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Turismo in caduta libera

La crisi pandemica sta producendo effetti devastanti soprattutto per l’economia del turismo che, come nessun’altra attività economica, si basa sull’interazione tra le persone: le stime preliminari dei maggiori organismi internazionali sull’impatto del Covid-19 sono concordi nell’indicare un crollo del turismo internazionale nel 2020 e anche gli scenari più ottimistici prefigurano una crisi senza precedenti.

Crisitina Cardinali

Lo scenario economico evidenzia un’economia mondiale in rallentamento nel corso del 2019 (+2,9%) sia in Europa che nelle principali economie asiatiche, mentre per l’anno in corso l’emergenza globale generata dalla pandemia di Covid-19 e il conseguente “lockdown” generalizzato potrebbero determinare la peggiore recessione dai tempi della Grande Depressione. All’interno di questo contesto internazionale l’Italia, che già nel 2018 era cresciuta meno della media europea, ha subito nel corso del 2019 un’ulteriore brusca frenata con un incremento del Pil di appena lo 0,3% e sarà quest’anno tra i paesi più penalizzati dalla pandemia, subendo una contrazione del Pil stimata intorno al 9%.

La frenata dell’economia mondiale nel 2019 ha contribuito a determinare anche il rallentamento delle performance del turismo mondiale, seppure in termini più contenuti: gli arrivi internazionali nel mondo sono stati 1.461 milioni, con un incremento del 3,8%, a fronte del +5,6% del 2018. 

Un’analisi approfondita e più circostanziata delle conseguenze che la pandemia avrà lasciato nell’economia turistica del Paese sarà possibile solo nei prossimi mesi e sarà dunque oggetto di approfondimenti successivi nel corso dell’anno e sarà realizzata in maniera completa nel 2021.

La decima edizione di Datatur, realizzata da Federalberghi e dall’Ente Bilaterale Nazionale del settore Turismo, fotografa le dinamiche dell’economia turistica riferite al biennio che precede quello di pubblicazione e dunque questa edizione contiene una panoramica del comparto turistico in generale e di quello alberghiero in particolare relativa a prima dell’emergenza Coronavirus e non analizza, se non con qualche breve cenno, le sue ricadute sull’economia del settore, al momento ancora difficili da quantificare.

Stando ai primi dati a consuntivo dello scorso anno, anche in Italia è stata registrata nel 2019 un’ulteriore frenata dei flussi turistici in ingresso e per l’anno in corso si prospettano contraccolpi durissimi della pandemia sul turismo incoming, più penalizzato di quello domestico.

Nel comparto alberghiero è proseguito anche nel 2019 il processo di ristrutturazione e riqualificazione delle strutture su cui incombono però gli effetti della pandemia, che potrebbero mettere a repentaglio la stessa sopravvivenza di molte di esse. Dal lato della domanda, caratterizzata nel corso del biennio appena trascorso da dinamiche analoghe a quelle mondiali, i flussi di clientela hanno registrato una decelerazione, più moderata nel 2018, più consistente nel 2019 e si prospettano in caduta libera nel 2020.

Le performance più modeste del turismo internazionale nel corso del 2019 non hanno avuto ripercussioni negative sulle entrate turistiche dell’Italia: le spese dei viaggiatori stranieri nel Paese sono cresciute del 6,2%, sostanzialmente in linea con l’incremento registrato nel 2018. Per l’anno in corso, invece, il crollo dei flussi turistici dall’estero fa prefigurare perdite ingenti delle entrate della bilancia turistica.

Al pari dell’intero sistema economico, l’economia delle imprese turistiche ha subito una decelerazione nel 2019: gli indici del fatturato dei servizi turistici sono aumentati mediamente del 2,1%, contro il 3,2% del 2018.

Il comparto alberghiero ha comunque continuato a registrare andamenti positivi, con poche eccezioni, sia sul fronte dei tassi di occupazione e delle tariffe sia, di conseguenza, su quello della redditività, anche se nel corso dell’anno è andata calando la fiducia delle imprese ed è aumentato il numero delle strutture all’asta.

