoli per la produzione di uova possono essere di varia tipologia:
• allevamento all’aperto, le galline per alcune ore del giorno possono razzolare in un ambiente esterno; le loro uova sono deposte nei nidi oppure deposte sul terreno e raccolte in seguito dall’allevatore;
• allevamento a terra, le galline ovaiole si muovono liberamente, ma in un ambiente chiuso, solitamente un capannone. Anche in questo caso le uova sono deposte nei nidi oppure vengono raccolte dagli allevatori sulla lettiera dove sono state deposte;
• allevamento in gabbia (o batteria), le galline si trovano in ambienti confinati, dove depositano le uova su un nastro trasportatore che le porta direttamente al confezionamento;
• allevamento biologico, si differenzia da quelli sopra riportati solo per il luogo in cui sono allevate le galline ovaiole. Obbedisce alle regole stabilite per tale tipologia di produzione e gli animali razzolano all’aperto per alcune ore al giorno.
In Italia, le uova da consumo prodotte nel 2015 sono state 12 miliardi e 816 milioni (+2,2 %). Per soddisfare la richiesta interna è stato comunque necessario ricorrere alle importazioni, che però sono diminuite di circa il 3% rispetto al 2014 (dati Istat). Considerando il saldo tra import ed export, sul territorio italiano sono rimasti 694 milioni di uova importate, vale a dire il 47,7% in meno rispetto al 2014.
I problemi igienici negli allevamenti
Nell’allevamento intensivo sono numerosi i fattori che condizionano direttamente la salute degli animali e ne compromettono di conseguenza la produttività. Tra questi le condizioni igienico-sanitarie dell’allevamento stesso; queste fanno parte di un piano più ampio di controllo, la cui attuazione rappresenta il presupposto per il mantenimento di un livello elevato di salute degli animali e, di conseguenza, anche della salubrità dei prodotti alimentari da loro ottenuti. L’allevatore agisce sull’ambiente dove vivono gli animali, deve cercare di impedire l’ingresso dei microrganismi nell’allevamento e se presenti, alla loro diffusione mediante l’eliminazione; lo scopo è in ogni caso di ridurre la carica microbica ambientale, eliminando al massimo il rischio di contatto per gli animali con gli agenti patogeni.
Occorre quindi provvedere a tutte quelle operazioni di pulizia e disinfezione che si applicano per il risanamento delle strutture ed attrezzature presenti negli allevamenti, compresi gli spazi esterni.
Tali misure possono essere applicate anche in presenza di animali; in questo caso non si tratta di procedure radicali e per questo non permettono di ottenere un risultato assoluto, obiettivo questo della disinfezione in assenza di animali.
In questi casi può essere ben utilizzato un sanificante a bassa tossicità a base di polibiguanide, a una concentrazione dello 0,5%.
Detersione dei capannoni
A fine ciclo, quando non c’è più la presenza di animali, si svuota il ricovero di tutte le strutture e attrezzature che si possono spostare e si procede al trattamento della lettiera con antiparassitari e sostanze ad azione disinfettante, in modo tale da poter essere asportata senza il pericolo della diffusione degli agenti patogeni nell’ambiente esterno.
A questo punto si procede a una detersanificazione con detergenti a schiuma a base clorattiva: il prodotto viene applicato con una particolare lancia schiumogena utilizzando idropulitrici ad alta pressione.
Si lascia agire il detersanificante per 15 minuti circa in modo tale da poter penetrare nello sporco e di ammorbidirlo, successivamente si procede al risciacquo ad alta pressione (100-150 bar) in modo da eliminare facilmente tutte le incrostazioni di materiale organico, substrato indispensabile alla sopravvivenza e alla persistenza dei microrganismi patogeni nell’ambiente.
Particolare attenzione dovrà essere data ai soffitti dei capannoni e alle superfici verticali e alle vetrate dove lo sporco si annida ed è più difficilmente eliminabile di quello presente sui pavimenti.
Detersione degli abbeveratoi
Queste attrezzature sono normalmente incrostate di calcare, molte volte frammisto a sostanza organica, si opera quindi con detergenti sanificanti a base di acidi forti (quali l’acido cloridrico), che inglobano sostanze tensioattive cationiche a base di poliquaternari d’ammonio. Si procede per immersione e successivo risciacquo con idropulitrici.
