Crediamo di conoscerle, ma il mondo delle vespe ci può riservare delle sorprese
Le vespe non ci piacciono anche se, a onor del vero, fra le loro prede vi sono molti insetti dannosi). La loro puntura è parecchio dolorosa quando non porta a situazioni ben peggiori come lo shock anafilattico. E’ anche vero che noi crediamo di conoscere questa famiglia di insetti, ma il mondo delle vespe ci può riservare delle sorprese. Fra queste c’è sicuramente quella per cui alcune specie appartenenti alle famiglie dei cimbicidi, tentrenidi, icneumonidi, eumenidi (noti come “vespe vasaie” degli sfecidi) e gli sfecidi (noti come “vespe scavatrici”) hanno assunto una livrea che ricorda quella delle vespe per incutere paura ai possibili predatori.
Come dire: “Stai attento che se cerchi di farmi del male io sono in grado di difendermi e ho anche un brutto carattere”. A proposito di brutto carattere forse la Vespa mandarinia è al primo posto per l’aggressività che dimostra nel difendere il proprio nido, originaria del Giappone si è diffusa negli Stati Uniti ed è segnalata anche sul territorio francese, ma la esamineremo in dettaglio più avanti anche perché sembra avere una peculiarità che merita di essere menzionata.
Prima però cerchiamo di mettere un poco d’ordine nei nostri ricordi di entomologia applicata al mondo della disinfestazione.
Vespoidea (superfamiglia) – Vespidae (famiglia)
I vespidi (adulti) hanno occhi profondamente emarginati a forma di mezzaluna e in riposo ripiegano le quattro ali in senso longitudinale. Sapere queste cose non ci pone nella casta degli entomologi, ma ce ne fa capire la complessità perché bisognerebbe aggiungere che per la classificazione bisogna anche guardare il pronoto che si estende all’indietro fino a giungere alle tegule (vedi disegno).
A differenza delle api e dei bombi (anch’essi appartengono alla superfamiglia degli Apoidea) che nutrono le larve con nettare e polline i Vespidi nutrono la loro prole con carne (larve di altri insetti, pezzettini di animali morti, pesci compresi, e via dicendo).
Al di là dell’apparato boccale masticatore delle vespe che impedisce o limita molto la loro capacità di nutrirsi di liquidi zuccherini è da rimarcare che la loro colorazione deriva da placche o scleriti del corpo e che non hanno peli (come nelle api).
In Europa le vespe solitarie (genere Eumenes e Odynerus) non hanno la casta delle operaie; quindi vi sono solo maschi e femmine (quest’ultime costruiscono un nido per la prole).
Vespe solitarie
I genitori non vedono mai la loro prole.
Eumenes pedunculatus
Costruisce un nido a forma di fiasco di sabbia e saliva che appende ai rami delle piante in cui mette dei bruchi paralizzati dal veleno del suo pungiglione, vi depone poi un solo uovo sospeso alla sommità da cui schiuderà la larva che li divorerà. Terminato di sigillare un nido volerà via per realizzarne un altro
Odynerus spinipes Vespa muratrice
Sostanzialmente non differiscono dalla specie sopra menzionata tranne che i nidi sono costruiti nelle cavità dei muri. Il nido è inoltre costituito da tre o quattro cellette.
Vespe sociali (sottofamiglia Vespinae)
Queste vespe vivono in colonie, hanno la casta delle operaie; i maschi e le regine sono più grandi e i maschi sono caratterizzati da antenne più lunghe.
Le colonie in genere durano un anno e solo le femmine fecondate riescono a svernare ibernandosi in luoghi riparati. In primavera cercano nuovi siti di nidificazione. In genere non si assiste al fenomeno della sciamatura come accade invece per le api. Le vespe sociali non immagazzinano scorte alimentari nei loro nidi. Le larve sono accudite e nutrite dalle operaie.
Le vespe non avendo le ghiandole che producono la cera costruiscono i loro nidi impastando la polpa del legno triturata con le forti mandibole e con la saliva attraverso un processo molto simile a quello da noi utilizzato per la produzione della carta dalla cellulosa.
