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La rivoluzione della Blockchain

Destinata a cambiare il modo di operare di numerosi settori, la “catena dei blocchi” è molto più di una tecnologia. È una diversa modalità di strutturare un modello di comunicazione

Ormai sulla bocca di tutti, la Blockchain, letteralmente “catena di blocchi”, è destinata a cambiare il modo di operare di numerosi settori: dalla sanità ai sistemi di riconoscimento biometrico negli aeroporti fino all’industria. Si tratta di una sorta di registro condiviso, criptato per validare le informazioni fra tutti gli utenti senza intermediari. Vi si accede da internet e funziona così: inserisco dati e documenti che si incatenano tra loro e coprono un blocco, quando il blocco è pieno si chiude con un lucchetto e la chiave viene inserita all’interno del blocco successivo e così via. Nessuno può modificare i blocchi perché bisogna avere la potenza di un computer 6mila volte più potente dei 500 super computer oggi esistenti al mondo. Immaginando a regime la Blockchain significa che tutti, come per le email, devono possedere, diciamo così, un indirizzo Blockchain. Per le transazioni bisognerà adottare la criptovaluta. Qualche esempio? Nelle operazioni finanziarie le transazioni con Blockchain sono veloci ed eliminano i costi di commissione, nell’agroalimentare consente di seguire i passaggi di ogni singolo prodotto fino al consumatore finale, nella sanità ogni cartella clinica può essere condivisa con qualunque medico ovunque nel mondo, i medicinali possono essere tracciati e validati in ogni passaggio della distribuzione evitando le contraffazioni. Ma se modifico il mio dato? Risulterà corrotto perché non posso modificare quello dell’intera catena. Per farlo dovrò aprire un nuovo blocco. Di questo e molto altro ha parlato Gaetano Correnti, Partner di KPMG Advisory, all’interno di Forum Pulire 2018: Pulizia come Valore Assoluto, tenutosi il 10 e 11 ottobre scorsi all’UniCredit Pavilion di Milano, che ha visto protagonisti i temi della Salute e della Prevenzione, dell’Etica e dell’Ambiente, della Bellezza, dell’Innovazione e della Tecnologia per integrare e confrontare esperienze diverse e costruire insieme un nuovo modello di ispirazione sociale.

Non è criptovaluta
«Blockchain non è criptovaluta e non è bitcoin, entrambi applicazione del più ampio concetto di Blockchain» precisa Gaetano Correnti, Partner di KPMG Advisory. Ma allora cos’è? «La definizione è complessa: protocollo di comunicazione che identifica una tecnologia basata su database distribuiti. La sostanza è che stiamo parlando non tanto di una tecnologia, ma di una modalità diversa di strutturare un modello di comunicazione. Pertanto parliamo di protocollo perché questa infrastruttura tecnologica abilitante consente di attivare un protocollo di comunicazione fra soggetti ben definiti, che sono questi nodi inseriti all’interno del Blockchain. I nodi hanno, fra di loro, delle regole da seguire per poter comunicare, assicurando che l’informazione inserita all’interno di questa rete di comunicazione, che può essere privata o pubblica, sia garantita, trasparente e affidabile. Tutto ciò è garantito dal fatto che le informazioni che inserisco non possono essere cancellate. Infatti, prima di essere inserite, le informazioni devono essere accreditate attraverso il trust che danno tutti i partecipanti alla catena. Non parliamo perciò di tecnologia, ma di meccanismi di comunicazione. Quindi stiamo dicendo che forse non è un’innovazione solo tecnologica».

Dal punto di vista delle aziende
«Discutendo con i Ceo delle aziende» prosegue Gaetano Correnti di KPMG «ci siamo resi conto che il responsabile dell’azienda, l’imprenditore intercetta questo tipo di innovazione leggendola come un potenziale pericolo piuttosto che come una potenziale opportunità. Questo perché l’imprenditore vede in questa nuova modalità di poter fare certe cose, la possibilità di disintermediare rispetto all’inserimento di terzi e quindi di entità certificatori all’interno di un processo, piuttosto che avere garanzia sulla qualità di un’informazione che viene scambiata col suo ecosistema di riferimento. L’interesse, pertanto, è abbastanza basso. Il motivo? Non si crede nell’evoluzione di questa tecnologia, come dimostrano diverse surveys fatte a livello mondiale». Ma è possibile, oggi, porsi verso la Blockchain con questo atteggiamento? La risposta è no. «In questo momento, nell’evoluzione della trasformazione digitale, della quale tanto si sente parlare, avere una disattenzione verso un’innovazione, che può essere più o meno distruttiva rispetto ai modelli preesistenti, forse non è opportuno».

Quando si applica
«La Blockchain si applica in base alle necessità e al business dell’azienda» sottolinea Gaetano Correnti di KPMG. «Ricordiamo che non stiamo introducendo una soluzione innovativa per risolvere dei problemi prima irrisolti. Stiamo dicendo che attiviamo dei meccanismi, in base al caso specifico, che vogliamo montare sulla Blockchain e che potevano comunque essere risolti in altro modo. Quindi l’innovazione non è questa. L’innovazione sta nel fatto che stiamo demandando a un’organizzazione definita, dove sono presenti dei soggetti più o meno conosciuti, che hanno l’interesse comune nel garantire che l’informazione scambiata sia valida e corretta, e che quindi questo processo sia in grado per esempio di accorciare la catena di certificazione. A questo punto non ho bisogno di un intermediario che sia garantista di un passaggio di un processo di produzione da una fase a un’altra, ho necessità di avere garanzia che l’informazione che sto scambiando non possa essere modificata ma eventualmente solo rettificata a patto che tutti i partecipanti a questa nuova ‘organizzazione’ siano d’accordo sull’immissione dell’informazione nel sistema».
Le performances dipendono dall’implementazione
«Dal momento che si parla di una nuova tecnologia alla base di un nuovo modo di fare e di pensare la strutturazione di certi processi, emergono certamente dei punti da risolvere» aggiunge Gaetano Correnti di KPMG. «È necessario calibrare la tecnologia in base all’esigenza che voglio portare avanti e capire che le performances attese sono molto legate all’implementazione della tecnologia stessa. Premesso che il ciclo di sviluppo di questo tipo di innovazione non è ancora chiuso, è importante sapere che il ciclo di innovazione nell’era digitale, su tutti gli elementi considerati innovativi, è molto più corto di quello che era il ciclo di innovazione nell’era precedente. Se ci aspettiamo perciò di essere attendisti, non proattivi, ma solo reattivi, potenzialmente potremmo non arrivare a recuperare il gap rispetto a chi invece riesce a cavalcare questo tipo di tecnologia e innovazione».