Sanificazione
I batteri e i virus possono sopravvivere per alcuni mesi se protetti dal materiale organico, mentre le spore di alcuni batteri possono mantenersi all’infinito nel suolo o nelle anfrattuosità degli edifici. Gli stessi coccidi possono sopravvivere per anni negli allevamenti. Con la sanificazione si vuole distruggere i microrganismi patogeni, la maggior parte dei quali non sopravvive a lungo fuori dell’organismo animale, ma spesso anche se breve, il tempo è sufficiente per causare infezioni.
Dopo quindi l’operazione di detergenza, si procede a una disinfezione con prodotti chimici. I prodotti più usati, oggi, negli allevamenti avicoli sono:
• a base di cloro attivo (ipoclorito di sodio stabilizzato, fosfati clorurati;
• a base di acido peracetico e acqua ossigenata, fortemente ossidanti;
• a base di polibiguanide (bassa tossicità);
• a base di aldeide digluatarica e poliquaternari d’ammonio;
• a base di fenoli, questi prodotti erano una volta molto utilizzati ma ora sono in forte diminuzione d’uso.
Poco utilizzati l’acido formico e la formaldeide, quest’ultima in quanto sospetta di cancerogenicità.
Disinfestazione
Comprende l’insieme delle misure destinate a controllare gli agenti di parassitosi, endoparassiti ed ectoparassiti, con trattamenti a base di sostanze antiparassitarie ad azione insetticida, acaricida, vermifuga, antiprotozoaria ed antimicotica. Di particolare importanza è la lotta contro le mosche e altri insetti che possono trasmettere agenti patogeni di malattie infettive.
Gli edifici devono essere tenuti in buono stato di manutenzione, in modo da prevenire l’accesso agli animali ed eliminare i potenziali luoghi di riproduzione e in particolare:
• le porte verso l’esterno devono essere a tenuta e possibilmente a chiusura automatica; nel caso non fosse possibile, è bene apporre chiare indicazioni sull’obbligo di mantenere le porte chiuse;
• le finestre apribili verso l’esterno devono essere munite di una rete protettiva, rimuovibile e lavabile;
• le aperture esterne di condotte e tubazioni devono essere protette per impedire l’ingresso di animali infestanti;
• all’interno dello stabilimento devono essere eliminate tutte le possibili sedi di rifugio degli animali, quali crepe e buchi sui muri e sui pavimenti;
• evitare che sostanze organiche (materie prime o rifiuti) siano abbandonati senza protezione;
È necessario sia messo a punto un programma di intervento programmato: il monitoraggio e la disinfestazione è bene siano fatte da una ditta esterna specializzata (iscritta all’apposito registro previsto dalla normativa vigente).
Derattizzazione
La lotta sistematica ai roditori, in particolare topi e ratti, deve essere compresa in un piano di profilassi diretta in modo da ottenere la loro eliminazione, se non totale, almeno portata a livello elevato, per evitare:
• fatti di panico tra gli animali;
• consumo di mangime;
• introduzione negli allevamenti di malattie come la salmonellosi, la leptospirosi, ecc…
Fattori di prevenzione
Per prevenire l’infestazione di ratti e topi, è necessario porre in atto tutte le misure atte a evitarne l’ingresso, la movimentazione, l’insediamento e la proliferazione all’interno dei locali dell’allevamento.
Il controllo dei roditori, topi e ratti, è possibile effettuarlo:
• adottando norme generali di prevenzione che consistono nell’applicazione di mezzi per impedire l’accesso e la moltiplicazione, installando griglie e reti a maglie strette ai chiusini di scolo, agli apparati di ventilazione; in ogni caso prestare attenzione di chiudere tutte le aperture chiudibili. Altra norma di prevenzione efficace è quella di concentrare in un’unica zona, lontana dal luogo di produzione, di tutti i contenitori di raccolta e stoccaggio dei rifiuti.
• con trattamenti a base di sostanze topo-ratticide.
Prevenzioni generali
È buona norma posizionare all’ingresso dell’allevamento delle vasche riempite con una soluzione disinfettante, in modo tale che gli automezzi passino nelle vasche e si attui una disinfezione delle ruote dei mezzi di trasporto. È un fattore importante soprattutto quando gli automezzi passano presso molti allevamenti e quindi potrebbero essere i portatori involontari di microrganismi patogeni. Altra norma importante è quella di dotare di calzari e camici i visitatori dell’allevamento, la cui presenza deve essere rigorosamente regolata da un protocollo disposto dal responsabile dell’allevamento.
