Green e sostenibilità

Certificazioni ambientali: un po’ di chiarezza

Il 2 marzo scorso, a Bologna, si è tenuto un interessante incontro, organizzato da Soligena, dal titolo, “Il futuro del pulito è oggi” (Vedi Dimensione Pulito n.3 2017), che ha voluto fare il punto sul “fattore green”, sui “costi del ciclo di vita” e sull’”Economica Circolare”, alla luce del nuovo codice degli appalti per le pubbliche amministrazioni, tenendo però in considerazione anche l’ambito del privato

di Noemi Boggero

Il Piano d’Azione Nazionale – e il Nuovo Codice degli Appalti – rinvia a decreti adottati con Decreto Ministeriale per l’individuazione di un set di CAM per gli acquisti relativi a 11 “categorie, tra cui l’affidamento del servizio di sanificazione per le strutture sanitarie e per la fornitura di prodotti detergenti”. Per quanto riguarda i CAM, si fa riferimento esplicito a certificazioni ambientali come ISO 14001, EMAS, ECOLABEL, ma la confusione è ancora grande, non tutti si raccapezzano tra certificazioni, etichette ecologiche, carbon footprint, tutti strumenti che mirano alla salvaguardia dell’ambiente ma  che sono differenti e hanno un peso differente nella valutazione delle gare di appalto. Siamo in un momento ancora di confusione. Ad esempio, qual è la differenza tra una carbon footprint e un’etichetta ecologica?

La professoressa Michela Gallo, dell’Università degli Studi di Genova, membro del CE.SI.S.P (Centro per lo sviluppo della sostenibilità dei prodotti, che vede l’ateneo ligure collaborare con la Scuola Superiore S. Anna di Studi Universitari e di Perfezionamento di Pisa), ha voluto fare chiarezza in merito e ha spiegato le varie certificazioni ambientali, sottolineandone in particolare il valore, i costi del ciclo di vita e il ritorno sull’impatto ambientale.

La Certificazione Ambientale
È uno strumento di comunicazione, per trasmettere chiaramente all’esterno un messaggio d’impegno per il rispetto dell’ambiente, in quanto la salvaguardia dell’ambiente ha visto in questi ultimi anni una costante crescita di sensibilità da parte di tutti i soggetti interessati.
I Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) hanno un’importanza simile a quanto già ampiamente sperimentato nel campo della garanzia della qualità (ISO 9000). La gestione ambientale prevede che le aziende organizzino un sistema basato non solo sulla prevenzione di eventuali superamenti di limiti di legge, ma anche su un programma di miglioramento continuo del comportamento aziendale nei confronti dell’ambiente circostante.

I vantaggi
La Certificazione Ambientale consente di analizzare ed eventualmente ristrutturare in modo sistematico i processi produttivi, evidenziando chiaramente le aree in cui è possibile migliorare l’efficienza e gli interventi correttivi più efficaci e meno costosi e valutando i risultati ottenuti con tali interventi.
Rappresenta un’opportunità di rapportarsi in modo trasparente con la Pubblica Amministrazione, favorendo il dialogo e la collaborazione reciproca con le Istituzioni, in luogo del “modello”, basato sul concetto di “comando e controllo”.
Permette di cogliere e/o mantenere opportunità di business, soprattutto verso l’estero, in quanto un numero crescente di Paesi richiede la certificazione quale condizione necessaria per l’importazione di prodotti.  Uguale tendenza si registra per le gare d’appalto estere, nei cui bandi vengono indicate spesso,  tra i requisiti essenziali per la partecipazione alla gara, la certificazione ISO 14001 o la registrazione EMAS.
Consente di pervenire a una riduzione dei costi aziendali, quali i premi assicurativi, le spese sostenute per il risanamento ambientale a seguito di incidenti o rilasci di sostanze inquinanti, le sanzioni per violazioni alla normativa ambientale, le spese per il consumo d’acqua e di energia. Consente di coinvolgere maggiormente i dipendenti nel perseguimento degli obiettivi dell’azienda, perché, tramite l’accrescimento della loro attenzione ai risvolti ambientali delle rispettive attività, aumenta il loro spirito di appartenenza all’organizzazione. Consente un più facile accesso ai finanziamenti, in particolare a taluni finanziamenti agevolati a livello nazionale e comunitario.

Ma quali sono le certificazioni ambientali? Occorre distinguere tra: Sistemi di Gestione, Carbon Footprint, Etichettature.