Con riferimento al mercato del lavoro, i dati relativi al 2018 mettono in evidenza una crescita consistente e generalizzata dei livelli occupazionali nel turismo e l’intenzione da parte di una quota rilevante di imprenditori, il 77,6%, di effettuare assunzioni di personale dipendente nel corso del 2019.

Questo quadro è purtroppo destinato a subire uno sconvolgimento profondo nel 2020 con i livelli di fatturato e occupazione del comparto alberghiero in caduta libera a causa dei contraccolpi dell’emergenza sanitaria e delle misure per il suo contenimento.

Negli ultimi anni le aziende del settore hanno continuato a investire nella riqualificazione dei propri dipendenti e ad accogliere presso le proprie strutture personale in tirocinio/stage, compresi gli alunni delle scuole e istituti dell’istruzione secondaria superiore inseriti nei percorsi di alternanza scuola-lavoro. L’esigenza di avere a disposizione capitale umano adeguatamente formato, fondamentale nei servizi, e ancor più nel turismo, trova risposta, in Italia, in un panorama dell’offerta formativa che si presenta ampio e diversificato.

A conclusione dell’analisi, lo sguardo si è soffermato, come sempre, sul sistema dei trasporti che, in linea con le dinamiche economiche generali, ha riportato risultati generalmente positivi nel corso del 2018, confermati anche per il 2019, ma destinati a subire uno shock senza precedenti nel 2020, con perdite ingenti in tutti i comparti, dal momento che il settore è, insieme al turismo, uno dei più colpiti dalla pandemia di Covid-19.

SCENARIO ECONOMICO

Nel corso del 2019 la crescita globale ha subito un notevole rallentamento: il Pil mondiale è aumentato solamente del 2,9% (tab.1.1), facendo registrare il tasso di crescita più basso dalla crisi finanziaria del biennio 2008-2009. La frenata, generalizzata a tutte le principali economie, è attribuibile a molteplici fattori tra cui vanno annoverati l’escalation dei conflitti tariffari, le conseguenti incertezze sul commercio internazionale, la debolezza del comparto manifatturiero e il perdurare delle tensioni geopolitiche. A questi fattori se ne affiancano altri di carattere strutturale, come la bassa crescita della produttività e l’invecchiamento demografico nelle economie avanzate.

Con riferimento all’anno corrente, l’emergenza globale generata dalla pandemia e il conseguente “lockdown” dell’economia mondiale potrebbero generare la peggiore recessione dai tempi della Grande Depressione, superando quella verificatasi durante la crisi finanziaria globale di un decennio fa. Ipotizzando un’attenuazione della pandemia nella seconda metà del 2020, un rimbalzo positivo è previsto per il 2021. Sulla base di queste considerazioni, il Fondo Monetario Internazionale stima per quest’anno un calo del 3% del Pil mondiale e una risalita del 5,8% nel 2021 (tab.1.8 e graf.1.9). La crisi è globale e colpirà sia le economie avanzate che quelle in via di sviluppo anche se con effetti differenziati. Secondo il FMI sarà l’Eurozona a subire il calo maggiore, fino a -7,5%, per poi recuperare il 4,7% nel 2021. Gli Stati Uniti dovrebbero registrare un calo minore, del 5,9% e una risalita di analoga entità nel 2021, mentre i paesi emergenti dovrebbero contenere la variazione negativa entro il -1% e risalire del 6,6% nel 2021.

Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese affronta questa sfida globale partendo da situazioni di svantaggio, sia sul fronte della diffusione del virus che su quello delle condizioni economiche di partenza al sorgere dell’emergenza, e subirà dunque più intensamente di altri le conseguenze negative della pandemia, come emerge dalle previsioni del FMI secondo cui il Pil italiano registrerà quest’anno una contrazione del 9,1%, per poi risalire del 4,8% nel 2021. A conclusione di queste note va comunque sottolineato che, come evidenzia lo stesso Fondo Monetario Internazionale, permane ancora una notevole incertezza circa la pandemia stessa e le sue ricadute macroeconomiche ed è possibile che il quadro economico mondiale sia differente da quello previsto, con rischi notevoli che sia addirittura peggiore. Gli effetti sull’economia dipendono infatti da fattori attualmente difficili da prevedere, tra cui l’evoluzione della pandemia, i progressi nella ricerca di un vaccino e di terapie, l’entità e l’efficacia delle misure messe in campo per contrastarne gli effetti negativi, l’entità e la durata delle interruzioni dell’offerta. Bisognerà dunque aspettare i prossimi mesi per avere uno scenario più attendibile.

Il posizionamento dell’italia

Nel 2019 la domanda turistica internazionale è cresciuta per il decimo anno consecutivo, seppure con ritmi più lenti rispetto a quelli straordinari del biennio precedente: secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale del Turismo, gli arrivi internazionali nel mondo sono stati 1.461 milioni, con un incremento del 3,8% contro il 7,2% del 2017 e il 5,6% del 2018 (tab.2.1 e graf.2.2).

Il rallentamento, imputabile secondo l’OMT ad una molteplicità di fattori (le incertezze legate alla Brexit, il fallimento di Thomas Cook e di alcune compagnie aeree low cost in Europa, le tensioni geopolitiche e sociali e la frenata economica generale), non ha comunque impedito che la domanda turistica internazionale crescesse più dell’economia mondiale, confermando le ampie capacità di resilienza del settore turistico.

Considerando le diverse aree del mondo, il primato della crescita è spettato al Medio Oriente (+7,6%). Buone performance, superiori alla media mondiale, sono state registrate anche da Asia e Pacifico (+4,6%), grazie agli ottimi risultati di Sud-est asiatico e Asia meridionale, e dall’Africa (+4,2%) trainata ancora una volta dai paesi che si affacciano sul Mediterraneo (graf.2.3). Le dinamiche dell’Europa (+3,7%), dopo due anni di forte espansione, hanno subito un notevole ridimensionamento ma sono riuscite a mantenersi in linea con il trend globale grazie alle buone prestazioni dei paesi dell’Europa meridionale e mediterranea. L’incremento più modesto, anche nel 2019, è stato registrato dal continente americano (+2%), penalizzato in questo caso dai risultati negativi del Sud-America.

Il turismo è uno dei settori più colpiti dalla pandemia di Covid-19 e per l’anno in corso si prospetta una crisi senza precedenti sia per la domanda che per l’offerta turistica internazionale. Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale del Turismo il Covid-19 ha già causato una contrazione del 22% degli arrivi turistici internazionali nel primo trimestre del 2020 e la crisi potrebbe portare a un calo annuale tra il 60% e l’80% rispetto ai dati del 2019 con una perdita tra i 910 e 1.200 miliardi di dollari di entrate turistiche internazionali, a seconda di quando si assisterà a una graduale apertura delle frontiere internazionali e all’allentamento delle restrizioni di viaggio. Con riferimento all’Unione Europea, la Commissione stima che le perdite di fatturato a livello europeo saranno del 50% per gli hotel/ristoranti, del 70% per i tour operator e le agenzie di viaggio e del 90% per le crociere e le compagnie aeree. Si tratta di previsioni da prendere comunque con estrema cautela dal momento che la situazione della pandemia e delle misure per contrastarne gli effetti è ancora in piena evoluzione, ma che rendono comunque testimonianza dello shock economico a cui è sottoposto il turismo mondiale.

