Sempre più ci giungono notizie di patologie virali veicolate da zanzare a cui si aggiungono nuove norme che riguardano i disinfestatori che si occupano in particolare della filiera alimentare. A questo punto mi sembra profittevole sentire l’opinione del dott. Jamal Wehbe, consulente e auditor per il settore igiene (laureato in medicina nel 1987 presso l’Università di Bologna) in merito ai servizi di disinfestazione e alle problematiche a essi connessi.
Credo che tu sia l’unico medico che si occupa in prima linea di servizi di disinfestazione. Immagino che nel giorno della tua laurea non immaginassi che la tua vita ti avrebbe riservato sviluppi professionali abbastanza lontani dal mondo strettamente sanitario. Però ci torna utile chiedere la tua opinione sugli ultimi casi di malaria segnalati in Italia: in particolare come monitorare delle zanzare e delle “malarigene”?
«La Malaria è una delle malattie più frequentemente importate o se vuoi esportate grazie ai movimenti migratori purtroppo non sempre regolamentati (questo è un altro discorso) e risulta forse la prima tra le malattie trasmesse da vettori (zanzara Anophela) in Europa e negli USA. Il plasmodio della Malaria, all’interno della zanzara Anophela, deve compiere un ciclo di sviluppo cosiddetto sessuato che richiede da qualche giorno fino a qualche settimana; c’è da domandarsi, all’interno delle nostre Anopheles questo avviene sempre? Sicuramente No. Oltre ai casi importati che sono la maggior parte, è importante citare i casi dovuti a residenti immigrati che vengono colpiti dalla malattia durante il loro soggiorno in visita nei Paesi d’origine (potrebbero fare prevenzione, chiedendo il protocollo di profilassi alle aziende sanitarie).
Inoltre ci sono anche casi autoctoni di Malaria che si distinguono tra Malaria indotta quando l’agente viene per via parenterale (trasfusioni, trapianti) e Malaria introdotta quando l’infezione è contratta per la puntura di una zanzara del posto, infettatasi da un paziente con malaria d’importazione oppure da una zanzara importata già infetta. Oggi si è scoperto che il caso di Brescia è una forma indotta (vedi sopra) anche perché a mio avviso la fase conclamata della malattia non si vede subito dopo la puntura ma ci vuole qualche giorno.
«Per quanto concerne il monitoraggio la risposta non è semplice soprattutto se l’area da indagare riguarda il territorio. Richiede un’ottima conoscenza topografica supportata da adeguata cartografia, tempi lunghi, competenze e risorse tecniche nonché economiche. A questo importante punto fanno riferimento istituzioni pubbliche e private e si possono trovare interessanti riferimenti su Internet. Io stesso ho collaborato a tali compiti in particolare a Milano. Per le trappole posso affermare che ne esistono di numerosi modelli. Per la cattura delle zanzare adulte ci sono quelle ad anidride carbonica e/o a base di acidi carbossilici, quelle ellettro-luminose a base collante o per aspirazione, a cui si aggiungono quelle per le larve (le famose ovi-trappole) utilizzate in particolare per la zanzara tigre. Pur tuttavia il punto critico è la conoscenza delle caratteristiche tecniche e dei limiti che hanno i vari modelli di cui si deve tenere conto nell’interpretazione delle “catture”. Non a caso l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di effettuare la cattura delle zanzare adulte aspirandole direttamente dalla cute di volontari nel momento che stanno pungendo (esistono in commercio vari modelli di aspiratori) e di fare “pescate” direttamente nei siti di ovo-deposizione tenendo conto che ogni specie ha il suo biotopo preferito. Ad esempio le anofeline malarigene depongono le loro uova solo in acque non contaminate».
Dopo aver svolto il compito di servizio tecnico presso alcune importanti aziende di disinfestazione ora svolgi un’attività didattica e di consulenza. Cosa è cambiato nel tuo orizzonte professionale?
«Semplicemente da tecnico responsabile di campagne pubbliche di disinfestazione fra cui anche Milano a tecnico Senior che segue le aziende alimentari, farmaceutiche, cosmetiche e mangimifici dove non si parla più di un’azione di derattizzazione, deblattizzazione e disinfestazione ma di analisi delle situazioni e di gestione degli infestanti, una gestione nell’ambito di un concetto di sicurezza alimentare prolungato nel tempo e sempre presente. Analizzare il rischio in base alle diverse variabili legati all’azienda stessa, alla sensibilità del gestore, al prodotto, all’ubicazione, alla stagione e questo è un punto importante. Nel mio caso è difficile parlare di utilizzo di prodotto insetticida o derattizzante ma devi parlare di documentazione, di monitoraggio, di autocontrollo, di formazione del cliente, di stare sempre pronti per affrontare un’infestazione in atto, non necessariamente con il prodotto chimico ma con il controllo della merce in arrivo, del pallet giacente all’esterno utilizzato poi per caricare la merce in partenza all’estero o in qualche supermercato.