Sistemi di Gestione: ISO 14001
La norma ISO 14001 consente a qualunque azienda di raggiungere concretamente e dimostrare un buon livello di comportamento, mediante il controllo degli impatti ambientali connessi alle proprie attività, prodotti e servizi. La norma ISO 14001 non specifica livelli di performance ambientale, permettendo in questo modo di essere implementata, indipendentemente dal livello iniziale di “maturità ambientale”. Ha come pre-requisito il rispetto delle leggi esistenti in materia ambientale e richiede di partire da un’analisi degli impatti ambientali e di sviluppare progetti specifici di miglioramento.
È stata sviluppata ricalcando l’impostazione della norma ISO 9000, secondo lo schema della spirale di Juran: “PLAN-DO-CONTROL-ACT”. Pertanto deve:
• definire la politica ambientale e diffonderla al personale;
• pianificare per individuare gli aspetti ambientali delle attività dell’impresa che necessitano di monitoraggio;
• attuare il sistema di gestione ambientale (ruoli, responsabilità e autorità);
• introdurre procedure di controllo;
• riesaminare di continuo il sistema di gestione ambientale implementato.

Sistemi di Gestione: EMAS
EMAS (acronimo di Enivironmental Management and Audit Scheme), è un sistema comunitario di ecogestione e audit ambientale, che riconosce a livello europeo il raggiungimento di risultati di eccellenza nel miglioramento ambientale.
Il regolamento EMAS ha deciso di incorporare al suo interno in maniera integrale la norma ISO 14001. I due sistemi coincidono per quanto riguarda la parte a carico delle imprese che si dotano di un programma di miglioramento ambientale e del relativo sistema di gestione.
Gli aspetti aggiuntivi ai requisiti previsti dalla norma ISO 14001 si riferiscono a:
• Conformità giuridica: le organizzazioni devono dimostrare di aver identificato e conoscere le implicazioni di tutte le pertinenti normative ambientali, di provvedere al rispetto della normativa ambientale e di aver predisposto procedure che consentano di mantenere nel tempo tali requisiti.
• Prestazioni: le organizzazioni devono dimostrare che il sistema di gestione e le procedure di audit siano effettivamente rivolti alle effettive prestazioni ambientali dell’organizzazione e devono impegnarsi a migliorare continuamente le proprie prestazioni ambientali.
• Comunicazioni e relazioni esterne: le organizzazioni devono dimostrare di avere un dialogo aperto con il pubblico e i soggetti interessati, comprese le comunità locali e i clienti, circa l’impatto ambientale delle loro attività e dei loro prodotti e servizi per identificare le questioni che preoccupano il pubblico e i soggetti interessati. L’EMAS prevede la comunicazione al pubblico delle informazioni ambientali necessarie per far comprendere gli effetti sull’ambiente delle attività, attraverso la pubblicazione della “Dichiarazione Ambientale”.
• Partecipazioni dei dipendenti: l’organizzazione deve individuare le forme di coinvolgimento dei dipendenti nel processo costante di miglioramento delle prestazioni ambientali dell’organizzazione.

Nel 2009 è stata emanata una nuova versione del Regolamento EMAS (EMAS III) che ha:
1. rafforzato il sistema comunitario di ecogestione e audit, migliorandone l’efficienza e favorendo in particolare le piccole imprese in termini di costi;
2. snellito le procedure di registrazione, il passaggio da altri sistemi di gestione ambientale ad EMAS;
3. introdotto agevolazioni per l’accesso ai finanziamenti disponibili e la partecipazione agli appalti e acquisti pubblici;
4. semplificato i controlli regolamentari, gli obblighi normativi e gli oneri per le aziende registrate che dimostrino la conformità a tutte le prescrizioni applicabili in materia di ambiente.

