
Una recente sentenza della Cassazione in tema di appalto induce a una breve riflessione, anche su queste pagine, su quello che è ancora un aspetto incerto, a volte anche equivoco, per molti operatori del settore: il preventivo. Ci riferiamo, in particolare, alla sua valenza e alla sua portata in termini di vincoli e pretese reciproche. Ancor di più, quando si presenta carente di alcuni contenuti decisivi o fortemente motivanti per l’una o l’altra parte, per esempio la data di inizio dei lavori o le modalità esecutive concrete.
Un caso significativo
Ancora una volta, la Cassazione è stata di recente chiamata a dirimere un conflitto tra due parti (un privato e un’impresa) sulla valenza contrattuale o meno di un preventivo sottoscritto dal destinatario, ma carente di contenuti rilevanti per quest’ultimo. Un conflitto, insomma, tra la posizione di chi riteneva quel preventivo, sebbene sottoscritto, nulla di più di un documento descrittivo e chi (l’impresa), invece, un contratto completo e vincolante a tutti gli effetti. L’intervento della Cassazione è andato però al di là dello specifico caso in conflitto, ricostruendo e definendo i passaggi logici e concreti che devono mettersi in atto, in generale, ovvero in tutti i casi simili di conflitto sulla effettiva valenza e portata del preventivo, per venirne a capo. La Cassazione ha così ragionato: al di là del nome letterale dato al documento, ai fini del suo inquadramento in termini contrattuali, occorre accertare la volontà delle parti, la volontà che ha guidato e che ha portato le parti a “incontrarsi” su quel documento. Per la qualificazione giuridica del contratto occorre indagare e valutare se l’intesa tra le parti abbia a oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del loro rapporto, con impegni e obblighi reciproci in relazione all’opera o al bene che è oggetto del preventivo, ovvero se, invece, con quel preventivo esse abbiano voluto predisporre un documento indicativo delle rispettive intenzioni ma non attuativo delle loro volontà. In sostanza, la Cassazione ritiene determinante la prioritaria verifica del preventivo in termini di “espressione di un assetto di interessi giuridicamente vincolante per comportamenti e per disciplina” piuttosto che di un intendimento futuro. In questo senso, la mancanza di una descrizione analitica di tempi e modalità dell’esecuzione dell’opera e di tempi e modalità di pagamento del corrispettivo e la mancanza di elementi idonei a rappresentare in modo univoco l’assunzione dell’impegno dell’esecuzione dell’opera, fanno sì che la semplice sottoscrizione del destinatario del preventivo non trasformi questo preventivo in contratto.
Identikit del preventivo
Stando così le cose, è bene chiarirci le idee anche sul preventivo in sé e per sé considerato, su cosa esso sia concretamente e su quale natura e riconoscimento giuridico abbia.
Assodato che non rappresenta solo un documento formale per determinare preventivamente il costo di un servizio o di un prodotto ma rappresenta l’occasione per distinguere in via preventiva obblighi e impegni reciproci, esecutivi ed economici, in concreto il preventivo costituisce la stima del costo di un lavoro da farsi o di un prodotto da acquistarsi. Come tale, esso definisce il prezzo da pagare per una prestazione che può avere un costo variabile secondo le circostanze particolari e concrete del caso e che, proprio per questo, non può essere definitivo in astratto o comunque in termini universali.
Dal punto di vista strettamente giuridico, invece, il preventivo rappresenta una “proposta di contratto”, che diventa contratto sia quando è accettata, sia quando è rappresentativa di quei passaggi e di quelle fasi di cui alla richiamata sentenza. Certamente, con la semplice e sola predisposizione del preventivo il destinatario non può ritenersi obbligato.