Un esempio di certificazione di un processo produttivo
«Tempo fa ho intervistato il manager di un’azienda che, informatosi sulla Blockchain, chiedeva le modalità di inserimento del proprio processo produttivo. Questo per garantire al cliente business che il prodotto in fase d’acquisto fosse di qualità e allineato a certe regole» racconta Gaetano Correnti di KPMG. «Ci siamo fermati alla prima istanza, ovvero: è una cosa che da solo non può fare. Se la fa da solo, ciò che riesce a garantire al cliente finale è quanto è nelle sue capacità e possibilità e non attiene a tutta una filiera produttiva che sarà invece garantita da tutti gli step superati. Ci siamo dunque confrontati sul fatto che per garantire al cliente tutta la linea di produzione, bisogna garantire la materia prima. Di questa struttura organizzativa, pertanto, avrebbe dovuto far parte anche il fornitore della materia prima, tenuto a dare delle garanzie, oltre all’assemblatore, al trasportatore, ecc. Ciò dimostra che la Blockchain non è solo una soluzione tecnologica. La tecnologia è solo abilitante. A oggi, trattandosi di una tecnologia tecnicamente immatura, si stanno portando avanti delle sperimentazioni, qualcuna prosegue e qualche altra si ferma perché la scelta tecnologica di base non è stata supportata da processi decisionali che hanno analizzato tutti gli elementi. E c’è sicuramente un aspetto legato alla sicurezza, trattandosi di tecnologia esposta. La cyber security deve essere assolutamente presidiata. E anche se la sicurezza è ancora un elemento sul quale non si hanno garanzie complete, è possibile adottare soluzioni specifiche in grado di ridurre questo elemento. Non è pertanto l’elemento sicurezza a dover incidere sulla decisione dell’adottare o meno questo tipo di innovazione».

L’importanza del trust
«Per riassumere, non posso aspettarmi che la Blockchain sia una tecnologia risolutiva di tutti i problemi» commenta Gaetano Correnti di KPMG. «Bisogna comprendere qual è la migliore composizione dell’infrastruttura tecnologica per risolvere i problemi in tempi e modalità adeguati al proprio business. Pertanto, anche la scelta dei meccanismi relazionali tra i nodi, le regole che metto all’interno di questo nuovo sistema, diventano parte integrante di elementi che possono assorbire risorse. Non si può pensare di ricercare un prodotto pronto da prendere e applicare, occorre capire come farlo e come disegnarlo. Abbiamo detto che uno degli elementi principali di interlocuzione tra i nodi del sistema è il trust. Trust vuol dire meccanismo col quale io ritengo che l’informazione immessa nella mia organizzazione sia lecitamente gestita nel mio Blockchain. I meccanismi di trust possono essere delegati all’autonomia del nodo oppure possono essere informatizzati con delle regole scritte. Più la regola che scrivo è complessa, più dovrò gestire un’infrastruttura tecnologica adeguata a supportare quella regola. La riflessione deve essere fatta soprattutto in fase di concept».

Cambiano le “regole” della consulenza
«Questa tecnologia più di altre ha cambiato anche il modo di fare consulenza» chiude Gaetano Correnti di KPMG. «Bisogna sviluppare un laboratorio perché il cliente chiede di essere accompagnato nella comprensione della Blockchain. Non è semplice e non è detto che si abbia subito una soluzione che deve essere vagliata all’interno del contesto e del livello di maturità che queste tecnologie hanno allo stato dell’arte. E vi assicuro che i cambiamenti avvengono di mese in mese, di settimana in settimana, perché essendo tecnologie che prendono la contribuzione da parte di un mondo anche open source, ricevono contributi continui sia nel miglioramento sia nella proclamazione della non soddisfacibilità di quell’ambito tecnologico specifico».

 

Gaetano Correnti, Partner di KPMG Advisory

Blockchain in 4 punti
1. Non è solo una tecnologia
Se non comprendo che questo è un modello nuovo di relazione, anche con terzi, probabilmente quell’implementazione non sarà di successo. Ricordiamo che tutti gli attori che sono all’interno del Blockchain devono essere concordi nello sviluppo del modello.

2. È un’innovazione che non può essere trascurata
Questo perché i cicli di innovazione sono molto stretti e fare il “follower” non è detto che abbia lo stesso impatto sul proprio business come accadeva fino a qualche anno fa.

3. La maturità tecnologica è ancora in progress
La soluzione, probabilmente, non è un’unica tipologia di tecnologia, ma un ibrido costruito fra più tecnologie sfruttando il meglio di ciascuna.

4. La sostenibilità
La sostenibilità di un’iniziativa progettuale ampia deve partire da un livello di prototipazione che mi faccia capire che l’idea non solo è buona ma che sia adeguatamente sostenuta da una tecnologia che mi riesca a far scalare col suo processo produttivo completo.

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