Etichettature: norme della serie 14020
Lo standard ISO 14020 rientra nelle norme della serie 14000 e ha lo scopo di comunicare al mercato le caratteristiche e le prestazioni ambientali di un prodotto attraverso la cosiddetta Dichiarazione Ambientale di Prodotto (DAP). Tale dichiarazione permette da un lato ai produttori di dimostrare la loro attenzione alle problematiche ambientali analizzando e descrivendo il proprio prodotto dal punto di vista degli impatti ambientali, dall’altro permette ai consumatori di avere dettagliate informazioni riguardo alle caratteristiche ambientali del prodotto stesso.  L’obiettivo principale delle dichiarazioni ambientali è di favorire, attraverso la comparabilità tra prodotti analoghi e la capacità di scelta dell’acquirente, un miglioramento costante dei prodotti da un punto di vista ambientale.
Secondo la classificazione e descrizione delle etichette e delle dichiarazioni ambientali della norma ISO 14020, si possono distinguere tre tipologie di etichettature/dichiarazioni ecologiche:
• ISO 14024: etichette ecologiche volontarie, Tipo I, sottoposte a certificazione esterna. Sono basate su un sistema che considera l’intero ciclo di vita del prodotto. Il sistema fissa dei valori soglia da rispettare per ottenere il rilascio del marchio. Rientra in questa tipologia di etichettatura il marchio di qualità ecologica Ecolabel.
• ISO 14021: etichette e dichiarazioni ecologiche, Tipo II, che riportano informazioni ambientali dichiarate da parte di produttori, importatori o distributori di prodotti, senza che vi sia l’intervento di un organismo indipendente di certificazione (es. ”%Riciclabile”, “Compostabile”, ecc.).
• ISO 14025: dichiarazioni ecologiche, Tipo III, che riportano informazioni basate su parametri stabiliti che contengono una quantificazione degli impatti ambientali associati al ciclo di vita del prodotto calcolati attraverso un sistema LCA (Analisi del Ciclo di Vita). Tra di esse rientrano, ad esempio, le “Dichiarazioni Ambientali di Prodotto” o EPD – Environmental Product Declaration.

ECOLABEL ed EPD si basano su studi LCA (Analisi del ciclo di vita) come metodologia per l’identificazione e la quantificazione degli impatti ambientali. In particolare, la DAP, etichettatura di tipo III, è un documento con il quale si comunicano informazioni oggettive, confrontabili e credibili relative alla prestazione ambientale di prodotti e servizi. Tali informazioni hanno carattere esclusivamente informativo, non prevedendo modalità di valutazione, criteri di preferibilità o livelli minimi che la prestazione ambientale debba rispettare.

Ecolabel-Marchio Comunitario di Qualità Ecologica
Istituito nel 1992, il marchio comunitario di qualità ecologica, il cui logo è rappresentato da un fiore, è uno speciale sistema di certificazione creato per aiutare i consumatori europei a scegliere prodotti e servizi più ecologici e più rispettosi dell’ambiente, compresi (dal 2010) i prodotti alimentari (esclusi i medicinali e i prodotti che contengono sostanze pericolose). Negli ultimi dieci anni, il fiore dell’Ecolabel è diventato un simbolo riconosciuto in tutta Europa, che fornisce ai consumatori indicazioni chiare e semplici. Tutti i prodotti con il marchio Ecolabel sono stati controllati da organismi indipendenti che ne hanno verificato la conformità a rigorosi criteri ecologici e prestazionali.
Attualmente l’Ecolabel può essere assegnato a circa 26 gruppi di prodotti, che corrispondono a 12 grandi settori produttivi e a un’attività di servizi. 364 sono le licenze rilasciate in Italia (giugno 2016). La gestione dell’Ecolabel è affidata al Comitato dell’Unione europea per il marchio di qualità ecologica, con il sostegno della Commissione europea e di tutti gli Stati membri dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo. Il Comitato è composto da rappresentanti dell’industria, delle associazioni ambientaliste e delle organizzazioni per la tutela dei consumatori.

Finalità e Principi dell’Ecolabel
Il sistema comunitario di assegnazione di un marchio di qualità ecologica è inteso a promuovere i prodotti potenzialmente in grado di ridurre gli impatti ambientali negativi rispetto agli altri prodotti dello stesso gruppo. Tale obiettivo è perseguito fornendo ai consumatori orientamenti e informazioni accurate, non ingannevoli e scientificamente fondate.
Per consentire la valutazione dei prodotti ai fini dell’assegnazione dell’Ecolabel sono stati definiti alcuni criteri ecologici e prestazionali. Soltanto i prodotti che soddisfano tutti i criteri possono ottenere l’assegnazione dell’Ecolabel. Tali criteri tengono conto di tutti gli aspetti del ciclo di vita di un prodotto, dalla culla alla tomba.
Per essere incluso nel sistema, un gruppo di prodotti deve soddisfare le seguenti condizioni:
a) rappresentare un volume significativo di vendite e di scambi nell’ambito del mercato interno;
b) comportare in una o più fasi della vita del prodotto impatti ambientali significativi su scala globale o regionale, o a carattere generale;
c) essere caratterizzato da una significativa capacità potenziale di indurre miglioramenti ambientali attraverso le scelte del consumatore e di incentivare i produttori o i fornitori di servizi a ricercare vantaggi concorrenziali grazie all’offerta di prodotti aventi titolo per il marchio di qualità ecologica.

