Rifiuti speciali, quanto ci costano?
Ammonta a circa 1 miliardo di euro l’anno la spesa che l'Italia deve sostenere per ovviare alla mancanza di un’adeguata rete di impianti di trattamento, costringendo il nostro Paese ad esportare ogni anno ingenti quantitativi di rifiuti provenienti da attività industriali che all’estero vengono trasformati in nuove materie prime e in energia.
Come emerge dal report “Ambiente, Energia, Lavoro – La centralità dei rifiuti da attività economiche”, presentato da Assoambiente, nel 2019 (ultimi dati disponibili per i rifiuti speciali) la produzione di rifiuti in Italia ha superato quota 193 milioni di tonnellate, di questi ben 163 mln sono speciali (cioè provenienti da attività industriali) e circa 30 mln sono urbani. I primi rappresentano quasi l’85% della produzione complessiva di rifiuti, oltre 5 volte gli urbani, un dato che conferma la rilevanza strategica, anche in termini economici oltre che ambientali, di un loro adeguato trattamento in Italia. Il Report prende in considerazione proprio questi rifiuti, escludendo quelli del comparto costruzioni e demolizioni.
Nel 2019 sono state conferite all’estero oltre 4 mln di tonnellate di rifiuti speciali prodotti in Italia, destinate nel 50% dei casi verso paesi vicini come Germania, Austria, Francia, Svizzera e Slovenia. La sola Germania ne ha accolte 800.000 tonnellate. Il 23% dei rifiuti esportati è stato destinato ad impianti di incenerimento o recupero energetico, il 14% è stato conferito in discarica o avviato ad altre operazioni di smaltimento, mentre i restanti flussi sono stati destinati ad impianti per il recupero di materia.
Secondo le analisi formulate da Assoambiente, già oggi si evidenzia un fabbisogno impiantistico superiore a 10 milioni di tonnellate di rifiuti/anno e un fabbisogno cumulato nei cinque anni (2021-2025) pari a circa 34 milioni di tonnellate. Non colmare questo gap significa continuare a cedere all’estero valore economico pari a circa 1 miliardo di euro l’anno, al netto delle perdite in termini occupazionali, di produzione di materie prime ed energia e, non ultimo, di gettito fiscale, legate alla mancata gestione all’interno del Paese. La sola mancata produzione di energia generabile dai rifiuti destinati ad essere “termovalorizzati” all’estero è stimabile fra i 330.000 e 400.000 MWh all’anno, che, per un Paese come l’Italia che importa energia, si traduce in un costo annuo, a valori di mercato, fra 40 e 60 milioni di euro.
“La realizzazione degli impianti di riciclo, di recupero di materia e di energia deve essere adeguatamente pianificata, privilegiando la realizzazione di impianti a servizio di distretti produttivi specifici nei quali la gestione dei rifiuti si integrerebbe, producendo materie prime seconde e/o energia utili al distretto stesso – ha commentato il Presidente della Sezione Rifiuti Speciali di Assoambiente Marco Steardo – Perché ciò avvenga deve consolidarsi un quadro normativo rigoroso, ma inequivocabilmente applicabile, che, in condizioni di sicurezza per l’ambiente e per la salute, favorisca dove possibile la trasformazione dei rifiuti in materia, attraverso specifici processi end of waste”.
Il report completo può essere consultato qui: Assoambiente