Imballaggi che limitano la proliferazione batterica, etichette che avvisano sullo stato di conservazione degli alimenti e confezioni commestibili. Il packaging incontra la tecnologia
Il packaging alimentare è il processo con il quale viene applicata una protezione agli alimenti che permette ai prodotti di non essere influenzati dall’ambiente esterno e, quindi, mantenere molte delle proprietà del prodotto fresco. L’imballaggio ha una funzione primaria di vero e proprio contenimento del cibo.
Nello svolgere questa funzione, deve avere anche una resistenza tale che gli impedisca di rompersi, almeno per tutta la durata del suo utilizzo, e deve pure costituire una barriera sufficiente a impedire che si formino gas nocivi sia per il prodotto alimentare sia per i consumatori. Negli ultimi anni si è sviluppata la tendenza a conferire all’imballaggio un ruolo attivo nella conservazione del prodotto alimentare.
È il cosiddetto “active packaging”, tra le cui funzioni una delle più importanti è quella antimicrobica, che è in grado di limitare la proliferazione batterica causata dalla degradazione del prodotto alimentare e causa, a sua volta, dell’accelerazione della degradazione stessa.
Altre funzioni attive sono quelle di oxygen scavenging, quella cioè di catturare l’ossigeno che penetra dall’ambiente esterno, e ethylene scavenging, quella cioè di catturare l’etilene prodotto dalla degradazione della frutta. In pratica, o all’interno della confezione, sono stati inseriti degli assorbitori di ossigeno e/o di etilene: i primi consentono di prolungare la durata dell’alimento, evitando la crescita di batteri e muffe e limitando l’ossidazione. I secondi eliminano l’etilene che viene emesso naturalmente da ortaggi e frutta, e che causa la maturazione dei prodotti, ma anche il loro deterioramento. Eliminandolo quindi si prolunga la vita dei vegetali e della frutta e si riduce la perdita di vitamina durante il periodo di conservazione.
L’etichetta che ci avvisa
L’imballaggio può avere, e tende ad averlo sempre più, un ruolo comunicativo nei confronti del consumatore, in termini di qualità del cibo contenuto, corretta conservazione, eccetera. Si parla, in questo caso, di imballaggio intelligente. Rientra in questo ambito non solo l’etichetta che consente la tracciabilità degli alimenti, ma anche l’etichetta cromo-termica, che consente di capire immediatamente se un prodotto è stato esposto a sbalzi di temperatura che ne possono avere alterato le qualità.
È stata messa a punto dai ricercatori del Dipartimento di Scienza dei materiali dell’Università Milano-Bicocca insieme con i ricercatori dll’Imperial College. Si tratta di un pellicola di silice porosa sulla quale viene posto un pigmento appositamente studiato e programmato in modo da essere incolore a 4°C. Se la temperatura dell’alimento (che può essere uno yogurt, un formaggio, una confezione di latte, un succo di frutta eccetera) rimane stabile, anche l’etichetta resta invariata. Se, però, la temperatura sale a 9°C per 30 minuti, il pigmento assume una colorazione azzurrina; se, poi, la temperatura dovesse salire ancora per 3 o più ore, crescerebbero di pari passo le gradazioni del colore, sino a diventare blu scuro.
Le variazioni di colore sono irreversibili, cosicché produttori, rivenditori e consumatori possono sempre verificare la storia di ogni singola confezione. Altra “etichetta intelligente” è quella, realizzata da Insignia Technologies, che consente di conoscere da quanto tempo è stata aperta una confezione. Anche in questo caso l’etichetta cambia colore, grazie a una particolare pellicola di plastica, che si attiva alla presenza di anidride carbonica, cioè quando la confezione viene aperta. Il colore varia con il trascorrere dei giorni e il consumatore è in grado di sapere con esattezza fino a quando il prodotto è utilizzabile, evitando sia rischi per la sua salute, sia sprechi di cibo. (foto sul sito Insignia Technology)
Per non parlare dell’etichetta che cambia colore per indicare il grado di maturazione della frutta. Si tratta di ripeSense®, un sensore sviluppato in Nuova Zelanda da Jenkins Groupdotata, che reagisce alla quantità di etilene rilasciata in quantità crescente a mano a mano che la maturazione procede. Il sensore inizialmente è rosso e vira progressivamente all’arancio e al giallo.
Non ti butto, ma ti mangio
Sicurezza alimentare, ma non solo. Molte innovazioni, nel packaging, riguardano il design, la forma, la possibilità di risparmiare spazio all’interno del frigorifero ed evitare che l’imballaggio diventi rifiuto. La nuova frontiera è quella del packaging commestibile. David Edwards, professore di Harvard, dopo anni di ricerca, ha messo a punto WikiPearls, piccoli involucri sferici realizzati con una “pelle” commestibile, costituita da elementi naturali e nutrienti, producibili in numerose forme e in grado di mantenere tutte le sostanze nutrizionali dell’alimento contenuto. Sono disponibili per gelato, formaggio, yogurt, ma anche per frutta, verdure e bevande, e sono costituite da due parti: il “cuore”, ossia il cibo o la bevanda, e la “pelle”, il sottilissimo film che protegge l’alimento con il quale può essere ingerito.
Quando si dice una goccia d’acqua!
Tre studenti londinesi hanno pensato di sostituire le vecchie ed ecologicamente impattanti bottiglie d’acqua con delle piccole membrane che, una volta esaurito il liquido contenuto, possono essere a loro volta ingerite. Ohoo, così si chiama l’invenzione, è una “bottiglia” commestibile. Ha la forma di una bolla, realizzata, tramite cucina molecolare, con alghe brune e cloruro di calcio, ed è totalmente naturale e biodegradabile.
Le pellicole ora si mangiano
Italianissimo, invece Riccardo De Leo, dottorando all’Università di Modena e Reggio, premiato, nel 2015, a Uppsala in Svezia, nel corso del congresso internazionale organizzato dalla European federation of food science and technology, per la tesi di laurea in Scienze, tecnologie e biotecnologie agro-alimentari, in cui ipotizza la realizzazione di “domopack” biodegradabili e commestibili, ossia di una pellicola protettiva per gli alimenti, che inglobano anche sostanze antimicrobiche, funzionali sui principali patogeni ed alteranti alimentari, tra cui batteri, lieviti e muffe. Sempre in materia di pellicola alimentare, proviene dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, l’involucro derivato dalla proteine del latte, come la caseina, che oltre ad essere naturale e biodegradabile è anche perfettamente commestibile.
Viene reso resistente grazie alla pectina estratta dai limoni e garantisce una migliore conservazione dei cibi e un maggiore apporto di nutrienti. Sul mercato arriverà entro i prossimi tre anni. E chissà, da qui ad allora, quante altre rivoluzionarie proposte.