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EFCI presenta le priorità del suo Manifesto

L'industria europea delle pulizie ha presentato il 6 marzo scorso a Bruxelles il suo Manifesto per il prossimo ciclo istituzionale

Il presidente della Federazione che dà voce all’industria del cleaning e del facility management in Europa, Lorenzo Mattioli, traccia un positivo bilancio dell’incontro dedicato alla presentazione del Manifesto.

Dottor Mattioli, è soddisfatto dell’evento? Quali sono gli elementi positivi emersi da questo importante appuntamento?

“Si, mi ritengo particolarmente soddisfatto dalla riuscita dell’evento. Non solamente in termini di numeri, ma anche – e soprattutto – in termini di importanza e varietà dei partecipanti: abbiamo potuto contare sulla presenza di rappresentanti del mondo imprenditoriale europeo, espressione di settori altri dal nostro; del mondo sindacale e di quello delle istituzioni, europee e nazionali. Abbiamo il dovere di parlare sempre di più al di fuori del nostro circolo ristretto di “addetti ai lavori”, per far capire ai nostri stakeholders quali sono le specificità del nostro settore e i suoi bisogni, a Bruxelles come nelle nostre rispettive capitali nazionali. E, da ultimo, sono lieto di notare il supporto che abbiamo ricevuto dal mondo della politica, dimostrato dagli interventi dei deputati De Meo e Fidanza; testimonianze di ascolto e disponibilità che si aggiungono alle altre – trasversali a tutte le sensibilità politiche – che abbiamo avuto nel corso di questo ultimo anno. EFCI dimostra di essere un interlocutore serio e vede riconosciuto il suo ruolo di stakeholder da parte del mondo politico europeo.”

Il manifesto che avete presentato è articolato in vari obiettivi strategici: quali sono assolutamente prioritari per il settore e perché?

“I punti indicati nel Manifesto sono tutti, per il rispettivo ambito di rilievo, centrali per permettere alla nostra industria di continuare a lavorare nelle migliori condizioni. Tra questi però uno è probabilmente quello centrale, su cui poggiano le altre priorità: quello della revisione delle norme sugli appalti pubblici. Anche a Bruxelles affrontiamo la stessa campagna che ci vede impegnati a Roma per chiedere nuove regole per la committenza pubblica, che spazzino via una volta per tutte il principio del costo più basso come criterio principale di attribuzione, mettendoci in condizione di diventare motore di innovazione, qualità e sempre crescente sostenibilità sociale e ambientale nel nostro lavoro. E anche se le norme sugli appalti pubblici sono per larga parte decise dai governi nazionali, possiamo e dobbiamo intervenire a Bruxelles per far si che alcune ‘storture’ – come ad esempio in materia di revisione dei prezzi – siano eliminate alla radice, contribuendo così a creare migliori condizioni di concorrenza.”

Cosa significa per la vostra Federazione Europea avanzare verso la transizione ambientale con misure assunte, da parte dell’UE, che siano concretamente favorevoli alle imprese di pulizia e Facility Management: potrebbe farci qualche esempio?

“Il tema delle modalità con cui l’Europa dovrà continuare sulla strada della transizione ecologica è ovviamente trasversale al mondo dell’economia; abbiamo visto di recente come per primo il settore dell’agricoltura si sia espresso contro alcune norme ambientali il cui impatto avrebbe comportato un peggioramento delle condizioni di lavoro, una riduzione della competitività e delle prospettive di crescita. Se la sostenibilità ambientale rappresenta una prospettiva di sviluppo dalla quale non è più possibile prescindere, occorre però che le scelte della politica siano guidate da considerazioni tecniche e di fattibilità, e non da obiettivi di natura più ideologica. La transizione ambientale della nostra industria è già avviata, ad esempio rispetto al consumo di acqua, o di ricorso a prodotti di detergenza più rispettosi dell’ambiente, ma occorre proseguire tenendo a mente la fattibilità tecnica e i risvolti operativi delle scelte regolamentari: ad esempio la questione dell’uso dei prodotti biocidi, fondamentali per garantire l’igiene assoluta in determinati contesti operativi, richiede una regolamentazione migliore e più adatta delle attuali applicazioni previste dalle “EcoLabel”. Possiamo fare molto per contribuire agli obiettivi della transizione ambientale, anche rispetto alle attività ‘accessorie’ del nostro lavoro; ma occorre in primo luogo un approccio premiale del legislatore – e non punitivo – e un orizzonte regolamentare stabile.”

Più in generale, il Manifesto chiede che venga finalmente riconosciuto il “peso” economico e sociale del comparto pulizie e FM nelle azioni politiche dell’Unione Europea, con particolare riguardo all’efficienza degli edifici e sulla gestione degli impianti. È un traguardo ambizioso ma raggiungibile, a quali condizioni?

“Malgrado la sua centralità, e nonostante la dimostrazione di grande tecnicità e professionalità del nostro mondo fornita dalla pandemia, la percezione collettiva della reale natura del nostro lavoro è ancora molto parziale e semplicistica, limitata allo svolgimento di attività a basso valore aggiunto. Nella realtà, le nostre procedure sono sempre più informatizzate a automatizzate, e i nostri interventi si inseriscono sempre più nel quadro più ampio di una gestione integrata del facility: i nostri operatori, ad esempio, utilizzano sempre più spesso macchine in grado di raccogliere informazioni ambientali sulle aree in cui intervengono, o sui consumi di determinati materiali o di risorse come acqua ed energia. Questo è solo un esempio delle nuove potenzialità dell’industria, che presenteremo al legislatore perché possa coglierne l’importanza.”

Ci sono altri aspetti rilevanti del Manifesto che, a suo parere, vanno evidenziati con adeguata attenzione?

“Mi preme includere in questo contesto il tema delle competenze, perché può essere la chiave attraverso la quale rinforzare l’attrattività del nostro settore. Quello del cleaning è un ambito occupazionale di ‘predilezione’ per categorie di lavoratori particolari, con poche competenze professionali. Per molti di questi lavoratori, sono le nostre imprese a fornire un primo processo di formazione professionale che, per quanti di loro provengono dall’immigrazione, include elementi di ordine sociale, come l’insegnamento della nostra lingua. Per questo abbiamo bisogno di un sistema di formazione professionale che faciliti il riconoscimento delle competenze ‘informali’, apprese sul luogo di lavoro e non necessariamente certificate ufficialmente, così da permettere a chi lavora con noi di poter dimostrare di possedere determinate competenze professionali utilizzabili anche in futuro.”

Quali saranno le prossime tappe dell’attività pubblica dell’EFCI in vista del nuovo ciclo politico dell’UE?

“Inizia adesso il tempo della campagna elettorale, e il mondo istituzionale è concentrato – come è inevitabile – sulla definizione degli assetti politici futuri. Entro il mese di giugno dovrebbe conoscersi la composizione delle varie Commissioni parlamentari, e sarà a quel momento che prenderemo contatto con i nuovi eletti per presentare la nostra associazione e i nostri obiettivi. Contiamo inoltre di partecipare all’organizzazione della prossima sessione dell’evento LIFE organizzato dalla Fondazione LIFE, che è prevista per il prossimo novembre, quando la nuova Commissione dovrebbe già essere insediata. In quel contesto porteremo di nuovo al centro del dibattito il nostro Manifesto, che presenteremo ai nuovi referenti istituzionali per illustrare loro le nostre esigenze, ed avviare con loro un dialogo costruttivo.”

Maurizio Pedrini

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