Igiene Alimentare

Vino: dove, come e quando igienizzare

L’igienicità e la sicurezza dei prodotti vinicoli passano anche e innanzitutto dalle pratiche più semplici e basilari, non per questo scontate, di una corretta sanificazione dei locali e degli strumenti destinati a venire a contatto con gli alimenti. Vediamoli

Il vino Made in Italy conquista nel 2016 la leadership mondiale nella produzione con circa 50 milioni di ettolitri e aumenta del 3% il valore dell’export che raggiunge il massimo storico di sempre a 5,2 miliardi. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il vino è nel 2016 la prima voce dell’export agroalimentare nazionale. “Il primato produttivo davanti alla Francia nel 2016 è dovuto – sottolinea la Coldiretti – alla crescita in Veneto che si conferma la principale regione produttrice ma anche in Emilia-Romagna, Piemonte”, secondo l’Ismea.
“Si stima che la produzione Made in Italy 2016 è rappresentata per oltre il 40% – precisa la Coldiretti – dai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), per il 30% ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% a vini da tavola. Sorprendente – evidenzia Coldiretti – il successo del vino tricolore in casa degli altri principali produttori, con gli acquisti che crescono in Francia (+5%), Stati Uniti (+3%), Australia (+14%) e Spagna (+1%). E nel Paese transalpino, patria dello Champagne, lo spumante tricolore fa addirittura segnare un incremento in doppia cifra, pari al +57%.
Il settore del vino in Italia rappresenta un motore economico che genera quasi 10 miliardi di fatturato solo dalla vendita del vino e che da opportunità di lavoro nella filiera a 1,3 milioni di persone.

