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Il ruolo dell’uomo nelle contaminazioni degli alimenti

La produzione  di un alimento sicuro  è strettamente legato ai processi che subisce lungo la catena alimentare. In questo percorso un ruolo fondamentale lo ricopre, tra i primi, il lavoratore del settore alimentare

La manipolazione degli alimenti, se non eseguita correttamente, li espone a possibili contaminazioni esterne anche di notevole entità. Nonostante, infatti, gli alimenti non siano substrati sterili, è indispensabile che al contempo siano prodotti salubri e privi di ogni rischio per i consumatori. Le fonti di contaminazione possono essere molteplici: l’ambiente circostante, altri alimenti appartenenti a generi o a fasi di lavorazione diverse, gli utensili e i supporti per le lavorazioni e infine l’uomo stesso. Quest’ultimo caso è sicuramente il più delicato, è quello in cui il lavoratore a trasmettere all’alimento eventuali pericoli in grado di creare un danno nel consumatore finale. Si parla principalmente di pericoli di tipo biologico e più nel dettaglio di quelli microbiologici. La possibilità di alcuni batteri, tra cui alcuni anche patogeni, di passare dall’uomo al cibo e successivamente dal cibo all’uomo non è poi così remota e, inoltre, i mezzi per evitare che questo accada sono strettamente collegati alla condotta personale e alla corretta applicazione di procedure standard, il che rende anche il controllo di tali situazioni notevolmente più complesso.
La preparazione e la formazione del personale impiegato nelle manipolazioni degli alimenti quindi rappresenta lo step basilare e uno dei metodi più efficaci per garantire una produzione conforme agli standard igienico-sanitari previsti, sia dalla normativa sia dagli standard di gradibilità e sicurezza imposti implicitamente dal consumatore stesso. E’ un obbligo, perciò, per qualsiasi lavoratore impiegato nel settore alimentare e nella produzione degli alimenti effettuare lavorazioni che non rappresentino un rischio per chi si trova a consumarle.

Il caso Staphylococcus aureus: caratteristiche e patologie
Un esempio di grave contaminazione degli alimenti da parte dell’uomo è quella che coinvolge il batterio Staphylococcus aureus. Questo batterio appartiene al genere Staphylococcus, insieme ad altre specie patogene per l’uomo come S. epidermidis e S. saprophyticus. In particolare S. aureus, patogeno invasivo delle mucose e della cute di uomo e alcuni mammiferi, rappresenta il più virulento del genere ed è frequentemente associato a tossinfezioni alimentari, ma non solo. Nell’uomo i quadri patologici sostenuti da questo batterio sono molteplici e possono coinvolgere distretti corporei diversi. Per esempio le popolazioni di S. aureus associate alla pelle e alle mucose possono dare luogo a stati patologici, quali infezioni di tipo locali (es. follicoliti e infezioni suppurative), ma il batterio è in grado di dare luogo anche a manifestazioni più severe come la Sindrome da cute ustionata o ancora peggio la Sindrome da shock tossico che può colpire più organi (apparato gastrointestinale, epatico, renale e sistema nervoso). Un’altra serie di manifestazioni patologiche per l’uomo sono quelle dovute dall’ingestione di alimenti contaminati dal batterio che danno luogo a intossicazioni alimentari e enterocolite. Le intossicazioni alimentari causate da S. aureus sono causate da composti tossici che il batterio produce, che contaminano l’alimento e che una volta ingeriti danno luogo ai sintomi tipici di una intossicazione alimentare. In questo caso si parla di ceppi batterti enterotossici in quanto in grado di produrre enterotossine. Il contagio degli alimenti avviene perché l’uomo spesso è portatore sano di stafilococchi localizzati a livello della cute o delle mucose di naso, bocca e faringe e il contatto prolungato dell’alimento con ferite, eczemi e secrezioni nasali degli operatori può determinare il passaggio del batterio all’alimento. La preoccupazione che desta questo batterio inoltre non è esclusivamente legata alla molteplicità di quadri patologici che può determinare ma anche e soprattutto dal fatto che si stanno diffondendo ceppi multiresistenti agli antibiotici, di difficile trattamento clinico. Nel settore alimentare quindi l’unica strada da perseguire è quella della prevenzione. Vediamo in che modo.

