Igiene Alimentare

Botulismo alimentare: le cause e come prevenirlo

Un rischio alimentare subdolo e silenzioso ma che per la sua letalità fa paura. La prevenzione del botulismo alimentare resta il modo migliore per tutelare la salute del consumatore

Il botulismo alimentare è una delle forme cliniche imputabili al batterio Clostridium botulinum che, a seguito della contaminazione degli alimenti, è in grado di contaminare l’uomo e dare luogo a una patologia severa che può avere anche epiloghi nefasti.

 

Il batterio

Il batterio Clostridium botulinum appartiene al genere Clostridium insieme a numerose altre specie, tra queste però sono quattro quelle che rivestono particolare interesse per la salute dell’uomo: Clostridium tetani, Clostridium perfringens, Clostridium difficile e, appunto, Clostridium botulinum.

Questo è un batterio Gram-positivo, anaerobio obbligato e in grado di produrre spore altamente resistenti, infatti, qualora il microrganismo si trovi in condizioni ambientali sfavorevoli può sopravvivere in questa forma anche per lunghi periodi o almeno fino a quando non incontra nuovamente le condizioni adatte per la crescita. In quanto anaerobi obbligati, questi batteri per crescere e proliferare devono trovarsi in assenza di ossigeno atmosferico. Sono genericamente organismi diffusi nel suolo, nelle acque, nella vegetazione (compresi vegetali coltivati) e nel tratto intestinale di uomo e animali. Durante la fase di crescita e proliferazione il batterio è in grado di produrre e rilasciare nell’ambiente un gran numero di composti ed enzimi, tra questi ce ne sono alcuni che sono dotati di altissima tossicità per gli altri organismi e quindi anche per l’uomo. C. botulinum infatti è in grado di generare una potentissima esotossina che è la reale protagonista della forma patologica che può colpire l’uomo. Il botulismo alimentare infatti si classifica come una intossicazione piuttosto che una infezione vera e proprio. La modalità di trasmissione più frequente è quella che coinvolge l’ingestione di alimenti contaminati da C. botulinum e dalla sua letale tossina, anche se non è l’unica forma clinica riscontrata nell’uomo. La pericolosità di questa tossina è legata al fatto che è una esotossina neurotropa, in grado cioè di agire sul sistema nervoso.

L’arma

Clostridium botulinum può produrre fino a 8 diverse tossine, che vengono identificate con le lettere dell’alfabeto. Le tossine A, B, E, F ed H sono quelle maggiormente coinvolte nelle intossicazioni umane. Ne bastano pochi nanogrammi, una dose piccolissima, per causare la malattia. Queste tossine sono delle proteine termolabili e quindi inattivabili dalle alte temperature (100 °C per 10 minuti) ma resistenti agli enzimi proteolitici del tratto grastro-intestinale. Questo significa che successivamente alla loro ingestione le tossine restano inalterate e vengono assorbite a livello intestinale, diffondendo poi per via ematica e andando ad agire a livello delle terminazioni del sistema nervoso periferico impedendo la trasmissione dell’impulso e determinando una forma di paralisi definita “flaccida”.

La malattia

C. botulinum è stato descritto per la prima volta nel 1897 da Emile van Ermengem, dopo un’epidemia di infezione alimentare in Belgio. Inizialmente la descrizione del patogeno e della malattia provocata fu associata al consumo di salsicce preparate in casa ed è per questo che prende il nome dal termine latino “botulus” cioè “salsiccia”. Ad oggi però sappiamo che C. botulinum si trova ben più frequentemente in preparati di origine vegetale sotto forma di conserve, che non in prodotti derivati da animali. Successivamente all’ingestione di alimenti contaminati dalla tossina, la malattia può evolvere in diversi quadri patologici: la manifestazione più lieve prevede una forma subclinica, mentre la manifestazione più aggressiva possono portare alla morte nel giro di 24 ore. La gravità della malattia dipende dalla quantità di tossina ingerita ed inoltre è discriminante anche il tipo di tossina, in quanto quella di tipo A sembra dare luogo alle forme più gravi. I sintomi solitamente si manifestano molto rapidamente, da poche ore a pochi giorni dall’ingestione della tossina (6 ore/15 giorni), anche se la comparsa dei primimissimi sintomi è abbastanza precoce (tra le 12 e le 36 ore). I sintomi iniziali includono nausea, vomito, crampi addominali o diarrea ed è per questo che spesso non viene individuata subito ma confusa con altre patologie a carico dell’apparato digerente. In seguito, però, si manifestano i sintomi neurologici, con diplopia (visione doppia), rallentamento e difficoltà di espressione, fatica nell’ingerire, secchezza della bocca, debolezza muscolare che dalla parte superiore del corpo, spalle e braccia, passa agli arti inferiori, con paralisi successiva (paralisi flaccida discendente), con possibile interessamento dei muscoli che controllano la deglutizione e la respirazione fino a coinvolgere tutto l’apparato muscolare. Per quanto riguarda il trattamento d’urgenza della patologia si rende inefficaci qualsiasi tipo di antibiotico in quanto il danno reale è generato dalla tossina e non dal batterio, per questo bisogna agire con tutti i mezzi a disposizione per rimuovere la tossina dal paziente. Oltre alla terapia sintomatica e di supporto delle funzioni vitali, quindi, il trattamento specifico nell’intossicazione da botulismo di origine alimentare consiste nella somministrazione dell’antitossina.