Ecolabel III
Nel 2009, Ecolabel è stato modificato con l’obiettivo di:
1. Aumentare l’efficacia e semplificare il funzionamento, riducendone i costi, estendendo la possibilità di utilizzare il marchio Ecolabel UE a tutti i prodotti (esclusi i medicinali ed i prodotti che contengono sostanze pericolose).
2. Promuovere  l’uso del marchio Ecolabel UE e la diffusione del sistema, in particolare presso le PMI mediante azioni di sensibilizzazione e campagne d’informazione ed educazione del pubblico.
Inoltre, è prevista la predisposizione da parte della Commissione di modelli di manuale destinati alle autorità aggiudicatrici di appalti pubblici con indicazioni per l’uso dei criteri per il marchio Ecolabel UE, in modo da stabilire obiettivi per l’acquisto, nell’ambito degli acquisti pubblici, di prodotti ecocompatibili.

DAP – ETICHETTA DI TIPO III – EPD
Una dichiarazione ambientale di Tipo III, definita nella ISO 14025, è un documento che accompagna la commercializzazione di un prodotto, descrivendone le caratteristiche di impatto ambientale in termini di dati quantificati su determinati parametri predefiniti, basati sempre su uno studio di LCA per la categoria di prodotto in esame. Un programma di dichiarazioni ambientali di questo tipo è quindi un processo volontario di definizione dei requisiti minimi da indicare in una dichiarazione, delle categorie di parametri da considerare, del formato della comunicazione dei dati finali.
L’esempio più noto di programma di etichettatura di Tipo III è il Sistema Internazionale EPD®, lanciato nel 2008, che definisce i requisiti necessari all’implementazione, allo sviluppo ed alla gestione di uno schema per l’ottenimento di una Dichiarazione Ambientale di Prodotto (Environmental Product Declaration, EPD) in accordo con la ISO 14025.

EPD è uno strumento pensato per migliorare la comunicazione ambientale fra produttori, da un lato (business to business), e distributori e consumatori, dall’altro (business to consumers). La EPD, prevista dalle politiche ambientali comunitarie, e derivante dalle norme della serie ISO 14020, è fondata sull’esplicito utilizzo della metodologia LCA, cardine attorno a cui ruota la Dichiarazione e fondamento metodologico da cui scaturisce l’oggettività delle informazioni fornite. Pur mantenendo l’attenzione al prodotto, sia esso merce o servizio, le aziende hanno la possibilità di comunicare le proprie strategie e l’impegno ad orientare la produzione nel rispetto dell’ambiente valorizzando il prodotto stesso. Schematizzando, EPD:
• utilizza la Valutazione del Ciclo di Vita (LCA – Life Cycle Assessment) come metodologia per l’identificazione e la quantificazione degli impatti ambientali. L’applicazione della LCA deve essere in accordo con quanto previsto dalle norme della serie ISO 14040, in modo da garantire l’oggettività  delle informazioni contenute nella dichiarazione.
• è applicabile a tutti i prodotti o servizi, indipendentemente dal loro uso o posizionamento nella catena produttiva; inoltre, viene effettuata una classificazione in gruppi ben definiti in modo da poter effettuare confronti tra prodotti o servizi funzionalmente equivalenti.
• viene verificata e convalidata da un organismo indipendente che garantisce la credibilità  e veridicità delle informazioni contenute nello studio LCA e nella dichiarazione.

Costo del Ciclo di Vita
Il Life Cycle Costing è una metodologia che consente di valutare i costi lungo l’intero ciclo di vita del prodotto, dalla produzione alla fase di smaltimento. Pertanto i costi che in via generale devono essere inclusi in tale analisi sono:
1) Acquisto e installazione;
2) Costi durante la fase d’uso dei prodotti, come ad esempio quelli per elettricità, combustibili, gas, formazione, il servizio erogato e il mantenimento;
3) Costi di smaltimento.
Dal punto di vista formale è possibile così sintetizzare: LCC = Costo di acquisto + Costo di manutenzione e di riparazione + Consumo di acqua + Consumo di energia + Costo di sostituzione-valore residuo + Costo di smaltimento.

Carbon Footprint
Con l’espressione Carbon Footprint (Impronta climatica) si definisce un insieme di metodologie che permette di misurare l’impatto di un’attività sull’ambiente, esprimendolo in termini di quantità di emissioni di gas serra prodotti (ad esempio, la CO2).
La norma ISO 14064 è lo standard di riferimento per la quantificazione, il monitoraggio, la comunicazione e la verifica delle emissioni di gas serra prodotte da un’organizzazione.
I requisiti della norma ISO 14064 possono essere facilmente integrati con quelli di un sistema di gestione ambientale secondo la norma UNI EN ISO 14001, permettendo di ottimizzare l’impegno dell’azienda.

