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Nuovo codice appalti e salario minimo

L’entrata in vigore del Nuovo Codice degli Appalti dovrà essere accompagnata da una riforma complessiva della Pubblica Amministrazione. A colloquio con Andrea Laguardia, Direttore Nazionale Legacoop Produzione e Servizi

Il Nuovo Codice degli Appalti ha cambiato il paradigma degli acquisti che la pubblica Amministrazione è chiamata a seguire? Possiamo analizzarne brevemente i contenuti maggiormente qualificanti?

“Il cambio di rotta rispetto al passato più rilevante è contenuto senz’altro nella prima parte, dall’articolo uno al dodici, in cui vengono definiti i principi generali di riferimento ai quali si ispirano le norme successive. In particolare, i due che meritano maggiore attenzione riguardano la fiducia e il risultato che, proprio per espressa previsione del legislatore diventano altrettanto sostanziali principi interpretativi di riferimento, da applicare perciò coerentemente in tutte le norme del Codice. Questo significa che, una volta in giudizio, il giudice per prendere una decisione rispetto ad un’eventuale causa, avrà un metro di giudizio, verificando il contenzioso proprio attraverso i principi stessi. In buona sostanza, laddove la norma non riesca a regolare il contenzioso, il giudice agirà tenendo presente tale fondamentale fonte di riferimento. Direi che è questa la vera, grande novità del Nuovo Codice degli Appalti. L’aspetto più interessante, per il mondo delle imprese e per il mercato di riferimento, è il principio del risultato, infatti mentre il vecchio Codice – di fatto – normava la concorrenza, basandosi proprio su questo concetto ispiratore, adesso è cambiato radicalmente l’approccio del Legislatore: con il Nuovo Codice degli Appalti la pubblica amministrazione, attraverso le gare pubbliche, deve orientare l’acquisto di beni e servizi orientati all’ottenimento di un risultato.”

Non c’è il rischio che si ripeta la classica dissociazione, assai frequente nel nostro Paese, tra una legislazione assai valida e l’inadeguatezza – talvolta gravissima – nel rispetto della stessa quando si tratta di applicare la normativa?

“In effetti, a volte in Italia si pensa di risolvere tutte le problematiche attraverso l’emanazione, a volte repentina, di nuovi codici. Nel caso del Codice degli Appalti, va detto che il precedente risale al 2016 e non erano dunque passati tanti anni. È evidente che non è sufficiente questo pur prezioso provvedimento, per risolvere l’annosa problematica degli appalti pubblici. Ritengo, sinceramente, che il problema principale risieda nella Pubblica Amministrazione e nella riforma complessiva che dovrebbe interessarla per renderla maggiormente recettiva dell’innovazione e più efficiente. Parliamo infatti di migliaia di stazioni appaltanti, troppe, perché in questi anni non c’è mai stata una vera riforma delle stesse con la previsione di riduzioni o aggregazioni. C’è inoltre un problema relativo al personale dedicato nelle stazioni appaltanti, che è sicuramente in numero inferiore rispetto alla necessità, ma anche di formazione continua di queste figure. Non le nascondo, infine, le difficoltà insite nel far calare il Nuovo Codice degli Appalti in una struttura amministrativa che è rimasta sempre la stessa, col rischio di vanificare i risultati e gli obiettivi prefissati. Dunque, ben venga il Codice, ma dovrà essere accompagnato da una riforma complessiva della PA.”

Gli esempi positivi, che rappresentano un punto di riferimento da seguire, comunque, non mancano?

