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Gestione rifiuti, una nuova voce per l’Italia

Claudia Mensi sarà dal 2023 il nuovo Presidente della Federazione europea imprese di gestione rifiuti (FEAD). Una grande occasione, per il nostro Paese e le sue imprese, per svolgere un ruolo di primo piano a livello europeo

di Maurizio Pedrini

Nel corso dell’Assemblea Generale della Federazione Europea delle imprese che operano nel settore dei servizi ambientali e nella gestione dei rifiuti (FEAD) Claudia Mensi, Laboratory Manager della multiutility A2A, in rappresentanza dell’Associazione Imprese Servizi Ambientali (FISE Assoambiente),  è stata nominata Vice President e Incoming President. La dottoressa Mensi affiancherà l’attuale Presidente FEAD, Peter Kurt per il 2022 e subentrerà alla Presidenza nel 2023. La FEAD, attraverso le Associazioni nazionali di categoria ad essa aderenti, tra cui FISE Assoambiente per l’Italia, rappresenta ben 18 Paesi europei e 3.000 aziende con 320.000 addetti, che gestiscono circa il 60% del mercato dei rifiuti urbani e oltre il 75% dei rifiuti industriali e commerciali in Europa, con un fatturato annuo complessivo di circa 75 miliardi di euro. Abbiamo incontrato la neo eletta, per rivolgerle alcune domande e conoscere i suoi progetti.

La sua elezione è un fatto particolarmente positivo, considerando la carenza di rappresentanza italiana in seno ad importanti organismi europei: è d’accordo?

“Direi che questo è un dato oggettivo, anche se negli ultimi anni, a dire il vero, si è vista una partecipazione maggiore, specialmente a livello tecnico. Quindi di fatto sono anche contenta di questo aspetto, perché ritengo che per noi sia giunto il momento di farci vedere non solo dal punto di vista tecnico ma anche con la capacità di saper gestire delle situazioni a livello europeo, coordinandoci efficacemente con le nostre associazioni italiane di riferimento per svolgere un efficace gioco di squadra. Del resto, nel nostro caso, si tratta di un giusto premio, perché ritengo che FISE, a suo tempo, sia stata assai lungimirante nel partecipare alla fondazione di FEAD, in quanto a quei tempi si credeva poco nel ruolo italiano in ambito europeo e prevaleva piuttosto la tendenza a subire le decisioni altrui”.

La gestione dei rifiuti rappresenta una delle principali sfide strategiche per la realizzazione della cosiddetta transizione ecologica: come pensa vada affrontata?

“Credo senz’altro che la prima esigenza sul tappeto sia quella di un approccio libero dai preconcetti con i quali spesso si approccia questa tematica. Il settore dei rifiuti negli ultimi anni ha assunto un ruolo rilevante in campo produttivo, perché non si tratta soltanto di un servizio pubblico essenziale nell’ambito dei rifiuti urbani, ma ha anche delle ricadute immediate sulla salubrità dell’ambiente e dei contesti. Perciò si tratta di un settore che sta crescendo anche per effetto del recupero, e quindi grazie alla possibilità di recuperare dai rifiuti materie prime che poi servono nuovamente all’industria. La gestione integrata dei rifiuti si è rivelata come una delle fonti di approvvigionamento più costanti di materie di grande utilità e anche nell’ambito della produzione di energia. Il pacchetto normativo dedicato all’economia circolare vincola i Paesi membri dell’UE al raggiungimento di due fondamentali  obiettivi. Il primo è il riciclo di almeno il 55% dei rifiuti urbani entro il 2025. Questa quota è destinata a salire al 60% entro il 2030 e al 65% entro il 2035. Il secondo obiettivo è il riciclo del 65% dei rifiuti di imballaggi entro il 2025 (70% entro il 2030) con obiettivi diversificati per materiale. Quindi un grande sforzo, in particolare per il recupero dei rifiuti domestici e commerciali ma anche un decisivo vincolo alle normative di scarto, in quanto potremo al massimo arrivare al 10%.

Rispetto a quali tematiche pensa di poter apportare il maggior contributo?

“Vorrei portare le significative esperienze maturate, soprattutto negli ultimi anni, dalle imprese italiane che rappresento. Sono consapevole che noi italiani, in Europa, possiamo vantare un know how particolarmente apprezzato, ma lo sviluppo è decisamente frenato da un contesto normativo troppo rigido, che ne condiziona pesantemente l’operatività. Senza essere presuntuosi, è bene sottolineare che siamo molto apprezzati all’estero, dove però i nostri partner sono spesso spaventati, non solo dal carico burocratico e dai vincoli legislativi, ma anche dall’incertezza e dalla confusione che regna sovrana nella modalità di approccio al settore. Tutti noi sentiamo la minaccia di questa Spada di Damocle che pesa sulle nostre teste”.  

