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La plastica: tra sviluppo e sostenibilità

Senza una visione olistica dello sviluppo sostenibile e la ricerca del nesso causale tra deterioramento ambientale e salute, non avremo progresso sociale ed economico, con il conseguente allargamento delle sperequazioni nella distribuzione delle risorse e delle cure per miliardi di persone

Michele Pagani

Riprendere il viaggio nel mondo della plastica senza volgere l’attenzione alla situazione sanitaria attuale è impossibile. Quando iniziammo a scrivere il primo articolo a settembre non avevamo ancora completamente realizzato quanto fosse grave e dirompente la seconda ondata di Covid-19. Lo stato di emergenza in cui ci troviamo ora ci riporta e ci obbliga a considerare la sostenibilità ambientale, nella sua accezione più ampia, indissolubilmente collegata alla salute. Un vero proprio binomio attorno a cui ruota il futuro del pianeta. La ricerca dell’equilibrio dello sviluppo deve essere oggetto di impegno a tutti i livelli, dalla politica all’economia, dagli enti alle associazioni, dalle imprese ai lavoratori. Un grande sforzo che, nel confronto dialettico e nello sviluppo della conoscenza, dovrà produrre regole avanzate, mettendo in soffitta la parte “baroccheggiante” della burocrazia. In questo contesto si cala il Green Deal Europeo per la neutralità climatica, con il forte impulso all’economia circolare, alla diminuzione dell’inquinamento e al ripristino della biodiversità. Un vero e proprio nuovo modo di pensare!

Date queste premesse possiamo riprendere il nostro percorso all’interno del settore della plastica, ospitando interventi, contributi e punti di vista di associazioni e di operatori di filiera. In aggiunta tratteremo brevemente le questioni relative alla Plastic tax e Plastic Tax europea per un aggiornamento sulle evoluzioni in materia normativa.

Iniziamo con IPPR – Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo – Dott.ssa Maria Cristina Poggesi segretario di IPPR – che ci fornisce un sintetico quadro di riferimento per quanto attiene alla plastica riciclata.

L’ultimo studio di IPPR – Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo evidenzia che nel 2019 sono stati utilizzati dall’industria di trasformazione italiana circa 1,175 milioni di tonnellate di polimeri rigenerati, segnando così anche quest’anno un incremento che si attesta al +4,4% rispetto al 2018.

Rispetto all’analisi sul trasformato del 2015 l’incremento supera il 14 %.

Sono numeri che evidentemente danno la misura del crescente interesse per i temi della sostenibilità e dell’economia circolare, numeri che IPPR vede riflessi nel continuo aumento di aziende che richiedono il marchio Plastica Seconda Vita (certificazione riconosciuta sul contenuto di riciclato) e di prodotti certificati.

Il repertorio Plastica Seconda Vita infatti ha ormai superato i 3700 prodotti certificati, dai materiali da trasformare ai prodotti finiti come flaconi e imballaggi di ogni tipo, pannelli isolanti, arredi, giochi, articoli per la pulizia, la casa e la persona, ecc.

È interessante notare che è soprattutto la plastica post-consumo (cioè quella derivante dalla raccolta differenziata che tutti noi facciamo) a trainare la crescita del riciclato. Questo perché da un lato stiamo diventando sempre più bravi nella raccolta e nel riciclo, dall’altro le aziende sono sempre più impegnate a rendere efficiente il processo produttivo, con riduzione dell’utilizzo di materie prime e minimizzazione degli scarti prodotti.

Più difficile, invece, fare previsioni per il futuro: gravano non soltanto l’incertezza e le conseguenze attuali e future sull’economia della pandemia in corso, ma anche i timori per l’attuazione della plastic tax, definita nell’ultima legge di bilancio, che pur esentando le plastiche riciclate, avrà importanti impatti su tutto il comparto. Anche i prezzi dei materiali vergini, attualmente particolarmente competitivi, sembrano poter rallentare – se non sfavorire – l’impiego di polimeri da riciclo.

