Gli acari dei formaggi
Hanno un ruolo bivalente: rappresentano un pericolo igienico-sanitario ma valorizzano anche le qualità organolettiche di certi formaggi
di Chiara Dassi
Brutti sono brutti, da ammirare? Per certi versi sì! Riescono a colonizzare gli ambienti più dissimili, anche se i più preferiscono il caldo umido. Sono solo dannosi? Se pensiamo alle allergie o alla scabbia (grattarsi) ci verrebbe di rispondere di sì, ma è anche vero che data la loro capacità di nutrirsi di quasi tutte le sostanze organiche è pur vero che hanno un ruolo importante nel ciclo delle fermentazioni putrefacenti. Come vedremo più avanti anche nei confronti dei formaggi hanno un ruolo bivalente: valorizzano le qualità organolettiche di certi formaggi ma in genere la loro presenza e le loro deiezioni rappresentano un pericolo igienico-sanitario.
A battezzarli fu Aristotele [384-322 a.C. (filosofo dell’antica Grecia è considerato uno dei padri della logica e della ricerca scientifica)] precisamente akaríaios (ακαρίαιος: piccolissimo animale) che descrisse un animaletto presente nelle derrate alimentari quasi invisibile ad occhio nudo tanto da non capire se fornito di arti di colore biancastro. Fu solo nel 1600 con i primi microscopi semplici ma già in grado di ingrandire più di 100 volte che gli zoologi cominciarono a studiarne la morfologia.
Gli acari utili al formaggio
In Germania si produce un formaggio il Milbenkäse e in Francia la Mimolette il cui particolare sapore è aspetto è conferito da una sorte di simbiosi con gli acari della specie Tyrolichus casei per quello tedesco e dell’Acarus siro per quello francese.
Gli acari dannosi al formaggio
Numerosi sono le specie di acari dannosi ai formaggi e agli insaccati, spesso si concentrano fra la crosta dei formaggi e sul budello dell’insaccato e lo spago che li racchiude. Fra le specie più diffuse si annovera il Tyrophagus putrescentiae e il già citato Acarus siro (di cui allego la scheda bio-etologica).
Protocolli di difesa
Indico solo le linee guida perché i programmi di lotta devono tenere conto delle peculiarità ambientali in cui tali interventi si devono attuare. Infatti, è pur vero che gli acari non amano il fresco e prediligono gli ambienti umidi, ma è pur vero che certi tipi di stagionatura richiedono proprio queste condizioni climatiche.
Appare quindi necessario una stretta collaborazione fra il disinfestatore e il responsabile di produzione e il responsabile della stagionatura e controllo qualità.
Fatto salvo la pulizia entomologica come prerequisito igienico insieme alla corretta aereazione e condizionamento (temperatura e Ur) le linee generali di lotta si imperniano di formulati privi di residualità e/o polvere di diatomee e/o uso di vapore saturo secco e/o atmosfere controllate. Naturalmente non si può escludere a priore l’uso di formulati residuali, purché non generino vapori e limitatamente alle strutture murarie.
Esempio di protocolli operativi
(Esempio da sottoporre a revisione critica caso per caso) |
Prevenzione
Pulizia frequente dei locali, con eliminazione dei residui alientari e dei detriti organici. Controllo delle derrate in arrivo. Immagazzinamento degli alimenti su bancali sollevati dal suolo e distanziati opportunamente tra di loro. Riduzione dell’umidità ambientale (sotto il 60 – 65 %) tramite condizionatori, deumidificatori e ventilatori. Immagazzinamento di derrate contenenti un’umidità inferiore al 13 %. |
Tecniche di lotta
Possibile utilizzo di antagonisti biologici, meglio se associati alla lotta chimica (l’acaro Cheyletus eruditus, o i funghi Sparedonem sebi e Aspergillus restrictis). Uso di mezzi fisici di lotta: innalzamento della temperatura delle derrate (50° – 60° C per 60 – 150 secondi), ottenuto con infrarossi o raggi gamma. Vapore saturo secco. Polvere di diatomee. Spazzolatura periodica dei salumi e dei formaggi durante la stagionatura, uso integrato di prodotti acaricidi (piretrine prive di azione residuali) e antimuffa (sorbato e pimaricina). Impiego di fumiganti è consentito solo a persone autorizzate. |