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Fidarsi, non fidarsi. Qual è la differenza di costo?

Si fa presto a dire che “le aziende migliori sono quelle che hanno le persone migliori”, ma quando si legge lo stato patrimoniale, quello che definisce il valore economico di un’impresa, non compaiono le voci del cosiddetto capitale umano: clienti, fornitori, collaboratori

Il tema della fiducia è stato per lungo tempo relegato tra i concetti emotivi, immateriali, frutto di elucubrazioni psicologiche o filosofiche. Oggi la fiducia rivendica la sua natura di vero e proprio dato economico, una voce di bilancio, non ancora visibile nelle scritture, ma che gioca un ruolo concreto per nulla inferiore a quello di altre partite contabili. È il destino anche di altre voci che determinano il valore dell’impresa, come quello delle persone, che alcuni definiscono “risorse umane”.

Si fa presto a dire che “le aziende migliori sono quelle che hanno le persone migliori”, ma quando si legge lo stato patrimoniale, quello che definisce il valore economico di un’impresa, non compaiono le voci del cosiddetto capitale umano: clienti, fornitori, collaboratori. Immaginiamo poi di porci la questione di valorizzare le relazioni: numeri, signore e signori, numeri. Bisognerebbe provarci e, a mio parere, basterebbe poco: saperi, esperienza, competenza, relazioni sono tutti valori quantificabili.

LE RELAZIONI FIDUCIARIE

Quanto vale il rapporto di collaborazione costruito in anni di storia personale, di affari fatti assieme, di lavoro portato a termine assieme? Chi definisce la variabile “tempo” nelle relazioni? Qualcuno dissimula calcolando l’avviamento commerciale, che non è altro che la storia delle relazioni stabile nel tempo. I tecnici del marketing usano proprio il tempo come variabile di affidabilità di un’azienda: “fidatevi delle aziende fondate 20-30 50-100 anni fa”, “pinco pallino, dal 1883 al servizio dei suoi clienti …”, etc etc.  

Le banche, gli uffici amministrazione e finanza delle aziende, calcolano e concedono un “fido” un “affidamento” a persone, clienti, fornitori, i quali fanno la stessa cosa al contrario.“ mi fido di te, sì ma fino ad un certo punto, ad una certa cifra”: una fiducia a termine, una fiducia “in prova”. Revocabile. Per far questo si investono, risorse, tempo, energie, orientate ad investigare, a mettere sotto la lente di ingrandimento il presente, il passato (vedi i depositi di memoria negli archivi delle banche o dei centri che narrano la storia dei singoli individui e delle aziende), ed oggi anche il futuro (si vogliono conoscere i progetti futuri prima di dare affidamenti). E per chi sostiene che “il tempo è denaro” tutto ciò significa costi, tanti costi, tanti in più di quelli necessari, se ci si fidasse di più.

I social stanno svolgendo anche loro questa funzione, ed ogni volta che si conosce una persona nuova, prima di impegnarci in qualsiasi modo, si va ad indagare: perché non ci si fida a priori. E si investe tanta parte della nostra vita di tutti i giorni. Spesso immaginando fin dall’inizio di lasciare o essere lasciati. Cosa avrebbe dovuto fare Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace, quando ha fondato il microcredito moderno? Parliamo di un sistema di piccoli prestiti destinati ad imprenditori troppo poveri per ottenere credito dai circuiti bancari tradizionali. 

È un banchiere, non un missionario o titolare di un ente benefico. Ha semplicemente dato fiducia a chi voleva fare impresa invece di fare il dipendente. Pare che i numeri dicano che la Grameen Bank abbia un tasso di insolvenza fra i più bassi del sistema bancario: il 98% dei prestiti viene restituito e i destinatari della fiducia sono al 90% donne: c’è di che meditare. (1)

MA CHE VITA È?