Questi ed altri aspetti verranno ulteriormente indagati in un prossimo studio, di carattere qualitativo, che verrà svolto nei prossimi mesi e che come sempre avrà l’obiettivo di indagare limiti, ostacoli all’utilizzo di materiali riciclati e relativa potenzialità di sviluppo.

 

 

In uno scenario dove la sostenibilità ambientale è una delle principali variabili strategiche globali, insieme alla salute, ci si interroga sull’evoluzione nell’utilizzo della plastica post consumo (PCR e PIR) nel mercato non food. Quale quota della domanda totale di plastica, quella post consumo potrà rappresentare nei prossimi tre-cinque anni? Come si riuscirà a bilanciare evoluzione e sicurezza con la sostenibilità?

Su questi temi abbiamo intervistato alcuni personaggi rappresentativi del settore: l’Ing. Mario Ceribelli, Presidente “Federchimica-PlasticsEurope Italia”, Paolo Fabbri AD di Punto 3 S.r.l., società di consulenza focalizzata sui progetti per lo sviluppo sostenibile, e l’Ing. Giampaolo Ferronato IMP R&D e Sales Manager, per un contributo di un operatore di filiera.

Abbiamo poi raccolto il punto di vista di due associazioni, Afidamp – Associazione dei Fabbricanti e Distributori Italiani di Macchine, Prodotti e Attrezzi per la Pulizia Professionale e l’Igiene degli ambienti – e Assorimap – Associazione nazionale riciclatori e rigeneratori di materie plastiche – relativo alla sostenibilità ambientale e all’evoluzione nell’utilizzo della plastica e della plastica post consumo (PCR e PIR). 

Ci scusiamo con i lettori perché per questioni di spazio non siamo riusciti ad ospitare i punti di vista delle associazioni legate all’ambiente, ci ripromettiamo di farlo in un numero successivo.

 

Ing. Mario Ceribelli, Presidente “Federchimica-PlasticsEurope Italia”:

L’evoluzione nell’utilizzo della plastica post consumo è già in atto, nonostante ci sia ancora tanta strada da fare. La sensibilità della gente sta già cambiando, sta cambiando la prospettiva con cui noi tutti guardiamo ai diversi prodotti a fine vita, non più rifiuti ma risorse da gestire e da valorizzare. Dobbiamo proseguire su questa strada, bandendo nel modo più assoluto il conferimento in discarica delle materie plastiche, lavorando sulla circolarità delle materie plastiche per incrementarne nel contempo il riciclo e il recupero, migliorando ad esempio l’eco-design dei prodotti perché siano sempre più sostenibili. 

Le aziende del settore sono molto attente ed impegnate su tale fronte, sono consapevoli del cambiamento in essere e della necessità di trovare nuove soluzioni per una maggiore circolarità. A tal proposito vorrei inoltre ricordare la Circular Plastics Alliance (CPA), il progetto promosso dalla Commissione europea nell’ambito della Plastics Strategy, sottoscritto da oltre 230 firmatari tra associazioni di categoria, imprese del settore, enti e istituzioni, per la promozione di un’economia circolare attraverso il riutilizzo delle materie plastiche: 10 milioni di tonnellate di plastiche riciclate in nuovi prodotti entro il 2025. PlasticsEurope è una delle Associazioni firmatarie della CPA che mira ad azzerare la dispersione dei rifiuti plastici nell’ambiente e il loro conferimento in discarica. Esiste inoltre un consorzio l’Alliance to End Plastic Waste – costituito da oltre 40 aziende leader di mercato a livello mondiale, aziende multi-brand, produttori e trasformatori di materie plastiche, società specializzate nella gestione dei rifiuti, il cui obiettivo è quello di investire 1,5 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni per contribuire a eliminare i rifiuti di plastica nell’ambiente. Molte delle loro attività saranno ad esempio finalizzate allo sviluppo delle infrastrutture per la gestione dei rifiuti, raccolta e riutilizzo della plastica in quelle aree del mondo in cui quella sensibilità di cui parlavamo prima non c’è ancora.