Non dimentichiamoci degli inconvenienti strutturali e ambientali, del comportamento del personale (buchi, porte, finestre, pulizia e igiene).
Infine, ed è la cosa più importante, formare il personale del tuo cliente perché è impossibile che la gestione degli infestanti possa essere effettuata e seguita solo dall’azienda esterna chiamata se vuoi, pest management, pest control, disinfestatore, derattizzatore».
Negli ultimi anni mi sono occupato tantissimo degli infestanti nelle industrie alimentari. Offrire un buon servizio richiede una preparazione a 360° entrando in discipline anche diverse dal lavoro che abbiamo sempre fatto ma che hanno qualche collegamento.
«Ricordiamo le norme cogenti dove nessuno scappa perché sono obbligatorie. Ricordiamo l’HACCP, norma che identifica il pericolo, bellissima e non da sottovalutare, il pacchetto Igiene della Comunità Europea e il regolamento 852 che stabilisce delle procedure di autocontrollo basate sui principi dell’HACCP e i prerequisiti. Dico sempre agli amici disinfestatori leggete il Codex Alimentarius vecchissimo (un insieme di regole e di normative elaborate nel 1963 dalla FAO e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) che comprende tra l’altro la gestione degli infestanti e degli interventi sulle strutture; stampatelo e tenetevelo in ufficio. Conoscere gli infestanti senza diventare entomologo, studiando le differenze, la chiave per distinguere un insetto dall’altro, le aree infestate, i substrati, gli ambienti attaccati, i luoghi visitati. Nel mio caso mi sono interessato anche per una migliore gestione del computer, alla elaborazione grafica, alla lettura corretta della scheda tecnica e di sicurezza, a come soddisfare il cliente».
Nell’ambito delle industrie alimentari quali norme ti sembrano più utilizzate? E quali a tuo giudizio le più efficaci?
«In ambito industrie alimentari ho dovuto a un certo punto, dopo vari audit BRC e IFS che avevo fatto, fare corsi di approfondimento che vanno dall’HACCP a BRC, IFS, ISO 22000, ISO 9001 e ISO 19001. Infine, e aiutato da CSQA, sono riuscito a fare l’auditor per EN 16636 la norma che regolamenta l’attività delle imprese di disinfestazione.
«Efficaci sono BRC che insiste sulla legislazione del Paese (non dimentichiamoci questa cosa), e l’HACCP sui prerequisiti strutturali e ambientali, sui fattori che influenzano la natura e il grado delle infestazioni. Importante il coinvolgimento del tecnico Senior nei controlli periodici e in base al rischio. Efficaci anche ISO 22000 sistema completo per la sicurezza alimentare insieme a ISO/TS 22002 sui programmi dei prerequisiti per la sicurezza alimentare. Infine, abbiamo la EN 16636 che regolamenta l’attività delle imprese di disinfestazione e per la quale si spera che qualche laureato venga incoraggiato a fare almeno l’auditor interno».
In alcuni casi mi sembra che mentre “molto” si scrive, gli insetti intanto “molto” si moltiplicano! Voglio dire quali consigli daresti a una piccola e media industria riguardo alle ottemperanze di leggi cogenti e come integrarle con le norme volontarie?
«Ho sempre preferito le piccole aziende che rispettano e apprezzano colui che gli dà una mano. Sono più disposte ad ascoltarti e disponibili a intraprendere un percorso migliorativo. Consiglio sempre di rivolgersi a un solo tecnico Senior preparato con esperienza che gli dia una mano permanente e che li aiuti e redigere la documentazione, un elemento essenziale per una moderna impresa che gestisce il rischio infestazione. Il consulente esperto in aula e sul campo che affianca l’impresa nella formazione e l’addestramento del personale; della formazione, tutti ne abbiamo bisogno.
«Poi alla fine tutti dobbiamo rispettare le leggi. Per le norme volontarie, bisogna avere la buona volontà e la fiducia in sé stessi; fatevi aiutare da chi ci ha lavorato. Le industrie sensibili cercano oltre alla conoscenza tecnica e organizzativa, la disponibilità e l’intervento immediato. Vorrei dire a tutti quelli che si occupano di qualità, a tutti quelli che prendono le decisioni (la direzione di un’azienda) che il nostro lavoro non è il pezzo di legno rotto che richiede l’intervento del falegname, né l’interruttore che richiede l’elettricista; il nostro lavoro è oramai dinamico, segue l’infestante dal momento in cui nasce, prevenendo che infesti il nostro ambiente, danneggi i nostri alimenti, rovini i nostri beni. Questo compito richiede oramai continuità e prontezza senza fermarsi».