L’importanza dell’igiene nella qualità dei vini
Le aziende che operano nella trasformazione delle uve, conservazione, imbottigliamento e commercializzazione del vino, così come accade per le aziende che producono alimenti, sono soggette a quanto previsto dal Pacchetto Igiene, e in particolare a quanto indicato dal Regolamento CE n. 852/2004 inerente all’igiene dei prodotti alimentari. In Italia il sistema dell’HACCP è introdotto con il Decreto Legislativo n.155/1997, testo di attuazione delle Direttive 93/43 CEE e 96/3/CE concernenti l’igiene dei prodotti alimentari e delle bevande. Tra il 2002 e il 2004 però il Legislatore, con l’ottica di armonizzare e uniformare il quadro normativo di settore in tutti i Paesi membri, propone ed emana quello che diventerà il corpo di norme di riferimento per il settore alimentare. Inizia con il Regolamento CE 178/2002 e prosegue con il “Pacchetto Igiene” di cui fa parte, appunto, il Regolamento CE n. 852/2004. La Direttiva di riferimento in questo caso è la CE 41/2004, anche conosciuta come “direttiva killer” poiché va ad abrogare un gran numero di direttive precedenti, comprese la 93/43 CEE e la 96/3/CE. Questo si traduce, in Italia, con l’emanazione del Decreto Legislativo n. 193/2007, testo di attuazione della Direttiva CE 41/2004, che va a sostituire il precedente Decreto Legislativo n. 155/1997. Nonostante le aziende vitivinicole o vinicole siano strutturate in maniera specifica per il prodotto che producono, devono comunque essere allineate rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente sia da un punto di vista strutturale che procedurale, in modo da garantire l’igienicità e l’idoneità al consumo del prodotto finito.
Negli anni ‘60 la pastorizzazione del vino era legata al concetto di qualità poiché garantiva la genuinità del prodotto. Oggi la pastorizzazione rimane una tecnologia di produzione per i vini di grande consumo, mentre tende a scomparire per la produzione di vini fini, e a essere sostituita con filtrazioni sterili che garantiscono la sicurezza microbiologica mantenendo le caratteristiche organolettiche originali.
Le norme di una buona produzione si basano su un’igiene assoluta in tutte le fasi tecnologiche, quindi la pulizia è diventata una condizione elementare di qualità.
Il processo produttivo del vino, con particolare riferimento alla sua trasformazione dalle uve, alla conservazione, al condizionamento, all’imbottigliamento e alla sua vendita, non presenta rischi di particolare rilevo sotto il profilo igienico sanitario.
Il vino per la sua specifica composizione, grado alcolico e acidità, non rappresenta un substrato idoneo per lo sviluppo di microrganismi patogeni pericolosi per il consumatore. La mancanza di igiene nella produzione vitivinicola porta in ogni caso ad alterazioni del vino; riportiamo la tipologia dei microrganismi inquinanti e i loro effetti sulle caratteristiche dei vini:
• lieviti dotati di potere fermentativo, appartengono a questa categoria quelli ascrivibili al genere Saccharomyces. Possono provocare delle rifermentazioni quando le colonie superano le 1000-2000 cellule/mL. Molto pericoloso il Saccharomyces Ludwigii, in quanto molto resistente all’anidride solforosa;
• lieviti a metabolismo prevalentemente ossidativo, i più rappresentativi di questa categoria sono la Candida vini, il Pichia membranaefaciens e l’Hansenula anomala. Provocano la fioretta, aumenti di acidità volatile, perdita di alcol e un effetto di svanito;
• batteri, cocchi e bacilli. Distinguiamo i batteri acetici che ossidano l’etanolo e producono acido acetico e acetato di etile e i batteri lattici, i più presenti sono il Pediococcus, l’Oenococcus e il Lactobacillus. Attaccano gli zuccheri, l’acido malico, il citrico e talora il tartarico e producono prevalentemente acido lattico e acetico;
• attinomiceti (Streptomyces), si sviluppano sulle superfici delle botti di legno e possono conferire al vino un odore di muffito e di terroso;
• muffe, sono rappresentate da Penicillum, Mucor, Trichoderma, Moniliasitophila; normalmente non danno alterazioni ai vini. Soltanto quando si sviluppano sui tappi di sughero, provocano l’odore di tappo.
Le fonti d’inquinamento microbico in cantina sono essenzialmente queste:
• le materie prime: uve, mosti, vini;
• le attrezzature per la raccolta, il trasporto, la ricezione e la lavorazione delle uve;
• i locali;
• l’atmosfera;
• l’acqua di processo;
• i contenitori;
• le attrezzature per l’elaborazione del vino;
• le linee d’imbottigliamento
• le bottiglie, i tappi;
• il personale.
Le caratteristiche delle superfici di contenitori e attrezzature e la tipologia dei materiali utilizzati per la loro costruzione, rappresentano un’influenza determinante sull’igienicità della cantina.
Una superficie idealmente valida, dal punto di vista igienico e per poter essere efficacemente pulita, dovrebbe corrispondere ai seguenti requisiti:
• essere liscia, continua, senza fessure e screpolature;
• essere impermeabile o con una bassa ritenzione dell’acqua;
• avere una ritentività microbiologica molto bassa;
• essere resistente ai detergenti alcalini, acidi e ai solventi;
• non cedere metalli o altre sostanze quando viene a contatto con il mosto o il vino;
assorbire poco la luce e avere un colore chiaro;
• eventuali congiunzioni del materiale devono essere perfette e con le stesse caratteristiche della superficie.
Da punto di vista igienico ci sono dei materiali scarsamente idonei ad essere utilizzati: il cemento non trattato con resine epossidiche, il legno, le resine fenoliche, l’alluminio, il bronzo. I materiali ottimali sono invece rappresentati dall’acciaio inossidabile, dalle resine epossidiche, dai materiali plastici, dal vetro, dal grès antiacido e dai rivestimenti di ceramica antiacida.

Il processo produttivo
Per poter applicare la metodologia HACCP occorre mettere a punto un diagramma di flusso che rappresenti tutte le fasi produttive che avvengono in azienda. Riportiamo il diagramma di flusso di una tipologia di azienda vitivinicola.