Riciclo chimico

Il riciclo meccanico e la termovalorizzazione non bastano, per evitare il conferimento in discarica e la dispersione nell’ambiente dei materiali è necessario sperimentare una nuova strada su cui molte aziende stanno investendo: quella del riciclo chimico. Il rapido sviluppo delle tecnologie per lo sviluppo del riciclo chimico sarà d’aiuto, fornendo una soluzione per una migliore gestione dei rifiuti di plastica difficili da trattare, affinché possano essere impiegati come materia prima nella produzione di nuove plastiche con caratteristiche e proprietà che non differiscono da quelle delle plastiche “vergini”, nell’ottica di una crescente circolarità.

Il riciclo chimico va considerato come complementare al riciclo meccanico: con il riciclo chimico è possibile riciclare quei rifiuti che oggi vengono avviati alla termovalorizzazione e all’incenerimento perché non possono essere riciclati meccanicamente. Sono già state avviate piattaforme europee per accelerare l’innovazione del riciclo meccanico e del riciclo chimico e sono diversi i progetti di ricerca in essere a livello europeo sviluppati dai produttori.

Ruolo delle plastiche

Se guardo al futuro mi aspetto una crescita di interesse nei confronti della plastica post consumo. Al di là di cifre e percentuali migliorerà certamente la qualità del materiale riciclato, anche grazie ad impianti più performanti e quindi la domanda.

Negli ultimi nove mesi abbiamo avuto modo di riconsiderare il ruolo delle plastiche, di scoprirne la centralità in settori applicativi diversi da quelli in cui siamo abituati ad inquadrarle perché solitamente lontani dal nostro quotidiano, mi riferisco al medicale: mascherine, guanti, respiratori, ed altre apparecchiature salvavita, non sarebbero possibili senza la plastica. Materiale che ritroviamo in diversi momenti della nostra vita, nei dispositivi elettrici ed elettronici, nelle auto e nei mezzi di trasporto, nelle costruzioni. Ed anche qui ci rendiamo conto di come sarebbe difficile il mondo senza la plastica, ci rendiamo conto anche del suo contributo a livello ambientale. Grazie alle sue caratteristiche di leggerezza e di isolamento termico, ad esempio, la plastica ci aiuta, a ridurre il consumo di carburante e conseguentemente le emissioni di CO2

Per bilanciare l’evoluzione e la sicurezza resi possibili da tale materiale con la sostenibilità, occorre guardare anche alla gestione del suo fine vita di cui abbiamo appena parlato ma su cui vorrei tornare.  È indispensabile che anche i consumatori facciano la loro parte, per un utilizzo più consapevole, informato e responsabile dei materiali.

Economia circolare

Nel documento strategico “Plastics 2030 – PlasticsEurope’s Voluntary Commitment”, presentato nel 2018 i produttori di materie plastiche si pongono un obiettivo ambizioso: raggiungere il 60% di raccolta per gli imballaggi in plastica entro il 2030 e il 100% entro il 2040 nell’UE-28, in Norvegia e in Svizzera.  L’obiettivo di PlasticsEurope è quello di ridurre a zero la presenza di plastica nelle discariche e, quindi, che tutti i rifiuti in plastica siano recuperati. Plastics 2030, in linea con la Plastics Strategy della Commissione europea, conferma inoltre l’impegno nel prevenire la dispersione delle materie plastiche nell’ambiente, in particolare promuovendo iniziative e progetti finalizzati ad accrescere la consapevolezza di comportamenti sostenibili. 