Espressa nell’unità di misura CO2eq, la Carbon Footprint di Prodotto (CFP) considera le emissioni complessive di tutte le fasi della vita del prodotto/servizio “dalla culla alla tomba”, rapportate al Global Warming Potential della CO2: la contabilità parte dalle fasi di approvvigionamento e trattamento delle sue materie prime costitutive, alla loro lavorazione e produzione del prodotto, ai trasporti fino al cliente, al suo utilizzo, allo smaltimento del prodotto a fine vita.

Il metodo di calcolo della Carbon Footprint di un prodotto o servizio è basato sulla metodologia LCA (Life Cycle Assessment), cioè sul principio di considerare tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto.
La Carbon Footprint di prodotto prevede diverse fasi di elaborazione, del tutto analoghe a quelle della  metodologia LCA:
1. definizione di scopi e obiettivi: rientra in questa fase la definizione dell’unità funzionale (prestazione quantificata di un sistema di prodotto da utilizzare come unità di riferimento in uno studio di valutazione del ciclo di vita) e dei confini del sistema prodotto da analizzare;
2. analisi di inventario dei GHG e allocazione dei dati raccolti; l’inventario comprende generalmente tutte la fasi di vita del prodotto (produzione, utilizzo, fine vita);
3. caratterizzazione: ciascun gas GHG viene convertito in tCO2eq, utilizzando gli appropriati Global Warming Potential (GWP);
4. valutazione della Carbon Footprint del prodotto/ servizio: vengono analizzati i dati ottenuti, identificando le fasi maggiormente impattanti per orientare le scelte gestionali e progettuali verso una maggiore sostenibilità del prodotto.
La ISO/TS 14067 richiede di far riferimento in tutte queste fasi alle Product Category Rules (PCR), ove disponibili.
Le PCR sono linee guida e regole condivise da seguire per sviluppare l’LCA e sono specifiche per ogni tipologia di prodotti o servizi.
L’utilizzo di PCR garantisce l’omogeneità e la confrontabilità, per prodotti analoghi, del risultato del calcolo della Carbon Footprint effettuati da diverse aziende.
Nell’analisi di inventario i dati primari vengono raccolti direttamente dalle misure o calcoli basati su misure dirette (esempio: energia elettrica, gas naturale, acqua consumati per la produzione del prodotto, consumi di energia durante l’uso del prodotto, etc.), mentre per i dati secondari (relativi ad esempio agli impatti associati alla produzione di semilavorati acquistati da altre aziende) si utilizzano dati presi da database internazionali.
La Specifica Tecnica ISO/TS 14067 stabilisce anche le modalità per la rendicontazione della Carbon Footprint di prodotto: se lo studio è rivolto al pubblico, perché sia credibile e non oggetto di contestazioni, è essenziale la certificazione da parte di un ente terzo.
É infine possibile compensare le emissioni di GHG di un prodotto o servizio (prodotto carbon neutral o carbon free) mediante interventi di compensazione attraverso l’acquisto o la produzione di titoli rappresentativi di risparmi di CO2 quali i VER (Verified Emission Reduction).

Le aziende possono compensare le loro emissioni di CO2 grazie alla partecipazione a progetti che danno diritto all’utilizzo di crediti VER (Verified Emission Reduction) riconosciuti secondo standard internazionali a garanzia della scientificità e correttezza del calcolo effettuato, oppure acquistarli sul mercato purché a partire da quantità registrate su registro accreditato da ente terzo.

I marchi volontari
A seguito dell’entrata in vigore della Direttiva 2003/87/CE (ETS) e della normativa volontaria sui gas ad effetto serra, sono nati diversi marchi di compensazione delle emissioni.
Bisogna però essere consapevoli che tali marchi non costituiscono degli Standard, ma che:
1. Si tratta di marchi a carattere volontario.
2. I marchi sono applicabili a prodotti, servizi, enti e società.
3. Attestano progetti di forestazione e di tutela del patrimonio ambientale, in Italia e nel mondo.
4. È possibile un loro utilizzo in progetti di green marketing per le strategie aziendali di posizionamento competitivo e miglioramento dell’immagine.
5. I marchi NON sono necessariamente regolati da metodologie rigorose e condivise e verificati da società di certificazione internazionali.

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