Biosicurezza
Col termine biosicurezza si intende, letteralmente, la sicurezza da “cose vive”, ovvero la protezione degli allevamenti da agenti infettanti quali virus, batteri, funghi o parassiti. Qualunque sia la natura di una malattia, essa si diffonde nella maggior parte dei casi attraverso le medesime vie d’infezione. La finalità della biosicurezza negli allevamenti è quella di perseguire la sicurezza alimentare e prevenire l’introduzione e la diffusione di malattie infettive che possono essere pericolose per l’uomo.
Benessere degli animali
Le regole per il benessere delle ovaiole sono entrate in vigore il 1° gennaio 2012 con il recepimento tramite Decreto Legislativo n. 267 del 29 luglio 2003 della Direttiva europea 1999/74/CE.
L’adeguamento alle norme europee per il benessere animale ha toccato dapprima il settore delle ovaiole e successivamente quello dei polli da carne (Dir 2007/43/CE). La direttiva è stata recepita con il D. Lgs. n. 181 del 27 settembre 2010 e con le successive norme attuative contenute nel D. Lgs. del 4 febbraio 2013 dove risulta obbligatorio per gli allevatori di polli da carne possedere un patentino per poter continuare a mantenere l’allevamento.
Fermo restando quanto stabilito ai sensi del decreto legislativo 26 marzo 2001 n. 146 e successive modificazioni, si applicano le seguenti disposizioni:
Abbeveratoi. Gli abbeveratoi sono posizionati e sottoposti a manutenzione in modo da ridurre al minimo le perdite.
Alimentazione. Il mangime è disponibile in qualsiasi momento o soltanto ai pasti e non dev’essere ritirato prima di 12 ore dal momento previsto per la macellazione.
Lettiera. Tutti i polli hanno accesso in modo permanente a una lettiera asciutta e friabile in superficie.
Ventilazione e riscaldamento. Vi deve essere sufficiente ventilazione per evitare il surriscaldamento, se necessario in combinazione con i sistemi di riscaldamento per rimuovere l’umidità in eccesso.
Rumore. Il livello sonoro deve essere il più basso possibile. La costruzione, l’installazione, il funzionamento e la manutenzione dei ventilatori, dei dispositivi di alimentazione e di altre attrezzature sono tali da provocare la minore quantità possibile di rumore e che in ogni caso non arrechino danno agli animali.
Luce. Tutti gli edifici sono illuminati con un’intensità di almeno 20 lux durante le ore di luce, misurata a livello dell’occhio dell’animale e in grado di illuminare almeno l’80 % dell’area utilizzabile. Una riduzione temporanea del livello di luce può essere ammessa se ritenuta necessaria in seguito al parere di un veterinario.
Entro i sette giorni successivi al momento in cui i polli sono collocati nell’edificio e fino a tre giorni prima del momento previsto per la macellazione, la luce deve seguire un ritmo di 24 ore e comprendere periodi di oscurità di almeno 6 ore totali, con almeno un periodo ininterrotto di oscurità di almeno 4 ore, esclusi i periodi di attenuazione della luce.
Ispezioni. Tutti i polli presenti nello stabilimento devono essere ispezionati almeno due volte al giorno. Occorre prestare particolare attenzione ai segni che rivelano un abbassamento del livello di benessere e/o di salute degli animali.
I polli gravemente feriti o che mostrano segni evidenti di deterioramento della salute, come quelli con difficoltà nel camminare o che presentano ascite o malformazioni gravi, e che è probabile che soffrano, ricevono una terapia appropriata o sono abbattuti immediatamente. Un veterinario è contattato ogniqualvolta se ne presenti la necessità.
Pulizia. Ad ogni depopolamento definitivo, le parti degli edifici, delle attrezzature o degli utensili in contatto con i polli sono pulite e disinfettate accuratamente prima di introdurre nel capannone un nuovo gruppo di animali. Dopo il depopolamento definitivo di un capannone si deve rimuovere tutta la lettiera e predisporre una lettiera pulita.
Bibliografia
• D. Lgs. n. 181 del 27 settembre 2010 e con le successive norme attuative contenute nel D. Lgs. del 4 febbraio 2013.
• Decreto Legislativo n. 267 del 29 luglio 2003 della Direttiva europea 1999/74/CE
• Decreto Legislativo 29 luglio 2003, n. 267
• Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Ente sanitario di prevenzione, ricerca e servizi per la salute animale e la sicurezza alimentare
• www.izsvenezie.it/temi/malattie-patogeni/influenza-aviaria/situazione-epidemiologica-hpai/
• U.N.A. – Unione Nazionale dell’Avicoltura – statistiche produzione carne avicola e uova – Febbraio 2016.