La plastica, con le sue proprietà, è in grado di bilanciare perfettamente l’evoluzione e la sicurezza con la sostenibilità, contribuendo allo stesso tempo al raggiungimento degli obiettivi dell’economia circolare. Un esempio? Uno studio, realizzato dalla Società Denkstatt, ha dimostrato che la sostituzione degli imballaggi in plastica comporterebbe un aumento del peso degli imballaggi di quasi 4 volte e un aumento del traffico di trasporto merci su strada di circa il 50%.

Le campagne “plastic free” sono tante è vero ma è impossibile pensare ad un futuro senza plastica: impareremo a produrla e ad utilizzarla in modo diverso ma il loro contributo al nostro benessere ed anche a quello dell’ambiente, è tale da non poterne fare a meno. Sono fiducioso che, con il tributo di tutti, della filiera, dei consumatori e delle istituzioni, insieme ce la faremo!

 

Paolo Fabbri AD di Punto 3 S.r.l., società di consulenza focalizzata sui progetti per lo sviluppo sostenibile:

In uno scenario globale come quello in cui ci troviamo diventa fondamentale per tutti i prodotti costituiti da plastica post-consumo essere in grado di abbinare a questa caratteristica condizioni imprescindibili come la sicurezza, la resistenza e la costanza di prestazione. In alcuni ambiti infatti tali caratteristiche non è detto che vengano sempre e comunque garantiti da prodotti in plastica riciclata.

Oggi il nuovo Green Deal Europeo, voluto da Ursula von der Leyen, ha definito una precisa tabella di marcia con azioni volte a promuovere l’economia circolare. Una roadmap che si fa forte delle ultime direttive sul riciclo ma che sposta ancora più in alto l’asticella dell’ambizione. In questo contesto, anche alla luce delle richieste di prodotti in plastica riciclata formulate dalle Pubbliche Amministrazioni che applicano i CAM, la crescita della domanda di prodotti in plastica riciclata aumenterà in modo significativo a patto che tale caratteristica sia verificata attraverso uno schema di certificazione come ad esempio Plastica Seconda Vita. Dichiarazioni ambientali formulate dal produttore senza precise e riconosciute evidenze di conformità non avranno “vita lunga” in un contesto politico e normativo come quello attuale.

Cleaning professionale

Settori come quello del cleaning professionale stanno svolgendo un ruolo da protagonisti nella gestione dell’emergenza causata dal COVID-19.  Considerando la sempre più pressante richiesta di interventi di sanificazione, una impresa di pulizia potrebbe decidere di quantificare attraverso la Carbon Footprint gli impatti ambientali del servizio erogato. Inoltre, potrebbe anche comparare da un punto di vista ambientale i diversi protocolli di sanificazione in chiave “COVID-free”, che potrebbe offrire sia a un acquirente pubblico obbligato ad applicare i Criteri Ambientali Minimi (CAM), sia a un acquirente privato impegnato nella concretizzazione dei principi della Responsabilità Sociale d’Impresa. Tale strada dovrebbe essere seguita anche da produttori di prodotti, attrezzature e macchinari alla luce degli impegni inderogabili fissati dall’Unione Europea nel Green Deal: neutralità climatica dell’Europa entro il 2050. Inoltre, il piano di investimenti previsto dal Green Deal stabilisce che il 25% del bilancio dell’Unione è destinato a investimenti a favore del clima.

 

Ing. Giampaolo Ferronato IMP R&D e Sales Manager di IMP Spa, importante operatore nel mondo del packaging (flaconi):

La parola che integra e anticipa l’evoluzione che il riciclo della plastica dovrà avere in futuro è “circolarità”. Il processo di riciclo attuale, pur rispondendo alla primaria domanda di recuperare il rifiuto plastico conferendogli una seconda vita, ha dei limiti legati al depauperamento delle prestazioni del materiale risultante. Questo implica un lento ma progressivo impoverimento della materia prima recuperata e, conseguentemente, delle limitazioni all’impiego della stessa. La soluzione è una tecnologia in grado di realizzare nel concreto la circolarità generando materiali con pari caratteristiche di quelli iniziali (ad esempio il riciclo chimico).

