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Aria sana per ripartire in sicurezza

Lockdown e restrizioni hanno messo a dura prova la sopravvivenza del settore. Con la ripresa delle attività al chiuso, garantire la pulizia dell’aria nei locali diventa fondamentale per ridurre il rischio di contagio e non incorrere in nuove chiusure

di Simone Ciapparelli

L’emergenza Coronavirus ha portato nuova attenzione e consapevolezza sul tema della qualità dell’aria, che in precedenza è stato spesso sottovalutato. Come spiega Filippo Busato, Presidente di AiCARR, un impianto non adeguato aumenta il rischio di contrarre una malattia infettiva, non solo il Covid, ma qualsiasi malattia trasmissibile attraverso l’aria. Dotare gli edifici di impianti di ventilazione è fondamentale, perché l’uomo, respirando, inquina l’ambiente nel quale sosta, producendo anidride carbonica (CO2), gas che diventa tossico se presente nell’aria in quantità troppo elevate. La CO2 e gli altri contaminanti presenti devono quindi essere diluiti attraverso l’introduzione di una portata d’aria; immettere nell’ambiente una certa quantità d’aria porta infatti la concentrazione dei contaminanti e degli eventuali patogeni a scendere sotto una soglia non più pericolosa per la nostra salute. Ormai tutti sappiamo che malattie come il Covid si trasmettono tramite droplets, gocce di saliva di grandi dimensioni emesse parlando o tossendo, che vengono fermate da mascherine e altre protezioni. Esistono però anche goccioline molto più piccole, capaci di restare in sospensione nell’aria; questo insieme di piccole particelle viene chiamato aerotrasportato, ed è un pericoloso nemico che va combattuto attraverso una corretta installazione, gestione e manutenzione dell’impianto di ventilazione. Se in un ambiente chiuso è presente un infetto, continua Busato, l’aerotrasportato si accumula nell’aria fino ad invaderla tutta, a meno che non si accenda l’impianto di ventilazione, capace di diradare la nube di aerosol. Ancora più efficaci dal punto di vista della ventilazione sono gli impianti a dislocamento, capaci di sollevare la nube di contaminante al di sopra dell’altezza di contatto con le persone, in modo che queste non possano essere infettate da essa. Questi impianti non sono però realizzabili in tutti i contesti, e vengono usati in ambienti particolari come cinema e aeroporti. La ventilazione corretta dei locali non può prescindere dall’immissione di aria esterna; infatti muovere semplicemente l’aria, magari infetta,  già presente all’interno della stanza non fa altro che aumentare il rischio di contagio, come è realmente successo in alcuni locali nei quali hanno avuto origine dei focolai. Per questa ragione, non è più possibile utilizzare impianti di aerazione che non apportino aria da fuori.

Una buona qualità dell’aria dipende da due fattori: il primo è la diluizione, che corrisponde al cosiddetto ricambio d’aria, e consiste nell’immissione di aria esterna all’interno del locale, convogliando verso l’esterno quella viziata. Il secondo fattore è rappresentato dalla rimozione del contaminante, operazione svolta dalla filtrazione meccanica o da dispositivi germicidi come le lampade UV.

Quando immettiamo in un ambiente aria esterna, non bisogna dare per scontato che essa sia più salubre di quella presente all’interno; anche l’aria esterna può essere carica di agenti nocivi, basti pensare a zone molto inquinate come i centri storici o le zone industriali. Non basta quindi la sola ventilazione, l’aria presa dall’esterno deve essere filtrata e immessa nell’ambiente tramite una progettazione corretta della distribuzione della stessa. 

Non è quindi possibile pensare di pulire l’aria attraverso l’apertura delle finestre; oltre ad introdurre aria potenzialmente sporca senza la possibilità di filtrarla, questo metodo comporta una dispersione di calore, che soprattutto nelle stagioni fredde si trasforma in un costo aggiuntivo, perchè l’impianto di riscaldamento deve lavorare di più per ripristinare la temperatura originaria. Un corretto ricambio dell’aria può essere ottenuto attraverso i sistemi di ventilazione meccanica controllata (VMC); questi sistemi forzano il ricambio di aria negli ambienti e agiscono sulla regolazione dell’umidità interna agli edifici e sulla prevenzione nella formazione di condense e muffe fino al filtraggio da pollini, allergeni e altre sostanze inquinanti. Queste macchine inoltre reimpiegano il calore contenuto nell’aria viziata per riscaldare l’aria fresca che entra nell’impianto, riducendo così il fabbisogno di energia per il riscaldamento. I costi di installazione di questi impianti dipendono dalle dimensioni dell’ambiente e dalle portate d’aria che è necessario trattare. Un altro vantaggio degli impianti di ventilazione controllata è quello di incrementare la classe energetica degli edifici, mentre non esiste invece al momento una vera e propria etichetta che certifichi la qualità dell’aria, essendo questo un parametro che non viene monitorato e misurato. Esistono delle classi di qualità dell’aria normate a livello europeo, che non è però obbligatorio indicare, e finchè la legge consentirà di ovviare con l’apertura delle finestre all’installazione di un impianto di ventilazione, non sarà possibile imporre questa classe di qualità. La legge fornisce però, fin dai primi anni ‘90, indicazioni precise per quanto riguarda gli impianti di ventilazione, e ci indica la direzione da seguire per perseguire una corretta igiene dell’aria. La pandemia ci ha infatti insegnato come oggi non si possa fare a meno di un impianto efficiente per ridurre al minimo il rischio di contagio negli ambienti chiusi.

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