Igiene e Ambiente - Disinfestazione

Il tombino questo sconosciuto

Questa nota vuole essere il preludio a un lavoro sulla lotta anti larvale nei tombini (vedi articolo a pagina 180), e contemporaneamente dare una sintetica visione di un principio attivo nel mirino delle varie commissioni che lo stanno sottoponendo a una valutazione a tutto tondo

a cura di Graziano e Chiara Dessi

Scoperchiare un tombino ed esaminarlo con attenzione significa esplorare un micro biotopo che ci riserva notevoli sorprese.
In primo luogo mi colpisce la variabilità con cui si presenta all’ispezione in funzione dell’andamento climatico (piogge in primis) e della stagionalità (in autunno sembra che tutto il fogliame delle alberature vi si abbia dato convegno).
Ne deriva che la scelta le risorse tecniche utilizzate per la somministrazione del formulato larvicida può rappresentare un punto critico da non sottovalutare.
Un secondo aspetto è la formulazione in quanto tale. Infatti lo stesso principio attivo può dare risultati notevolmente differenti a seconda che si tratti di pastiglie (meglio se effervescenti), formulazioni liquide o erogatori temporizzati automatici.
Una terza variabile è il principio attivo che deve essere scelto in funzione della sicurezza, della persistenza e della sua efficacia in relazione al tipo di acqua (presenza di sostanza organica).
Ciò premesso non può essere trascurato l’aspetto organizzativo-economico in cui ci si trova ad operare che si riflette anche sull’intervallo fra un’applicazione e l’altra. Valga l’esempio di una città con 80.000 tombini in cui operino 8 tecnici operatori. Ognuno dei quali è ipotizzabile che riesca a trattare circa 400 tombini al giorno. Il che comporta 25 giorni lavorati, per un totale di 1600 ore più quelle di un coordinatore e senza contare gli imprevisti. Se l’operatore riuscisse a trattare 500 tombini al giorno la squadra sarebbe impegnata per 20 giorni e il montante ore scenderebbe a 1280. Il che sottolinea ancora una volta che il vero punto di eccellenza del nostro lavoro è nelle capacità organizzative.

I PRINCIPI ATTIVI
Un tempo si usavano gli esteri fosforici a bassa tossicità dallo Iodfenfos (larvo-adulticida introdotto dalla Ciba-Geigy nel 1960) al Temefos (larvicida introdotto dalla Cyanamid nel 1964 con il nome di Abate, che ebbe il suo momento di massimo splendore nei programmi di latta alle zanzare in Camargue, nota zona turistica della Francia meridionale).
Poi arrivarono i regolatori di crescita (IGR) insieme al Bacillus thuringiensis israeliensis (Bt H14, il primo cosiddetto insetticida biologico). In entrambi i casi le aspettative furono altissime, ma poi ci si scontrò con alcuni punti critici di tali risorse tecniche. Per gli IGR stanno emergendo aspetti tossicologici ed eco-tossicologici che come anticipato li fanno oggetto di revisione critica e per il Bt H14 la sua labilità in presenza di sostanza organica.
Prima di entrare nel merito del diflubenzuron è importante sottolineare che in commercio si trovano formulati a base di una miscela di Bacillus sphericus sierotipo H5A5B ceppo ABTS 1743 e Bacillus thuringiensis sub specie israeliensis, sierotipo H-14 ceppo AM 65-52 efficacie in presenza di acque inquinate con lunga azione residuale (fino 8 settimane) e sicuro per l’uomo e gli organismi acquatici.

DIFLUBENZURON
Principio attivo introdotto nel 1972 dall’allora Duphar e distribuito dalla Unitoyal Chemical Co. E dalla Cyanamid. La classificazione chimica lo pone nei derivati dell’urea (benzoilfeniluree). La classificazione funzionale lo definisce un insetticida inibitore della formazione della chitina (principale costituente dell’esoscheletro di tutti gli artropodi, insetti compresi.
– Nomi commerciali PMC = DIFLOX, DUDIM e FLUBEX
– In agricoltura il nome commerciale è DIMILIN.
La “farmacopea anti larvale” ovviamente non si esaurisce con quanto esposto ragion per cui facciamo un breve cenno al Pyriproxyfen (che troverete scritto anche piriproxifene). Principio attivo introdotto dalla Sumitomo Ch. Co. Nel 1989. Con il nome di Sumilarv. Agisce come regolatore di crescita impedendo la naturale metamorfosi degli insetti sia a livello di larve sia di pupe (in alcuni casi e in particolari condizioni).

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