L’accettazione può esprimersi attraverso due modalità: tacita o espressa. Quella espressa, ovviamente, non lascia dubbi, proprio perché tale, anche laddove resa con semplice sottoscrizione. L’accettazione tacita, invece, può dare spazio a incertezze e contestazioni perché si intende espressa con un comportamento e non con una sottoscrizione. Il destinatario del preventivo cioè si comporta in modo tale da far inequivocabilmente ritenere all’altra parte la propria accettazione ma non sottoscrive né la dichiara espressamente.
Attenzione, però: si ribadisce ancora che, alla luce della richiamata e riferita sentenza, l’accettazione pura e semplice del preventivo non impegna all’esecuzione di per sé. Ragione per cui non bisogna fare confusione tra accettazione del preventivo e accettazione dell’esecuzione dell’opera per il costo indicato nel preventivo, se il contenuto del preventivo nulla prevede al riguardo, così come avvenuto nel caso oggetto della sentenza. Infine, anche con riguardo alla determinazione del costo finale del preventivo è bene intendersi sulle diverse tipologie:
– il preventivo “classico”, in cui il costo finale costituisce il frutto dell’analisi dettagliata delle attività o del prodotto oggetto del preventivo;
– il preventivo “a corpo”, in cui il costo finale è determinato a forfait, senza tener conto dell’incidenza dei singoli costi che lo compongono o che costituiranno oggetto della prestazione in preventivo;
– il preventivo “variabile”, in cui il costo finale viene determinato in termini variabili in funzione delle spese e del tempo necessari all’opera, così che il costo finale tiene conto proprio dei costi variabili (per esempio il costo orario di manodopera) incidenti sull’opera.
Conclusioni
Tutto ciò precisato, la conclusione da trarre è che, se abbiamo già consapevolezza della inevitabilità della forma scritta del preventivo, a scanso di equivoci, dubbi, incertezze e conflitti, oggi a questa consapevolezza dobbiamo aggiungere anche la buona pratica, a maggior tutela e a maggior certezza, della rappresentazione in preventivo sia degli aspetti economici sia degli aspetti esecutivi e regolamentari del rapporto che con l’accettazione di quel preventivo si vuole mettere in atto e non semplicemente ipotizzare. Tutto ciò fermo restando e ricordando che, a stretto rigore di legge, comunque il contratto di appalto non richiede come requisito essenziale la forma scritta.
E le opere aggiuntive?
Prendiamo in considerazione anche il caso (estremo e opposto) del preventivo accettato e messo in atto ma sforato, poi, nel costo finale per opere aggiuntive sopravvenute all’atto della concreta realizzazione.
In questo caso ci si può opporre al loro pagamento se non preventivamente approvate e/o concordate? È, ancora, un recente intervento della Cassazione a chiarirci le idee e a fornirci il criterio guida: “Ove si tratti di variazioni strettamente necessarie alla realizzazione a regola d’arte deve ritenersi consentito all’appaltatore darvi esecuzione senza preventiva autorizzazione del committente, ma in tal caso, in mancanza di accordo tra le parti, spetta al giudice accertare la necessità delle variazioni e determinare il corrispettivo delle relative opere, parametrandolo ai prezzi unitari previsti nel preventivo, ovvero ai prezzi di mercato corrente”.
Questo vuol dire che il pagamento delle opere aggiuntive eseguite è dovuto indipendentemente dal fatto che l’appaltatore ne abbia dato avviso al committente se quelle opere aggiuntive erano necessarie al completamento a regola d’arte delle opere appaltate. Questo significa anche che, se poi le parti non si saranno accordate sul costo finale di tali opere aggiuntive, spetterà al giudice definire il compenso e, quindi, inevitabilmente, accertare e valutare la necessità o meno della variazione.
Conseguentemente, a questo punto, è bene tenere a mente che altra tutela (oltre quella di cui sopra relativamente al contenuto del preventivo) sarà la buona pratica di mettere in luce e lasciare traccia della necessità delle opere aggiuntive eseguite e soprattutto della loro necessità per l’esecuzione a regola d’arte di quanto commissionato, dunque nell’interesse e a vantaggio dello stesso committente.