Alcune considerazioni
La caratteristica che maggiormente desta preoccupazione quando si parla di S. aureus, soprattutto se in relazione alle produzioni alimentari, è appunto la sua capacità di sintetizzare numerosi composti tossici responsabili poi dei diversi quadri clinici, tra cui le citotossine (almeno 5 tipologie divere), le tossine esfoliative, TSST-1 (tossina da shock tossico) e le enterotossine (8 tipologie diverse). Come già indicato, queste ultime, sono la causa principale delle intossicazioni alimentari. Il batterio che contamina gli alimenti e in questi trova le condizioni favorevoli per proliferare produrrà questi composti tossici che, una volta accumulatesi nell’alimento e raggiunta una certa concentrazione, se ingeriti insieme all’alimento daranno luogo nell’uomo a una classica intossicazione alimentare. La particolarità di queste enterotossine è la loro notevole temostabilità, essendo in grado di resistere inalterate nella loro forma e quindi nella loro funzione anche se sottoposte a temperature di 100°C per 30 minuti. I classici processi di cottura a cui vengono sottoposti gli alimenti potrebbero perciò non essere sufficienti ad eliminare la tossina qualora presente, basterebbero solo in questo caso ad eliminare il batterio ma non i suoi prodotti. Inoltre gli alimenti contaminati da S. aureus e le sue tossine non presentano alterazioni organolettiche visibili che possano in qualche modo mettere in allerta il consumatore. Questo porta spesso a sottovalutare fortemente questo tipo di contaminazioni.
Gli alimenti che più di altri sono soggetti alla contaminazione da S.aureus sono quelli particolarmente ricchi di lipidi, zuccheri e non eccessivamente acidi ma soprattutto quelli sottoposte a molte e lunghe manipolazioni da parte dei lavoratori. E’ in questo momento che il batterio può contaminare l’alimento, passando dall’uomo al cibo. Gli alimenti in cui più frequentemente si riscontra una contaminazione di questo tipo sono i preparati a base di carne, brodi, sughi e insaccati, ma anche creme, maionesi, patè, prodotti di pasticceria soprattutto se a base di crema pasticcera, paste farcite, gelati. Chiaramente alimenti che per scelta o per errore procedurale non vengono prodotti o conservati come previsto sono più suscettibili a questa tipologia di contaminazione. E’ il caso ad esempio del latte non pastorizzato e conservato in abuso termico o di prodotti a base di latte crudo. Le manifestazioni cliniche in seguito all’ingestione di alimenti contaminati compaiono dopo un periodo che varia in base alla quantità di enterotossina ingerita e alla sensibilità individuale. I sintomi principali sono a carico dell’apparato gastrointestinale e comprendono nausea, vomito, diarrea, dolori addominali fino a cefalea e febbre ma sono anche di rapida risoluzione, regredendo nel giro di 24 o 48 ore. Chiaramente in soggetti molto giovani, molto anziani o debilitati per patologie preesistenti il quadro clinico complessivo potrebbe aggravarsi. Questa forma di intossicazione alimentare, pur essendo una patologia di modesta entità clinica, rappresenta una patologia ancora notevolmente diffusa soprattutto nei Paesi sviluppati, tanto che S. aureus risulta come terzo nella lista dei patogeni che causano malattie alimentari.

Come agire per prevenire
Questa come anche altre patologie connesse agli alimenti è strettamente dipendente dalla condotta del personale alimentarista. L’uomo è infatti il principale responsabile della contaminazione degli alimenti in ogni fase, dalla manipolazione in fase di produzione, alla commercializzazione e somministrazione. A livello preventivo è strettamente necessario che il personale impiegato nelle preparazioni alimentari effettui una strettissima osservanza delle norme igieniche effettuando il corretto lavaggio delle mani tra una lavorazione e l’altra e dopo essere andato in bagno, aver mangiato o fumato e utilizzando sempre indumenti puliti; che sia previsto l’utilizzo di guanti monouso e mascherine per gli addetti alle preparazioni e somministrazioni; e che il personale che presenta sintomi quali tosse, febbre, ferite cutanee sia momentaneamente sospeso dal contatto diretto con gli alimenti. Per ciò che riguarda gli alimenti invece bisogna conservare gli alimenti ininterrottamente a temperatura di refrigerazione (carne, insaccati, carni salate, latte, formaggi, creme, prodotti ittici manipolati, ecc.) per fare in modo che il microrganismo non proliferi; per lo stesso motivo è necessario conservare gli alimenti cucinati pronti al consumo a temperature idonee e per tempi brevi (T>+60°C) e sottoporre gli alimenti ad adeguati trattamenti termici (cottura) che sono in grado di inattivare il microrganismo. Tutte le procedure messe in atto correttamente che sono volte a limitare la presenza o la proliferazione del batterio sono efficaci anche ad evitare anche la presenza della tossina relativa. Nonostante la malattia infatti sia causata indirettamente dal batterio in quanto lo stato patologico è generato dal composto tossico che produce, è l’indicazione del numero di cellule di S. aureus presenti per grammo di alimento analizzato a destare il campanello d’allarme. Una carica microbica superiore a 105 per grammo di alimento è già una concentrazione di cellule tali da permettere di accumulare nel mezzo una quantità di tossina sufficiente a generare una reazione avversa nell’uomo. Nel tempo però il progressivo miglioramento delle informazioni sull’igiene e sulla sicurezza alimentare ma anche l’automazione di molti processi hanno inciso positivamente sulla riduzione di casi di intossicazione alimentare da tossina stafilococcica.

 

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