Approvvigionamento
La produzione inizia con l’approvvigionamento delle materie prime che possono essere:
• uva;
• mosto, mosto parzialmente fermentato, mosto di uve parzialmente fermentate ottenuto con uve parzialmente appassite, mosto di uve fresche mutizzate con alcol, mosto di uve concentrate, mosto di uve concentrato e rettificato;
• succo d’uve, succo d’uve concentrato;
• vino, vino nuovo ancora in fermentazione, vino atto a diventare vino da tavola, vino da tavola, vino liquoroso, vino spumante, vino spumante gassificato, vino frizzante, vino frizzante gassificato, vino alcolizzato, vino aromatizzato;
• feccia di vino;
• vinaccia;
• vinello;
• materie prime diverse dal vino (vini aromatizzati e liquorosi).

Ci si deve approvvigionare inoltre di:
• additivi e coadiuvanti;
• gas tecnici;
• recipienti;
• dispositivi di chiusura;
• imballi;
• detergenti e disinfettanti.
I coadiuvanti pericolosi devono essere stoccati in locali separati da quelli della produzione; i gas tecnici vanno immagazzinati in locali idonei e per i detergenti e sanificanti occorrono siano depositati in locali separati da quelli della produzione.

I rifiuti di lavorazione
I rifiuti e i residui di lavorazione vanno messi in appositi contenitori che devono essere opportunamente identificati; detti contenitori devono essere posizionati il più lontano possibile dalle aree di lavorazione.

Analisi dei rischi igienici e delle loro cause
Occorre identificare i punti di rischio, ossia della fase, della procedura, dell’operazione, della materia prima, dell’attrezzatura/impianto o dove certe condizioni possono rendere concreta la presenza di rischi per la salute del consumatore.
E’ fondamentale a questo punto, capire per ogni pericolo individuato, quali possono essere le cause che potrebbero provocare la contaminazione del prodotto finito ed è necessario considerare sia l’origine della contaminazione sia la probabilità che il pericolo possa propagarsi lungo il resto del processo produttivo fino a ritrovarsi nell’alimento destinato al consumo.

Tali cause si dividono in due tipologie:
• cause che possono ritrovarsi ad ogni livello del ciclo produttivo e sono dovute al personale, alle strutture edilizie ed ai servizi, all’ambiente esterno;
• cause che possono presentarsi in punti specifici del processo e sono dovute alle materie prime e secondarie/accessorie (es. nel vino, negli additivi, coadiuvanti, bottiglie, tappi), agli impianti e macchinari e alle condizioni operative.

In base alle considerazioni del gruppo di lavoro delle associazioni di categoria dell’AEI, della FEDERVINI e dell’UNIONE ITALIANA VINI, è emerso che i rischi, nel settore vitivinicolo, con una gravità del rischio (GD) superiore a 3, sono:
– agenti chimici, additivi, metalli pesanti:
• anidride solforosa (GD = 3,0).
• piombo (GD = 3,75);
• residui di soluzione di soda caustica (GD = 3,0);
• Ocratossina A.
– agenti particellari:
• frammenti di insetti e animali (GD = 3,0);
• frammenti di vetro (GD = 4,0).

La detergenza nella pratica di cantina
Casse per il trasporto delle uve
S’impiegano detergenti a medio-alta alcalinità in soluzione all’1-2%. Si può eseguire l’operazione di pulizia impiegando idropulitrici ad alta pressione o lavacasse appositamente costruite.

Rimorchi e carri ribaltabili, aree di circolazione carri, stazioni di prelievo campioni
S’impiegano detergenti schiumogeni a medio-alta alcalinità al 5-7% con idrupulitrici ad alta pressione.

Linee di vinificazione
Per la loro pulizia sono ben utilizzati i detergenti a schiuma ad alcalinità medio-alta, in concentrazione al 5-10%, con l’utilizzo di idropulitrici ad alta pressione.

Pompe e tubazioni
Si opera con soluzione ad alta alcalinità al 2-5%, secondo lo sporco presente, mediante ricircolo.

Centrifughe
Occorre tenere sempre pulite le centrifughe, al fine di mantenere l’efficacia dell’apparecchiatura; s’impiegano detergenti ad alta alcalinità in soluzione al 3-5%.

Concentratori e desolfitatori di mosto
Le incrostazioni interne della sezione mosto sono rappresentate per la maggior parte da cremortaro; s’impiegano detartranti ad altissima alcalinità, mediante ricircolo, in grado di sciogliere le incrostazioni presenti: concentrazione di utilizzo 5-8%.
Per eliminare il calcare dalla sezione acqua, si utilizza un disincrostante acido tamponato al 2-5%.