Sostenibilità

Non si può parlare di evoluzione e sicurezza senza sostenibilità. Viviamo in un mondo sempre più interconnesso in cui il mercato è fortemente guidato da sensibilità diffuse e crescenti (marine littering, le “isole di plastica” negli oceani, etc.). Oggi, la sostenibilità è una componente fondamentale del prodotto unitamente alla sicurezza e al livello tecnologico (“evoluzione”). Non può esserci un prodotto “sicuro” se inquina e compromette la sostenibilità dell’ambiente come non è più accettabile un prodotto che non sia stato pensato, nella propria evoluzione, per minimizzare o azzerare l’impatto sull’ambiente. Anche dal punto della tutela dei brand questo processo è ormai chiaro.

Stefania Verrienti, Segretario Generale Afidamp:

In un momento così drammatico come quello che stiamo vivendo l’attenzione per la salute di tutta l’umanità ha messo in secondo piano l’attenzione verso l’ambiente. Stiamo assistendo ad un uso massiccio di prodotti usa e getta la cui vita è brevissima, il loro destino è quello di diventare rifiuti in pochissimo tempo e l’uso massivo che se ne sta facendo trasforma quei numeri in una potenziale minaccia ecologica.

Le previsioni di eliminazione di una gran parte di prodotti in plastica (piatti, posate, cannucce, ecc.) previsti dalla direttiva UE 2019/904 non avevano considerato ovviamente la pandemia da SARS-CoV-2. 

La salute viene prima di tutto e, in molti protocolli di disinfezione soprattutto all’interno delle strutture sanitarie, il ricorrere a elementi usa e getta è davvero indispensabile. 

In questo scenario è prioritario fare una corretta e rigorosa differenziazione dei rifiuti e una raccolta differenziata più efficiente su tutto il territorio. Anche l’introduzione di una cauzione sugli imballaggi potrebbe essere utile a coinvolgere maggiormente il cittadino.

L’industria del cleaning si è dimostrata sempre molto interessata alle tematiche ambientali collaborando in modo efficace e consapevole con il legislatore alla redazione delle norme CAM (criteri ambientali minimi) che consentono di individuare il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita. In particolare, per quanto riguarda l’uso delle materie plastiche, grande attenzione è stata posta dai produttori dell’industria del cleaning professionale alla plastica post consumo. Afidamp ha coinvolto i propri associati in diversi tavoli di confronto al fine di esplorare nuove vie per un uso sempre più consistente di plastiche post consumo. Moltissimi i produttori che hanno intrapreso questo percorso.

Al fine di generare un cambio di rotta netto da parte delle aziende di produzione, sarebbe auspicabile che il legislatore, anziché imporre loro dei diktat, redigesse norme che rendano economicamente conveniente la prevenzione dei rifiuti da imballaggio o le incentivasse all’utilizzo della plastica post consumo. 

Sarebbe inoltre utile una politica volta a semplificare il quadro normativo e a incoraggiare gli acquisti verdi da parte degli utilizzatori introducendo norme che premino i consumi sostenibili. 

Nell’immaginare un’evoluzione nell’uso delle plastiche post consumo non si può non considerare il piano molto interessante elaborato dalla fondazione Ellen MacArthur che si pone l’obiettivo di riciclare il 70% degli imballaggi di plastica immessi sul mercato. La strategia è articolata su diversi livelli: dal design dei packaging per ridurre la quantità di materiale impiegato per renderli più facilmente riciclabili, al potenziamento delle infrastrutture di raccolta e riciclo, fino allo sviluppo di nuovi modelli per un uso più efficiente di materiali e materie prime. 

Il futuro è dunque nell’uso sempre più massiccio e consapevole di plastica post consumo in tutti gli ambiti. Fondamentale, come sempre, sarà la ricerca volta al recupero degli imballi difficilmente riciclabili e l’elaborazione di un protocollo per un impiego sostenibile di tutti i materiali plastici.

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