Microbi e alimenti
La sanificazione, intesa come pulizia di alto livello, va integrata nei punti critici con disinfezioni mirate
Recentemente sono apparse numerose e preoccupanti segnalazioni di ritiro dagli scaffali dei supermercati di prodotti lattiero caseari e insaccati. Con ben specificati i produttori e i lotti di produzione incriminati. Il che non esclude che a qualche consumatore sfugga la comunicazione e che il prodotto “inquinato” sia comunque consumato.
I NEMICI DEGLI ALIMENTI
Le segnalazioni a cui mi riferisco sono per la maggior parte relative alla Listeria e, in misura minore, all’Escherichia. Ma ritengo utile riportare un sintetico schema delle famiglie e gruppi più importanti sia per diffusione sia per pericolosità.
ESEMPI DI MICROORGANISMI | |
Famiglia | Esempio |
Micrococcacee | Stafilococcus aureus dall’aspetto tipicamente a tetradi o a grappolo, sono batteri anaerobiosi facoltativi e le forme patogene producono due tipi di tossine. |
Lactobatteriaceae | I batteri lattici si presentano in forma di cocchi o bastoncini, in genere sono utili, possono in taluni casi procurare delle alterazioni (latte filante).
Raramente sono patogeni (Streptococcus piogenes): ad es. forme settiche alla gola (scarlattina). |
Bacillaceae | Forme a bastoncino.
Il Bacillus cereus var. mycoides in purea di patate e creme pasticcere, se presente in numero elevato, può produrre coliche e vomito. B. cereus var. anthracis è l’agente etiologico del carbonchio. Altre specie possono produrre alterazioni in molti alimenti. Al genere Clostridium appartiene il famigerato Cl. Botulinum. |
Corynebacteriaceae | Corynebacterium diphteriae
Listeria monocytogenes (vedi testo) |
Mycobacteriaceae | Le forme patogene sono: Mycobaterium leprae > lebbra
M. tuberculosis var. hominis / bovis / avium/ murium e pisciarum. |
Bacteroidaceae | Anaerobi non sporigeni, vi appartengono alcuni così detti patogeni facoltativi, sono molto numerosi nell’intestino umano. |
Brucellaceae
(Parvobacteriaceae) |
Sono bastoncini molto piccoli, i generi di un certo interesse: Brucella e Pasteurella. |
Enterobacteriaceae | Sono presenti nell’intestino umano, degli animali, nelle acque, nei vegetali e negli alimenti. Sono bastoncini corti gram negativi in genere immobili e asporigeni.
Coliformi: Escherichia coli specie patogena facoltativa può alterare le caratteristiche organolettiche dei cibi. Proteus: raramente patogeni ma possono creare alterazioni soprattutto nella carne mal conservata Salmonella: tossiinfezioni Shigella: dissenteria batterica. |
Pseudomonadaceae | Pseudomonas: possono diventare potogeni soprattutto in caso di ustioni
Acinetobacter: possono causare ascessi o meningiti. |
Sprillaceae | Vibrio comma > colera
V. paraemoliticus: tossiinfezioni alimentari da pesce e molluschi mangiati crudi. |
Lieviti e muffe | Possono procurare
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IMPORTANTE: lo schema è tutt’altro che esaustivo, trascura numerose patologie e alterazioni, inoltre non prende in esame i numerosissimi aspetti positivi dei microorganismi. |
LISTERIOSI IN SINTESI
È una malattia descritta fin dal 1800, ma il primo caso clinicamente descritto risale al 1929. È causata da bacilli Gram-positivi privi di capsula esterna, non producono spore, aerobi e anaerobi facoltativi; sono ubiquitari nell’ambiente e nell’intestino dei mammiferi (esseri umani compresi), uccelli, aracnidi e crostacei. Negli Stati Uniti l’incidenza media annuale della Listeria monocytogenes è di 2,6 mio di casi confermati da analisi cliniche certe.
La trasmissione deriva il più delle volte da processi di produzioni alimentari effettuate in condizioni igieniche precarie. È importante sottolineare che questo batterio è in grado di sopravvivere e riprodursi alle temperature del frigorifero.
I sintomi vanno dalla gastroenterite acuta febbrile a quella invasiva o sistemica. Può manifestarsi dopo poche ore dall’ingestione, ma l’incubazione può prolungarsi fino a 70 gg. La malattia può avere esiti infausti in soggetti a rischio e/o immunodepressi.
PATOLOGIE DA ESCHERICHIA COLI
La maggior parte dei ceppi di questo microbo sono innocui, ma alcuni possono causare disturbi di diversa gravità: crampi addominali, vomito, diarrea con sangue fino ad arrivare a delle forme di insufficienza renale (sindrome emolitico uremica) assai pericolosa. I trattamenti farmacologici non sono particolarmente efficaci per cui nelle filiere alimentari a rischio sono importanti le procedure di sanificazione e disinfezione e i consumatori dovrebbero evitare la carne non cotta a sufficienza, lavare accuratamente gli alimenti crudi, detergere gli utensili di cucina con acqua molto calda, lavarsi le mani accuratamente in particolare dopo essere stati in bagno o toccato materiali organici o animali.
GMP E DISINFEZIONE
In questa sede mi limito a sottolineare che le GMP (Good Manufacturing Practice) ovvero le corrette prassi di fabbricazione trovano riscontri legislativi e riferimenti in certificazioni volontarie di qualità che, se rispettate, garantiscono un elevato standard di sicurezza in tutta la filiera produttiva e di conseguenza in tutti gli alimenti.
È intuitivo che la disinfezione deve inserirsi con tali pratiche in modo razionale partendo dalla scelta dei disinfettanti, attrezzature, protocolli attuativi e relativi controlli (vedi schema).
L’assioma di partenza è che non si disinfetta lo sporco. Per cui le verifiche dell’efficacia delle pulizie sono il prerequisito per attuare interventi di disinfezioni ambientali, strutture produttive, utensilerie, abiti e igiene del personale.
Per i controlli dell’ambiente, strutture operative e utensilerie si prestano bene i bioluminometri, le penne colorimetriche, i tamponi e, nei casi più critici, le valutazioni microbiologiche. Per l’igiene del personale e degli abiti da lavoro sono necessari specifici corsi di informazione, formazione, addestramento e possibilmente di motivazione.
Le pratiche di disinfezione possono essere riassunte in funzione dell’obiettivo. Una prima netta distinzione divide la disinfezione delle superfici per mezzo di irrorazioni, umettazioni o immersione (in genere sono usati p.a. a base di cloro organico, acido peracetico e quaternari d’ammonio); la disinfezione dell’aria ambiente per mezzo di aerosolizzazioni (iodofori) oppure di ozonizzatori (in genere la concentrazione di ozono deve essere inferiore a 0,1 ppm, un decimo di millilitro di O3 per mc di aria) e la disinfezione delle acque, anche in questo caso l’utilizzo dell’ozono si dimostra efficace e privo di residui.