Pulizia dei contenitori
I contenitori dell’industria enologica sono costruiti con diversi materiali:
• acciaio inossidabile, inattaccabile dai detergenti alcalini e da quelli acidi tamponati;
• cemento armato, inattaccabile dai detergenti alcalini;
• cemento armato rivestito con resine epossidiche, normalmente inattaccabili dai detergenti alcalini;
• acciaio, rivestito con resine fenoliche, sono le tine di spumantizzazione utilizzate fino a una decina d’anni fa; le resine fenoliche presentano il grave problema di essere attaccate dai detergenti alcalini.
Si possono utilizzare solo dei detergenti acidi a base di acido fosforico o sulfamico, purtroppo un prodotto acido ha un’efficacia limitata sullo sporco organico presente nei contenitori adibiti a contenere mosto o vino;
• legno, inattaccabile dai detergenti alcalini, presenta sempre una grande difficoltà di pulizia per la presenza di interstizi in cui lo sporco tende ad annidarsi.

Le operazioni di pulizia vengono normalmente eseguite con detergenti alcalini e, secondo la quantità di sporco da eliminare, si può distinguere tre tipologie diverse:
1. detartarizzazione, è un’operazione che diventa sempre più rara nell’enologia moderna; ormai le operazioni di lavaggio sono eseguite assai di frequente e quindi il cremortartaro non si accumula più come una volta quando la pulizia dei contenitori era saltuaria. S’impiegano detartranti ad alta alcalinità con soluzioni all’8-10%.
2. pulizia radicale, si esegue con detergenti a medio-alta alcalinità in soluzione al 2-3%;
3. detersione sanificante, è oggi quella più utilizzata. S’impiegano detersanificanti a base clorattiva in soluzione al 1-3%. Questa tipologia di intervento di pulizia permette di operare una buona detersione e nel contempo eseguire anche un’efficace sanificazione. I prodotti utilizzati presentano un contenuto di cloro attivo pari al 4-6%, pertanto se utilizzati all’1%, il quantitativo in cloro è intorno a 400-600 ppm. Anche se una parte del cloro attivo si combina con lo sporco, la parte residua è in grado di operare una buona sanificazione e, nel caso della pulizia di contenitori che hanno contenuto vino rosso, anche un’efficace decolorazione.
Anche se non molto utilizzata nell’industria enologica, si utilizza una tecnica con doppia operazione: la prima di detersione vera e propria con prodotti alcalini e successivamente una sanificazione che può essere eseguita con prodotti clorattivi o a base di polibiguanide o a base di acido peracetico e acqua ossigenata.

Impianti di refrigerazione
Per mantenere in efficienza questi impianti che tendono a incrostarsi con massicce presenze di tartaro, si utilizzano detergenti ad alta alcalinità, con soluzioni al 5-8%. Per eliminare il calcare dai compressori, s’impiega un disincrostante acido tamponato al 3-5%.