Certo, però, anche le Direttive e le dinamiche europee risultano a volte contraddittorie e minacciose per il nostro Paese. O mi sbaglio?

“Vi è talvolta un’erronea percezione, a livello diffuso, del loro significato profondo. Personalmente ritengo che siano utili ed aiutino, in alcuni ambiti, a fare chiarezza mettendo un po’ d’ordine nella situazione, a volte caotica, che viviamo in Italia. Credo che si debba fare estrema attenzione al loro momento evolutivo, in quanto molte di esse sono ancora in divenire e non sono state emanate né pubblicizzate. Come Stato membro e fondatore dell’Unione Europea dovremmo senz’altro farci sentire di più, ma questo è un compito della politica”.

Quello della gestione dei rifiuti nel nostro Paese rappresenta ancora un capitolo abbastanza doloroso e ricco di contraddizioni: come si posiziona l’Italia in ambito europeo e quali sono le principali criticità da affrontare?

“Come le dicevo, l’Italia si posiziona tra i best performer in Europa proprio per la capacità di recuperare materiali dai rifiuti: la percentuale è cresciuta costantemente negli ultimi anni, ma – purtroppo – non siamo stati in grado di incrementare significativamente la quota di recupero energetico, che è rimasta sostanzialmente costante dal 2009 ad oggi, il che si è tradotto nel ricorso continuo alla discarica. Tanto per farle un esempio con un Paese a noi vicino, siamo ai livelli della Germania degli anni 2000. Il lavoro da compiere, come può ben capire, è ancora parecchio”.

Questo è un dato grave e problematico, proprio alla luce della pesante crisi energetica che stiamo vivendo: si ha la sensazione che il nostro sia un Paese incapace di guardare al futuro e programmare le proprie scelte,  costantemente alle prese con continue emergenze. Lei non crede?

“Condivido pienamente il suo giudizio: i flussi delle raccolte differenziate hanno tenuto conto di alcune filiere del riciclo, in qualche caso anticipando addirittura gli obiettivi prefissati, mentre sui dati dello scorso anno hanno sicuramente pesato tantissimo le restrizioni della domanda conseguenti  al contenimento del SARS CoV 2, con un parziale recupero solo nella seconda parte dell’anno. Ribadisco che per attuare una vera transizione ecologica nel nostro Paese, servirebbe anzitutto un’effettiva semplificazione normativa, con molti incentivi all’uso di prodotti riciclati. La crescita di rifiuti riciclati è comunque costante, analizzando – per esempio – il riciclo degli imballaggi, notiamo che nel 2020, nonostante la pandemia, la percentuale di imballaggi riciclati sul territorio nazionale ha raggiunto il 73%, aumentando di oltre 3 punti rispetto al 2019”.

Dunque, complessivamente, le scelte politiche che riguardano la gestione dei rifiuti diventano sempre più importanti: con quali scenari?

È un panorama a macchia di leopardo. Gli scenari, per quanto riguarda le altre filiere, sono articolati e diversi, sia in ambito nazionale che europeo, sia come target di raccolta che utilizzo e riciclo. La crisi di alcuni settori, come l’automotive  e l’edilizia, con la consistente riduzione della domanda, ha causato un crollo dei prezzi delle materie prime che ha interessato anche i materiali riciclati. Oggi, come ben sappiamo, la situazione è radicalmente opposta: i più importanti Paesi fornitori – in primis la Cina, ripartita in anticipo rispetto agli altri – hanno investito tantissimo sia sull’acquisto di materie prime, che sul recupero delle stesse,  facendone incetta e scorta. Ragion per cui, oggi la vendita avviene in quantità limitate. Questo fenomeno, ovviamente, sta determinando spropositati aumenti dei prezzi, sempre più esponenziali, dei materiali in commercio. In definitiva, questi eventi ci fanno comprendere quanto sia fragile il Sistema Paese Italia, ma anche quello europeo e quanto entrambi dipendano dalle politiche economiche di altri Stati. Ecco perché il riciclo è essenziale, non soltanto per la transizione ecologica, ma anche per una vera e propria resilienza del sistema economico e sociale. È necessario investire parecchio sulla creazione di un mercato e di una cultura che siano in grado di valorizzare correttamente, anche nell’industria, con gli opportuni strumenti, i materiali prodotti da riciclo, scoraggiando l’impiego di materie prime vergini”.

 

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