Un esempio emblematico di lotta alle zanzare
L’emergenza nasce in un presidio ospedaliero dove da un paio d’anni si sviluppa una infestazione di zanzare sempre più insostenibile
di Alex Pezzin
L’episodio che cercherò di descrivere, oltre che avermi regalato la soddisfazione di aver risolto un problema, mi ha anche regalato di ritrovarmi al liceo ricordando le parole del professore di filosofia, che sottolineava i due aspetti delle nostre scelte professionali (che poi proprio scelte non sono perché spesso il caso ci mette lo zampino): possiamo ritenere che la nostra conoscenza sia frutto delle nostre esperienze oppure che si cerchi da una esperienza, razionalizzandola, di ricavare una regola generale; trarrò qualche considerazione alla fine dell’articolo.
In ogni caso, niente paura, mi limito a sottolineare due aspetti del nostro lavoro: da una parte le istanze di principio di rispetto per l’ambiente che cerco di seguire e credetemi la cosa richiede impegno e fatica e, devo aggiungere con un certo rammarico, che spesso devo combattere con delle strumentalizzazioni puramente commerciali da parte di improvvisati apprendisti stregoni e dall’altra la necessità di integrare situazioni in cui l’emergenza richiede di tamponare il problema mentre si cercano soluzioni che il lessico attuale definirebbe ecologicamente sostenibili.
L’emergenza nasce in un presidio ospedaliero dove da un paio d’anni si sviluppa una infestazione di zanzare sempre più insostenibile. Il fenomeno non è controllato dalle zanzariere che sono state scrupolosamente esaminate e, dove necessario, ripristinate. Le catture consentono di identificare la specie nella Culex molestus.
L’ipotesi più attendibile è che all’interno della struttura si nasconda un sito di riproduzione, ma per quanto io ispezioni la struttura non riesco a identificarlo. Intanto si cerca di tamponare la situazione con micro interventi di lotta adulticida usando formulati a base di piretrine naturali distribuite con nebulizzatori a basso volume limitatamente alle aree semi interrate ove si possa precludere la presenza di persone per tutta la notte (per poi arieggiare) e trattamenti circoscritti al perimetro esterno nelle ore notturne con irroratrici a batteria, per non fare rumore. Inoltre, si posizionano delle trappole nelle cucinette e aree di servizio fino al terzo piano (in effetti il problema in quel piano era assai limitato, le zanzare si scatenavano ai piani inferiori).
È innegabile l’ottenimento di qualche risultato, ma comunque non risolutivo e, per giunta, limitato nel tempo: due o tre giorni.
Intanto le riunioni e le telefonate si susseguono finché, planimetrie alla mano, si identifica una sorta di vespaio chiuso, inaccessibile, in cui passano molte tubature. Evidentemente va ispezionato, ma sorgono non poche difficoltà: la prima è quella di rendere accessibile il locale, la seconda è chi materialmente farà le ispezioni e con quali dispositivi di sicurezza.
Pur attivando le procedure d’urgenza i giorni passano e le zanzare sembrano volersi vendicare diventando ancora più pungenti! Finalmente il gran giorno arriva, con l’aiuto del geometra addetto al coordinamento delle manutenzioni edili dell’ospedale che invero aveva quasi da subito accennato a strutture interrate chiuse frettolosamente per arrivare nei tempi previsti alla consegna dell’edificio e alla successiva inaugurazione, ma anche per lui si trattava di ricordi vaghi e di dicerie a livello di radio gavetta.
Comunque l’accesso viene realizzato e una volta messo in sicurezza un uomo bardato di autorespiratore entra e affonda in un vero e proprio lago. Esce e sostiene che ci vogliono i pompieri. In effetti sono bastati un paio di stivaloni e molta prudenza. Comunque alla luce delle pile i voli di nugoli di zanzare sono ben visibili per cui si irrora un prodotto larvicida a base di Bacillus thuüringiensis e B. sphericus e poi una rapida nebulizzazione di piretrine. Si sigilla l’apertura con teli di plastica e nastri adesivi, e si rimanda a quando la ditta specializzata in interventi in realtà a rischio procederà alla bonifica, la cosa richiederà del tempo per cui si decide di ripetere i trattamenti di disinfestazione già dall’indomani, considerato che si possono effettuare dall’esterno in totale sicurezza.
Già dal giorno dopo, la presenza di zanzare adulte nel locale incriminato è pressoché assente e si pensa che in due o tre giorni l’azione larvicida avrà effetto, pur tuttavia si ripete il trattamento.
Il nostro team abbandona il cantiere con l’accordo che appena terminati i lavori saremmo stati chiamati a terminare il nostro lavoro. È trascorso quasi un mese per aspirare l’acqua e la fanghiglia, riparare i tubi che perdevano, realizzare degli accessi per successive ispezioni.
E le zanzare? Praticamente il problema già dagli interventi in emergenza poteva dirsi risolto. In ogni caso quando i lavori nel locale furono terminati due dei nostri tecnici entrarono per effettuare una sorta di disinfestazione “totale”: si dice che quando uno si scotta ha paura anche dell’acqua fredda per cui si è proceduto a una irrorazione di insetticida a effetto residuale sui muri, naturalmente nessun intervento larvicida (non c’erano ristagni d’acqua) e l’impegno di posizionare quattro trappole che sarebbero state ispezionate con cadenza mensile.
A lavoro terminato e problema risolto con nostra soddisfazione, e pari a quella del committente, mi chiedo quanto di questa esperienza possa tradursi in un protocollo generalizzabile. Gli aspetti tecnico-scientifici che sanciscono di arrivare al biotopo di ovideposizione sono noti, i p.a., le attrezzature e le formulazioni altrettanto, per cui quali le difficoltà che si sono dovute affrontare per trovare le soluzioni più idonee. Non riesco a pensare altro che è pur vero: prima dei numeri ci sono gli uomini e dopo i numeri ci sono ancora gli uomini. La prima cosa è stata la reciproca stima professionale; tutti ci hanno messo impegno e tutti si fidavano delle altrui capacità professionali.
Provando e riprovando e con un piccolo sforzo della dea bendata, una vecchia planimetria è saltata fuori e le conseguenze di azioni dettate dalla fretta emerse a distanza di anni sono state risolte.