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Il mercato del lavoro di domani

Ci stiamo apprestando ad affrontare numerosi cambiamenti in cui tecnologia e competenze digitali avranno un ruolo fondamentale. Che sia iniziata la terza rivoluzione industriale?

di Francesca Scelsi

Partiamo da un fatto: il World Economic Forum dice che saranno i fattori tecnologici a farla da padroni nel cambiamento del mercato del lavoro; alcuni effetti sono visibili già oggi, ma il dato rilevante è che nei prossimi 4 anni verranno creati 2 milioni di posti di lavoro e contemporaneamente ne verranno distrutti 7 milioni a livello globale.

L’utilizzo del Cloud, del Mobile, la flessibilizzazione del lavoro (smartworking), l’avvento dei Big Data e dell’Internet of Things sono fra i principali fattori che stanno già comportando stravolgimenti nel mercato del lavoro. L’Italia ne uscirà meglio rispetto agli altri paesi europei con un pareggio di 200mila posti creati e altrettanti persi.

DIGITAL MISMATCH

Le competenze digitali, insieme alle soft skills, sono quelle maggiormente richieste dal mercato del lavoro e lo saranno sempre di più. L’utilizzo dei social, del mobile, delle app, del cloud, degli strumenti di videocall sono ormai imprescindibili, quanto il caro e vecchio Excel. La pandemia del CoVID 19 attualmente in corso, ha accelerato un trend che era già partito da qualche anno ma ora più che mai l’importanza del digital è sotto gli occhi di tutti. Ci sono inoltre molti studi condotti a livello europeo che confermano: il Cedefop, Il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale, sottolinea la mancanza sia di hard skills che di soft skills e la necessità che anche la politica intervenga per colmare questo gap crescente. Come? Con politiche che facilitino la digitalizzazione dei lavoratori e spingano le aziende a investire nella formazione digitale. 

In Italia, la necessità di questa evoluzione non è una novità: da circa un decennio vengono riproposte riforme anche della PA, il settore dove il digital divide è forse più evidente. Ma i risultati tardano ad arrivare. 

Il mercato del lavoro non è solo cosa da studiosi ed enti di ricerca, è ciò in cui noi lavoratori viviamo quotidianamente e come lo percepiamo è rilevante in termini di sviluppo ed evoluzione. Secondo un altro studio condotto da LinkedIn e Capgemini, la mancanza di competenze digitali è strettamente correlata agli scarsi investimenti delle aziende. In generale, gli intervistati, hanno infatti sottolineato come il gap in termini di competenze digitali si stia ampliando e che questo non aiuti la trasformazione digitale e quindi la competitività delle aziende stesse. Ma quali sono le competenze che effettivamente ci mancano?

  • Il 51% delle aziende evidenzia una mancanza in termini di hard skills, in particolare per quanto concerne cybersecurity e cloud computing.
  • Il 59% invece, pone l’attenzione sulle soft skills e in particolare si fa riferimento al customer care e alla voglia di apprendere nuove competenze. 

TREND MACROECONOMICI

Alcuni trend sono già in corso e possono aiutarci a formulare delle previsioni sui cambiamenti che ci apprestiamo a fronteggiare: 

  • Innanzitutto la questione della Sicurezza sul Web, la Privacy e il trattamento dei dati. La tematica è complicata e le modalità e gli strumenti tutt’altro che definiti, per questa ragione sono richieste nuove professionalità che abbiano competenze trasversali. Chi riuscirà ad offrire servizi e soprattutto soluzioni innovative nella gestione dei dati in conformità con la vigente legge sulla privacy, avrà la strada spianata nel mondo del lavoro. 
  • La tecnologia applicata: lo abbiamo detto, la medicina, la finanza, l’arte, ma anche l’industria e l’artigianato verranno trasformati dall’avvento di nuove tecnologie. Integrare l’innovazione tecnologica in queste aree, ai fini di un miglioramento in termini di performance e risultati, richiederà competenze trasversali e menti capaci di far dialogare scienze e industries diverse. In medicina per esempio è estremamente dibattuta la questione dell’integrazione tecnologica, soprattutto per il potenziale in termini di miglioramento della qualità della vita che si potrebbe ottenere. Ma anche Arti Visive digitali, Fintech, Blockchain e Digital Fabrication sono i nuovi trend di oggi e domani che richiedono nuove competenze. 
  • La sharing economy: Jeremy Rifkin l’ha definita la terza rivoluzione industriale sostenendo che sostituirà il modello economico che ha dominato il ventesimo secolo. L’economia di scambio è un paradigma in crescita che propone soluzioni nuove a vecchi problemi e in molti casi si fa portatrice anche di istanze di sostenibilità cui siamo tutti sempre più sensibili.