Talvolta, anzi, spesso, mi sembra che si parta innanzitutto dalla “NON fiducia”: niente di nuovo, anche il nostro sistema giudiziario si basa sul fatto che uno deve dimostrare di non essere colpevole, invece di dimostrare di essere innocente. Quindi è una questione culturale e di identità. I rapporti indicano che in Italia il tasso di fiducia nelle istituzioni, nei governi, nelle banche, etc. sia fra i più bassi in Europa. (2) Cioè: innanzitutto non mi fido, e poi proviamo ad avere una relazione. Sono già stanco solo a pensare questa visione della vita. 

RELAZIONI ECONOMICHE

Più in generale e tornando al tema di questo scritto, Partha Dasgupta, professore emerito di Economia all’Università di Cambridge, non esita a indicare la fiducia come il “problema fondamentale dell’economia”, e fa riferimento al capitale sociale o relazionale, ossia al patrimonio di rapporti instaurati tra l’impresa e i suoi interlocutori. In altre parole è la fiducia a generare relazioni, anche economiche. Esiste un impatto economico delle relazioni interpersonali: “che si tratti di scavare un pozzo per il villaggio, di mettere assieme le forze per raggiungere un risultato politico, di stipulare un accordo commerciale o stipulare un matrimonio, alla base di tutto è necessario che le parti si fidino l’una dell’altra”. (Dasgupta in Gambetta, 1988) Invece, non ci si fida perché si ha paura, magari anche di rivivere situazioni già vissute, o perché qualcuno, dall’alto del potere, la paura la crea e la distribuisce; ma con la paura non si può essere felici, né si può fare esperienza, né si può apprendere. In pratica, se mi fido, chiedo. Se non mi fido, tengo per me le mie domande, e dunque trattengo anche le mie risorse. Come sta accadendo oggi nei mercati, in balia di una crisi di fiducia prima ancora che di liquidità, abbondante come non mai nelle casse degli istituti di credito.

LA FIDUCIA COME RISORSA

La fiducia rappresenta in definitiva la risorsa determinante, l’elemento solo in apparenza immateriale, perché alla fine produce denaro e lo fa innalzando il livello di efficienza del sistema economico. Senza fiducia non si cresce, anche se è questo che ci viene chiesto: aumentare volumi e fatturati. A qualsiasi costo, passando sopra a tutto e a tutti. Quello che io definisco “il cappio al collo della crescita a tutti i costi”, viene definita come “la concezione novecentesca del PIL che è completamente sballata, perché misura la crescita economica senza tenere conto dell’impatto che i sistemi produttivi hanno sul sistema”. (Dasgupta, 2024) Ma questo impatto, intessendo relazioni basate sulla s-fiducia, sprecando il tempo in attività a basso valore senza una visione di lungo termine, impoverendo il suolo, sterminando gli animali, inquinando aria e falde acquifere, alla lunga produce più danni (anche economici!) che benefici: con una brillante metafora, Dasgupta ci spiega che sarebbe “come far vincere il campionato alla squadra che fa più gol, senza tener conto dei gol subiti”, che magari sono maggiori. Guardare solo alla porta degli altri senza guardare alla nostra porta ci fa capire che la mancanza di fiducia negli altri, alla fine dei conti, nasconde una mancanza di fiducia in noi stessi.

Franco Cesaro

Biblio-sitografia

Dasgupta, P., 1988. Trust as a Commodity – In Diego Gambetta (a cura di), La fiducia: creare e rompere le relazioni cooperative . Blackwell ed.

Dasgupta, P., 2024,  Il rapporto Dasgupta, La Soluzione Economica alle Sfide del Cambiamento Climatico, Editore UTET

Diego Gambetta, D.,  (a cura di), 1988,  Fiducia: creazione e rottura delle relazioni cooperative  – Blackwell Ed.

(1) https://it.wikipedia.org/wiki/Grameen_Bank

(2) https://www.treccani.it/enciclopedia/la-fiducia-in-italia_(L’Italia-e-le-sue-Regioni)/

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