Il nido (favo) è realizzato da una piccola struttura a forma di ombrello su cui vengono realizzate delle cellette dove la regina depone l’uovo da cui schiuderanno le larve che le operaie nutriranno con insetti, detriti di carne o pesce ridotti in poltiglia. L’entrata del favo è sul fondo.
Sono stati ritrovati nidi contenenti fino a 20.000 individui.
Le vespe cercano di arricchire la dieta proteica con visite saltuarie su fiori. Le larve sono talmente supernutrite che rigurgitano a favore delle forme alate (questo fenomeno è allo studio della comunità scientifica perché tale secreto sembrerebbe utilizzabile come integratore alimentare nelle nostre diete dimagranti in particolare nella V. mandarinia).
Alla fine della bella stagione le operaie “allevano” le forme sessuate che giunte a maturità si involano, si fecondano e a loro sarà demandata la realizzazione delle nuove colonie.
Così nel tardo dell’estate le operaie si trovano disoccupate ed è in tale periodo che diventano golose di sostanze zuccherine e in particolare di frutta matura. Ai primi freddi però il loro destino si compie.
Vespula vulgaris Vespa comune
Costruiscono il loro nido sotto terra (anche nei nidi abbandonati di topi campagnoli)
Vespula germanica
Costruiscono il loro nido sotto terra (anche nei nidi abbandonati di topi campagnoli)
Vespula rufa
Costruiscono il loro nido sotto terra (anche nei nidi abbandonati di topi campagnoli)
Vespula silvestris
Appendono i loro nidi ai rami degli alberi e dei cespugli
Vespula norvegica
Appendono i loro nidi ai rami degli alberi e dei cespugli
Vespula austriaca
Questa specie di fatto non dovrebbe essere annoverata fra le v. sociali non avendo la casta delle operaie. Si tratta in effetti di un parassita sociale.
La femmina fecondata depone le uova nel nido sotterraneo della V. rufa le cui operaie le accudiranno.
Vespa cabro Calabrone
Di preferenza nidifica nelle cavità degli alberi (sia vivi che morti)
Polistes gallicus
Costruisce piccoli nidi con un centinaio di cellette
Vespula media
Vespa dalla livrea tendente al nero o al marrone molto scuro. È di notevoli dimensioni senza arrivare al calabrone
http://www.eakringbirds.com/eakringbirds2/insectswasps.htm, un sito interessante da visitare per farsi un’idea sulla classificazione delle vespe.
L’elencazione della varie specie non è completa e probabilmente alcune potrebbero trovare la loro descrizione con altri nomi. Il nostro obiettivo non è quello di entrare nei dettagli ma quello di indicare che anche una sola famiglia di insetti (o superfamiglia per taluni esperti) racchiude un numero di specie non di poco conto e presuppone una notevole attenzione agli aspetti morfologici e bio-etologici.
Concludo l’esposizione descrivendo due specie note da tempo, ma assurte a una sorta di allarme rosso in questi ultimi anni la Vespa velutina (che gli apicultori per loro sfortuna ormai conoscono bene) e la già citata V. mandarinia che dalle colline giapponesi è sbarcata negli USA per arrivare in Francia.
Il diffondersi di conferme e smentite relative a segnalazioni della “mandarinia” in Italia e in Francia (anche se per il territorio francese c’è l’avvallo del prestigioso National Geographic) le poche notizie che riporto devono essere trattate con le pinze, da entomologo naturalmente.