Impianti di filtrazione
Nell’industria enologica si ha la presenza di apparecchiature di filtrazione di diversa tipologia; l’operazione di detergenza varia secondo il tipo d’impianto.
• filtri ad alluvionaggio, s’impiegano detergenti a medio-alta alcalinità con soluzioni al 3-5%, riciclando la soluzione attraverso la vaschetta o il dosatore della filtrina;
• filtri a strati filtranti, prima di iniziare la filtrazione è sempre consigliabile eseguire un lavaggio preliminare degli strati già montati sul filtro, con acqua potabile, per 10-20 minuti, nel senso della filtrazione. In questo modo si eliminano dallo strato eventuali sostanze o odori estranei quali quello di carta. Per la sanificazione chimica degli strati filtranti montati sulle apparecchiature di filtrazione si procede nel modo seguente:
– preparare una soluzione in acqua di sanificante a base di acido peracetico, allo 0,5-1% (prodotto commerciale con titolo all’8-10% in acido peracetico), pari alla capacità dell’impianto che si vuole sanificare;
– riempire l’impianto con la soluzione sanificante;
– dopo 15 minuti svuotare l’impianto;
– risciacquare l’impianto di filtrazione con acqua utilizzando almeno 200 L/m2 di superficie filtrante;
• filtri sottovuoto rotativi, la pulizia delle tele (in acciaio inox o di nylon) può essere eseguita con una idropulitrice a pressione e detergente alcalini o riempiendo la vasca di acqua e detergente a medio-alta alcalinità (1-3%) o cloro-detergente alcalino: quest’ultimo è il metodo più utilizzato poiché il cloro riesce a disgregare molto bene le particelle intasanti. L’operazione si effettua mettendo in rotazione il tamburo del filtro;
• filtri feccia a piastre, questi tipi di filtri stanno scomparendo dal mercato e sono sostituiti con i filtri rotativi sottovuoto. Per la pulizia dei filtri feccia con piastre di alluminio occorre impiegare un detergente alcalino particolarmente passivato, a base di soda caustica e metasilicati; s’impiegano soluzione al 2-3%. Se le piastre sono di materiale plastico, si può impiegare i detergenti ad alta alcalinità, molto più efficaci. Le tele di questi filtri sono costituite da tessuti di cotone o di fibre sintetiche, per lavarle quando sono smontate, si mettono a bagno in una soluzione al 2-3% di detergente ad alta alcalinità e quindi si esegue il risciacquo. Nel caso di grandi filtri feccia (120×120) le tele vengono lavate con apposite macchine lavatele, con un forte risparmio di detergente;
• filtri di microfiltrazione tangenziale o ultrafiltrazione, si utilizzano per l’operazione di pulizia detergenti a media alcalinità, molto sequestrati, in grado di asportare completamente le sostanze organiche senza lasciare alcun deposito anche impiegando acque dure.
• Molto usati anche i detersanificanti clorattivi. La dose d’impiego del detergente è all’incirca dell’1%.
• La temperatura di utilizzo è di 55-60°C,
• il tempo di detergenza è di 20-30 minuti;
• filtri di microfiltrazione a cartucce microporose, prima di procedere al lavaggio occorre verificare la compatibilità dei materiali di cui è composta la cartuccia con il detergente da impiegare: alcalino o acido. Per rimuovere le incrostazioni calcaree, i polifenoli, e sanificare le cartucce, si impiegano normalmente detergenti sanificanti a base di acido peracetico allo 0,5-1%.
• Lavacasse – sciacquatrici – lavabottiglie, questi macchinari, simili in tutti gli impianti d’imbottigliamento dell’industria delle bevande, sono stati ampiamente trattati in un precedente articolo.
• Pastorizzatori – impianti di imbottigliamento, la parte interna di detti impianti, nel caso di una detersione saltuaria, si utilizzano detergenti a medio-alta alcalinità ad una concentrazione abbastanza elevata (4-5%). Per la detersione sanificante s’impiegano detergenti clorattivi allo 0,5-1%. Per eliminare il calcare dalla sezione acqua degli scambiatori di calore si utilizza un disincrostante acido tamponato in soluzione al 2-5%.
• Fusti di acciaio inossidabile, si utilizza normalmente un detergente a medio-alta alcalinità, molto sequestrato, in soluzione all’1-2%.
• Parte esterna impianti imbottigliamento (pastorizzatori, riempitici, tappatori), s’impiegano detergenti schiumogeni del tipo alcalino o alcalino-sanificante a concentrazione del 5-7%, con l’impiego di attrezzature erogatrici adatte.
• Nastri trasportatori, si utilizzano detergenti alcalini a schiuma, a base solvente, in grado di dissolvere i grassi e gli oli minerali dei motoriduttori.
• Detergenza e sanificazione ambientale di pareti, pavimenti, soffitti, attrezzature, s’impiegano detergenti schiumogeni del tipo alcalino, del tipo acido o sanificante, secondo la tipologia del supporto sul quale si deve operare; concentrazione d’impiego 5-7%.
Per la sola sanificazione ambientale, dopo aver eseguito la pulizia, s’impiegano sanificanti a base di polibiguanide, poliquaternari di ammonio o aldeide diglutarica, applicati per aspersione.
• Igiene del personale, il personale che lavora nel settore alimentare deve rispondere a quanto previsto dal Capitolo VIII dell’Allegato II del Regolamento CE n. 852/2004, ossia essere in buone condizioni di salute, seguire i precetti dell’igiene sia per la manipolazione dei prodotti che per la propria persona.
Per garantire ciò è opportuno mettere in atto una “procedura per l’igiene del personale” dove siano elencate almeno le essenziali regole di comportamento, che dovrebbero prevedere:
• il possesso di uno standard elevato di pulizia personale;
• una particolare attenzione all’igiene delle mani che dovranno essere lavate per lo meno prima di entrare in contatto con le varie fasi della produzione vinicola, dopo ogni sospensione di lavoro e dopo aver fatto uso dei servizi igienici;
• che nessuna persona riconosciuta o sospetta di essere affetta da malattia trasmissibile attraverso gli alimenti, sia autorizzata a lavorare in qualsiasi area di produzione;
• che le ferite o infezioni sulla pelle siano medicate ogni giorno e mantenute isolate mediante l’utilizzo di guanti;
• che il personale indossi indumenti adatti, puliti e se necessario protettivi;
• che il personale sia informato sui principi delle norme igieniche da rispettare;
• che tutto il personale coinvolto nella manipolazione di alimenti e bevande, a qualsiasi livello, sia opportunamente formato ai sensi della legislazione nazionale di riferimento.