“Esistono centrali di acquisto regionali davvero virtuose, che stanno funzionando bene: penso alla Toscana, all’Emilia Romagna, ma anche ad altre Regioni. Laddove si è investito sulla specializzazione degli acquisti, si sono ottenuti dei risultati decisamente migliori. In realtà una delle criticità più importanti che rileviamo nell’attuale Codice degli Appalti è il tema della revisione dei prezzi nel settore dei servizi, che non è stato ancora risolto. Il Codice degli Appalti ha previsto una norma che obbliga le stazioni appaltanti a rivederli nel caso gli aumenti ISTAT superino una determinata soglia. Ma la cosa più importante da evidenziare è che devono ancora essere definiti gli indici con cui calcolare il riequilibro dei contratti con la PA. Al riguardo, è in corso un’intensa attività presso il Ministero delle Infrastrutture che coinvolge tutte le associazioni datoriali e comprende pure noi. In questa sede si stanno definendo gli indici.”

La sanità, oggi sotto accusa per la carenze nell’erogazione dei servizi, rappresenta un terreno di applicazione senz’altro privilegiato del Nuovo Codice degli Appalti: a quali condizioni?

“In effetti, la sanità costituisce il vero banco di prova, nel senso che gli appalti nelle strutture sanitarie rappresentano l’esempio migliore per parlare sia di criticità ma anche di esempi particolarmente positivi. Questo, infatti, è il settore in cui meglio si può verificare con mano l’efficacia e l’efficienza dei bandi di gara che vengono emanati. Ovviamente parlo in primis del comparto delle pulizie: l’ONBSI, Organismo Nazionale Bilaterale Servizi di Pulizia, Servizi Integrati/Multiservizi, ha di recente terminato un’interessante ricerca sulle infezioni ospedaliere, che si trova pubblicata sul suo sito. Da questa complessa indagine, effettuata grazie ad un comitato scientifico di assoluto valore, è emerso che laddove le strutture sanitarie investono in servizi di pulizia altamente professionalizzati, con l’impiego anche di nuove tecnologie, nelle stesse si abbattono considerevolmente le infezioni correlate all’assistenza che, lo ricordo, fanno ogni anno gli stessi danni provocati dalla pandemia SARS CoV 2, comportando un elevato numero di decessi negli ospedali, con costi rilevanti a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Quindi, investendo in pulizia e sanificazione, contribuiamo certamente a ridurre le ICA. Un altro tema, a mio avviso, di fondamentale importanza per le strutture sanitarie, è quello di trovare delle forme atte a specializzare le gare d’appalto.

Attualmente il Codice degli Appalti è figlio della cultura dei lavori pubblici, quindi non riesce a intercettare, attraverso le norme, tutte le specificità dei settori merceologici. In particolare, non è in grado di cogliere le necessità delle strutture sanitarie. È dunque necessario accompagnare il percorso di gara – come avviene nella gare pubbliche – con delle linee guida. Legacoop ha dato il suo apporto alla definizione delle linee guida predisposte da ANMDO, l’Associazione Nazionale Medici Direzioni Ospedaliere, che sono state pubblicate e successivamente approvate dall’Istituto Superiore della Sanità. In esse vengono chiaramente definiti gli standard e i relativi controlli di come devono essere affrontati i servizi di pulizia all’interno delle strutture sanitarie. Avere degli standard certificati quale punto di riferimento, significa anzitutto qualificare meglio il mercato: si possono presentare a quelle gare solo le imprese che garantiscono un certo livello e, nei casi più evoluti – come sta avvenendo in certi territori – fare delle gare orientate al valore. Il che significa che non si acquista solo un servizio di pulizie, bensì un servizio capace di restituire valore alla struttura. Per esempio, una gara di questo tipo, che preveda una riduzione delle infezioni ospedaliere, comporterà l’acquisto di tale servizio con il preciso obiettivo di abbattere, di una certa percentuale, le infezioni ospedaliere. Da qui nasce un rapporto molto stretto tra la struttura sanitaria e chi esegue determinati servizi di pulizia, col risultato di integrarli pienamente nell’ambito della gestione di una determinata struttura sanitaria. In tale contesto, infatti, le pulizie non possono essere viste come una semplice commodity, ma devono costituire un tutt’uno con le altre attività ospedaliere.”

Maurizio Pedrini

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