La Vespa velutina (studiata e “pubblicata” fin dagli inizi del secolo scorso) assomiglia abbastanza per dimensioni alla V. cabro, se ne differenzia per una livrea più scura e perché non ha mai tonalità che volgono al rosso che quasi sempre si riscontrano nei nostri calabroni. La velutina è originaria del sud est asiatico e dato che può arrivare a 5 cm di lunghezza a volte è confusa con l’assai più pericolosa mandarinia. Una sottospecie di minor dimensioni la V. v. nigrithorax è ormai segnalata nella penisola iberica, nel meridione della Francia e in alcune regioni italiane (Liguria, Piemonte e Marche) dove sta creando problemi agli alveari in quanto le nostre api non sembrano saper contrastare gli attacchi di questi voraci predatori contrariamente alle api del sud est asiatico che sembrano avere strategie di difesa assai efficaci.
Sulla pericolosità “sanitaria” delle punture della V. velutina per gli esseri umani gli esperti affermano che è paragonabile a quella delle vespe nostrane, ma bisogna tener conto della maggior aggressività che queste vespe d’importazione hanno nel difendere i loro nidi che collocano fra gli arbusti e nel terreno. Molto interessante è una strategia che l’Università di Torino sta mettendo a punto. Si tratta di catturare un esemplare di queste vespe applicandogli delicatamente una micro antenna che consenta di seguirne il volo arrivando così al nido per poterlo eliminare. Chissà in futuro i disinfestatori dovranno diventare micro-chirurghi e munirsi di radiogoniometri.
Un discorso più allarmante riguarda il super calabrone gigante asiatico (V. mandarinia) le cui dimensioni possono arrivare a 5,5 cm di lunghezza e a superare i 7 – 7,5 cm di apertura alare. Non entro nella morfologia di questa superfortezza volante per non indurre a false identificazioni. Se però trovate vespe molto grandi morte (perché quelle vive, nel caso fossero mandarinie, sarebbero da evitare dandosela a gambe levate) con le zampe anteriori arancioni, il torace dorato e le ali grigio-marroni raccoglietele in un contenitore di sicurezza e inviatela a entomologi esperti. Con la descrizione del luogo di ritrovamento e possibilmente con delle fotografie.
Il ciclo vitale è assai simile a quello delle nostre vespe sociali ma sembra accertato che a fine stagione vi sia un aumento di regine per cui l’anno successivo l’infestazione si diffonde in modo quasi esponenziale. In un documentario del National Geographic è riportato che gli studiosi di questa specie hanno notato che gli adulti sopravvissuti alla distruzione dei nidi (per inciso sono scavati nella terra, hanno forma circolare e possono arrivare a sfiorare il metro di diametro) morivano di fame. Essendo dei formidabili cacciatori forniti di robuste mandibole non se ne spiegavano la ragione. Il mistero è stato risolto quando si è capito che era per loro indispensabile nutrirsi di una sorta di rigurgito zuccherino prodotto dalle larve.
In Giappone e in alcuni stati del Nord-America sono stati segnalati casi mortali conseguenti alle loro punture. Non c’è da stupirsene se si tiene conto che il loro pungiglione può superare il mezzo centimetro di lunghezza e che, essendo privo di barbiglio consente all’insetto di infliggere più punture. Il veleno iniettato è un mix di sostanze alcune delle quali in grado di sciogliere i tessuti muscolari lasciando cicatrici indelebili. La puntura provoca un dolore che chi l’ha provato descrive come “un chiodo rovente conficcato nella carne”.
Altra nota dolente è l’istinto di queste vespe di difendere il loro nido (invisibile in quanto sotterraneo) per cui attaccano chiunque vi si avvicini nel giro di 10 metri. Per buona misura il “veleno” che iniettano nei tessuti del malcapitato contiene un richiamo ormonale che attrae le altre vespe inducendole ad una sorta di frenesia guerriera.
Per non chiudere troppo drammaticamente questa descrizione si può segnalare che le larve della V. mandarinia sono considerate una leccornia della cucina giapponese (servite fritte) e che il secreto delle larve è stato attentamente studiato e costituisce un componente particolarmente efficacie come integratore alimentare. Sembra accertato che il suo consumo aumenti notevolmente la resistenza psico-fisica alla fatica. Mi sentirei di consigliarlo per aumentare la velocità di fuga nel caso ci si debba allontanare da ronzii sospetti.