Quali sono le professioni maggiormente a rischio?

Secondo il paper “The future of Employment” pubblicato da Carl Benedikt Frey e Michela Osborne, ricercatori della Oxford University, le attività a più alto tasso di sostituzione tecnologica sono le attività che possono essere facilmente scomponibili in problemi da risolvere, anziché in task da raggiungere. 

Tutti i processi che sono fatti di piccole attività in sequenza, sono ad alto tasso di sostituibilità; al contrario i lavori che richiedono abilità legate all’intelligenza emotiva (empatia, ascolto, comunicazione efficace) così come attività che non si articolano in sequenze ma piuttosto nel raggiungimento di obiettivi e quindi nella ricerca delle migliori soluzioni possibili, rimangono una prerogativa umana. 

E attenzione perché il problema della sostituibilità non riguarda solo i lavori prettamente esecutivo-operativi come quelli legati alla produzione industriale, ma anche quelli che afferiscono ad aree intellettuali come la giurisprudenza e la medicina. Ad esempio un algoritmo può occuparsi di recepire gli input immessi dal paziente all’interno di un’app, relativi al suo stato di salute e sintomi, fornendo un primo riscontro medico e indirizzandolo ad uno specialista; oppure ancora, un algoritmo istruito sui codici giuridici di una nazione, può fornire una prima consulenza legale analizzando i dati inseriti dall’utente. 

Non c’è classismo nella rivoluzione tecnologica, dunque ciascuno di noi deve chiedersi quanto il proprio lavoro sia sostituibile utilizzando i parametri appena esposti. E se incontriamo delle difficoltà nel farlo, possiamo ovviamente avvalerci della tecnologia e rivolgerci al sito willrobotstakemyjob.com che offrirà una valutazione sulla sostituibilità del nostro lavoro. 

Tornando al report del World Economic Forum, le perdite di posti di lavoro per mano della tecnologia si concentreranno nelle famiglie professionali dell’amministrazione e della produzione: rispettivamente 4,8 e 1,6 milioni di posti di lavoro persi.

Inoltre saranno colpite dalla distruzione di posti di lavoro, anche le categorie professionali legate alla vendita, ai servizi, alla logistica e ai trasporti.

In questo scenario compenseranno invece (parzialmente) l’area finanziaria, il management in genere, il mondo dell’informatica e dell’ingegneria.

 Cosa fare dunque?

Per evitare di essere tagliati fuori da questa gigante trasformazione, ci sono tre strategie da perpetrare:

  1. Il life long learning: aggiornare le proprie competenze risulta essere basilare. Il percorso formativo classico è obsoleto per il mercato del lavoro di oggi, occorre infatti continuare a entrare e uscire dai percorsi formativi.
  2. L’approccio consulenziale: bisogna provare a immaginarsi un po’ tutti come dei freelance e ciò significa diventare tutti un po’ più consulenti. Essere tecnicamente bravi non è più sufficiente, è necessario proporsi come esperti di quel lavoro, di quel settore, di quel servizio. 
  3. Soft Skills: sono loro ad essere le “osservate speciali” nel mercato del lavoro. Le soft skills o competenze trasversali sono considerate l’asset più richiesto dalle aziende oggi, quindi dobbiamo poter dimostrare di possederle e apprenderle anche attraverso percorsi non convenzionali. 

Lavorare su sé stessi è quindi basilare al fine di rimanere all’interno di quest’economia fluida, intrisa di cambiamenti perché la nostra occupabilità ovvero la nostra employability, dipende da quanto siamo in grado di adattarci al cambiamento utilizzando il nostro mix di competenze tecniche, trasversali e manageriali.

 

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