Tutta la procedura per l’igiene del personale dovrebbe essere controllata e sottoposta a monitoraggio da un responsabile opportunamente individuato tra il personale.

Misure di prevenzione
Individuati i punti di rischio, occorre
mettere a punto dei sistemi di prevenzione in grado di eliminare i fattori di rischio potenziali che potrebbero provocare situazioni indesiderate.

Anidride solforosa
Occorre controllare con periodiche analisi chimiche il contenuto di anidride solforosa totale nei vini, documentarlo e verificare che rientri sempre nei limiti legali. Si faccia riferimento ai limiti fissati nel Regolamento CE n. 606/2009 (e sue successive modifiche) e nel Regolamento UE n. 203/2012 per il vino biologico.

Contaminazione da piombo
Si deve procedere a un’analisi chimica del contenuto in piombo dei vini prodotti o acquistati per le lavorazioni; altresì importante il controllo dei coadiuvanti tecnologici e dei materiali filtranti. E’ buona norma, farsi rilasciare dai fornitori, delle dichiarazioni di conformità dei coadiuvanti acquistati, corredate da analisi chimiche.
Si faccia riferimento al Regolamento UE n. 1005/2015.

Residui di soluzioni di soda caustica
Il problema può verificarsi nella linea di lavaggio delle bottiglie: la lavabottiglie, a causa di un cattivo funzionamento, può far uscire la bottiglia lavata con ancora una quantità di soluzione caustica all’interno e quindi, se non scartata, questa passerebbe al riempimento e quindi alla tappatura.
Sono state suggerite molte soluzioni di prevenzione, prima fra tutte, una corretta manutenzione della lavabottiglie; questo è sicuramente necessario ma non sufficiente a risolvere il problema. Mettere una persona che controlla le bottiglie all’uscita dalla lavabottiglie, è risultato di scarsa efficacia perché questa, dopo pochi minuti, non è più in grado di vedere nulla a causa di una assuefazione visiva. L’unico vero sistema di prevenzione è quello di installare un ispettore elettronico sulla linea che sia in grado di controllare se la bottiglia è totalmente vuota, prima di passare al riempimento.