La trasmissione

L’uomo entra in contatto con il batterio accidentalmente attraverso l’ingestione di alimenti contaminati dal batterio che, trovando le condizioni favorevoli allo sviluppo, prolifera e produce la neurotossina. Si tratta perciò di un vero e proprio avvelenamento causato dalle tossine presenti nell’alimento ingerito. Affinché C. botulinum possa moltiplicarsi, però, devono verificarsi determinate condizioni, tra cui l’ambiente privo di ossigeno atmosferico, un pH neutro e una temperatura ambientale superiore ai 20°C. Gli alimenti che possono fornire terreno fertile per la crescita del batterio perciò sono principalmente quelli in cui le concentrazioni di ossigeno sono ridotte al minimo, come ad esempio le conserve sottolio o in scatola. Una delle fonti più frequenti di avvelenamento infatti risultano essere le conserve casalinghe di verdura, soprattutto se poco acide. L’ambiente acido (pH <4,5), infatti, sembra inibire la produzione delle tossine. Nonostante le conserve vegetali siano le principali imputate bisogna comunque porre estrema attenzione anche nella preparazione ed utilizzo di altri prodotti come le conserve di carne e di pesce o alcuni prodotti lattiero caseari, in cui si possono ristabilire le condizioni che facilitano la crescita del batterio. La pericolosità di C. botulinum risiede anche nel fatto che l’eventuale contaminazione dell’alimento non sempre è individuabile da alterazioni delle caratteristiche organolettiche e quindi, nel caso non siano evidenti odori, sapori o colori alterati, è quasi impossibile individuare una contaminazione.

La prevenzione

GettyImages 109176187Soprattutto nella produzione di conserve domestiche si deve porre la massima attenzione alle norme igieniche e a quelle per la corretta preparazione e conservazione degli alimenti. Quello che si deve fare è evitare che sia presente il batterio e le sue spore nelle fasi di lavorazione, preparazione e conservazione degli alimenti e ancor prima nelle materie prime impiegate. Per questo si consiglia un accuratissimo lavaggio degli ortaggi con l’ausilio di abbondante acqua corrente. Successivamente si devono valutare adeguati trattamenti termici che devono, poi, essere condotti sugli alimenti più a rischio, in modo da inattivare la tossina e, se possibile, le spore. Le spore, però, in quanto forme di resistenza del batterio sono in grado di resistere fino a 5 – 8 ore alla temperatura di 100 °C ma vengono distrutte a 121° C dopo 180 secondi. Chiaramente temperature cosi elevate sono difficili da ottenere nella cucina di casa ed è per questo che nelle conserve casalinghe il rischio di una possibile germinazione non è mai abbattibile del tutto. Si può però sfruttare l’aggiunta di elevate concentrazioni di soluti come sale (nelle salamoie) o zucchero (nelle conserve di frutta e marmellate) e di un ambiente prevalentemente acido per diminuire la loro resistenza. La tossina botulinica, invece, viene distrutta alle alte temperature, quindi, la sterilizzazione dei cibi in vasetto e in scatola, tramite bollitura raggiungendo i 100°C per almeno 10 minuti, ne garantisce la disattivazione. Inoltre, anche in questo caso, l’acidità della conserva e il contenuto in sale o zucchero rappresentano due parametri fondamentali che contribuiscono a controllare lo sviluppo del batterio e di conseguenza riducendo la possibilità della produzione delle tossine. Tutte le preparazioni in cui non è possibile applicare tali indicazioni, sono preparazioni in cui non si può escludere del tutto il rischio di contaminazione e quindi non possono essere prodotte in modo sicuro a livello domestico. Infine, è importante non consumare conserve che presentino contenitori rigonfi in modo anomalo, questo infatti può denotare una contaminazione batterica che per fermentazione del substrato genera gas con conseguente rigonfiamento anomalo della confezione. L’attenzione riservata a questo tipo di intossicazione perciò è altissima, soprattutto perché le tossine botuliniche sono le sostanze più tossiche per l’uomo finora conosciute. La paura connessa poi si amplifica se si pensa che le tossine sono anche considerate una potenziale arma di bioterrorismo, in quanto i cibi possono venire deliberatamente contaminati. Ne bastano quantità bassissime per creare danni devastanti, basti pensare che un grammo di tossina pura può provocare la morte di 14.000 persone se assunta per ingestione, 1.250.000 persone per inalazione e 83.000.000 per iniezione. E’ anche per questo che la ricerca e la sorveglianza sul botulino sono considerate prioritarie, non solo nella sicurezza alimentare ma anche nei programmi di biosicurezza.

*Consulente per l’HACCP

*Federica Tavassi

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