L’ospitalità

Le dinamiche di lungo periodo dell’offerta ricettiva alberghiera italiana sono state contrassegnate da un costante processo di ristrutturazione caratterizzato, da un lato, dalla progressiva riduzione (o contenimento all’espansione) del numero di strutture e, dall’altro, dall’incremento della capacità ricettiva in termini di camere e di letti disponibili (graf.3.1). Soprattutto dagli anni ’80, l’uscita dal mercato delle aziende di piccole dimensioni e la forte migrazione delle imprese minori verso livelli più elevati di offerta hanno determinato un incremento della dimensione media degli alberghi, passata da 37,6 a 69,1 letti per esercizio tra il 1980 e il 2019. Al graduale spostamento del sistema dell’offerta alberghiera verso strutture di dimensioni sempre più ampie, si è affiancato un intenso processo di riqualificazione che ha visto contrarsi progressivamente il numero degli esercizi di bassa categoria e, contemporaneamente, ampliarsi quello degli alberghi di categoria medio alta. Si è dunque attivato, nel tempo, un processo che ha riequilibrato la composizione dell’offerta ricettiva alberghiera dell’Italia: il peso, sul totale, degli esercizi a 1 e 2 stelle, che ancora fino al 2000 rappresentavano circa la metà degli alberghi italiani, si è ridotto al 24,6% nel 2019, mentre ha assunto un’importanza preponderante quello degli alberghi a 3 stelle, attualmente la categoria più rappresentata (55,2%), ed è cresciuto in maniera esponenziale quello degli alberghi a 4 e 5 stelle (graf.3.4).

L’analisi delle caratteristiche strutturali degli alberghi italiani a livello territoriale disaggregato

evidenzia come la maggior parte degli esercizi e dei letti continui ad essere localizzata nelle regioni del Nord, caratterizzate da una più antica vocazione turistica. Nello specifico, la regione in cui l’offerta ricettiva alberghiera (in termini di letti) è più elevata è l’Emilia Romagna, seguita da Trentino Alto Adige e Veneto. Va comunque aggiunto che nel corso degli anni si è assistito ad una ridistribuzione dell’offerta nelle aree del paese: a una diminuzione di incidenza delle regioni del Nord, si contrappone infatti un aumento di quella delle regioni meridionali, sia in termini di esercizi che di letti. A crescere di più tra il 2000 e il 2019 è stata, infatti, l’offerta ricettiva alberghiera delle

regioni meridionali, che si è mostrata particolarmente dinamica in Puglia, dove il numero di letti è aumentato del 90,2%, Sicilia (+60,8%), Basilicata (+57,8%) e Calabria (+53,6%).

In generale, la relativa maggiore qualificazione delle strutture alberghiere operanti nell’Italia

meridionale trova la sua giustificazione nello sviluppo più recente dell’offerta turistica di quest’area del Paese. Il quadro dell’offerta ricettiva alberghiera appena delineato, che fotografa la situazione a fine 2019, rischia di subire sostanziali trasformazioni a seguito della pandemia di Covid-19 e delle sue ricadute sul sistema turistico del Paese. Sebbene gli alberghi non siano stati costretti a chiudere dai vari DPCM, Federalberghi riferisce che nel periodo del lockdown circa il 95% ha chiuso a causa del calo della domanda. A rischio di sopravvivenza sono soprattutto quelli di piccola e media dimensione che in Italia sono la maggioranza. Come sottolinea l’Ocse nella nota Covid-19: SME Policy Responses, le PMI sono più vulnerabili agli shock della domanda e dell’offerta in particolare per quanto riguarda

la loro liquidità e possono avere meno resistenza e flessibilità per far fronte ai costi che tali shock comportano, con il grave rischio che gran parte di esse non sopravviva nei prossimi mesi.

La bilancia turistica

Le ripercussioni del Covid-19 si prospettano pesantissime anche sulla bilancia turistica del

nostro paese dal momento che le conseguenze negative della pandemia si abbatteranno in maniera più intensa sui flussi turistici provenienti dall’estero. Una prima indicazione della drastica riduzione che subiranno le entrate della bilancia turistica nell’anno corrente viene dalle stime realizzate dall’ISTAT, secondo cui sarebbe già pari a 10 miliardi di euro la spesa “mancata” degli stranieri tra marzo e maggio 2020.

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