Ocratossina A
L’Ocratossina A è un contaminante identificato in numerose sostanze alimentari quali i cereali, il cacao, il caffè, i frutti secchi, i fagioli, la birra e più recentemente nei mosti e nei vini.
L’Ocratossina A (OTA) è una micotossina prodotta da numerose specie di muffe e in particolare dell’Aspergillus ochraceus e dal Penicillium verrucosum.
Il suo contenuto nei vini e nei mosti è stato fissato dal Regolamento CE n. 123/2005 della Commissione del 26 gennaio 2005 che modifica il Regolamento CE N. 466/2001 per quanto riguarda l’ocratossina A: i limiti fissati sono di 2 ppb cioè a 2 microgrammo per litro (1 µg/l).
Il Ministero delle politiche agricole e forestali, ha emanato in data 7 aprile 2000 il Decreto che contiene
“Linee guida nella produzione vitivinicola per la prevenzione della potenziale contaminazione da micotossine”. (pubblicato sulla G.U. n. 97 del 27 aprile 2000). Il decreto suddetto relativamente alle micotossine, prescrive: “Per i contenitori di legno non nuovi,
è opportuno controllare a campione, l’assenza di micotossine fra le
sostanze estratte o almeno richiedere al fornitore la certificazione dell’assenza di micotossine o di aspergillus e penicillum fra la flora microbica eventualmente in essi presente”.
Come si può notare dai dati
suesposti, la legislazione indica che deve essere assente l’Ocratossina
nelle sostanze estratte dai contenitori del vino.

Frammenti di insetti animali
Occorre che sia effettuata una procedura di monitoraggio e lotta agli animali infestanti. E’ necessario adottare misure di prevenzione atte a ostacolare infestazioni da parte di insetti e roditori, che prevedano la ricerca e l’eliminazione dei rifugi.
La presenza di tali animali può provocare l’insorgenza di pericoli igienici, soprattutto perché possono essere veicolo di sudiciume e microrganismi, anche molto dannosi alla salute dell’uomo.
Inoltre la presenza di un insetto
morto o di un suo frammento
nel vino è un evento vissuto molto negativamente dal consumatore, anche se non può costituire necessariamente un rischio per la sua salute.
Frammenti di vetro
Il pericolo di residui di vetro nel vino, dovuto alla cattiva conservazione delle bottiglie e al loro uso nella fase di imbottigliamento, è probabile e la gravità del danno è medio-alta. E’ consigliabile attuare un’azione preventiva quale una corretta conservazione delle bottiglie. Inoltre riteniamo raccomandabile mettere in atto una misura preventiva basata su una procedura che organizzi un accurato controllo visivo delle bottiglie prima di immetterle sulla linea di imbottigliamento. Allontanare quelle difettose, come azione correttiva, adottando anche una registrazione delle anomalie rilevate; questo potrà fornire un’ottima base per la valutazione del fornitore delle bottiglie e delle procedure aziendali. Inoltre sarebbe consigliabile ricorrere a fornitori che diano garanzia scritta della conformità del prodotto.

Lo sporco riscontrabile nell’industria enologica
Una definizione di sporco potrebbe essere quella che lo definisce come tutto ciò che si fissa sulle superfici, sia quello rappresentato da residui organici sia da quelli inorganici.
Lo sporco di tipo organico è costituito da residui di uva, mosto, feccia, colonie di lieviti, batteri e muffe, residui di sostanza colorante, tartaro, residui di chiarificanti organici (albumine, gelatine, caseinati) e residui di coadiuvanti tecnologici.
Lo sporco di tipo inorganico è rappresentato principalmente dal calcare, dallo smog, dalla ruggine e dai residui di chiarificanti inorganici (bentonite, silice).
Un’altra tipologia di sporco è quella costituita da una morchia mista, normalmente composta di una miscela di residui organici e inorganici, che si sono sovrapposti col tempo e che non sono stati rimossi da un’efficace operazione di detergenza: è il classico sporco vecchio.
Nelle cantine si riscontra inoltre la presenza di residui di grassi e oli minerali, presenti soprattutto sulle attrezzature con organi in movimento e sulle linee d’imbottigliamento che sono soggette a una periodica lubrificazione. La detergenza è influenzata da numerosi fattori che devono essere attentamente considerati dall’operatore addetto alle pulizie, quali la conoscenza della tipologia della superficie, il riconoscimento del materiale sul quale operare, il tipo di sporco da eliminare, i detergenti o i sanificanti più adatti a essere utilizzati per risolvere le varie problematiche, la temperatura e il tempo di utilizzo degli stessi, l’azione meccanica che è possibile esercitare sulle superfici da pulire.

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