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Premiare la trasparenza

A New York i ristoranti espongono una certificazione pubblica del livello di pulizia, un sistema che ha migliorato la qualità percepita e reale dei locali. Un esempio al quale l’Italia potrebbe ispirarsi per riportare la salubrità dei locali al centro dell'attenzione

Nel 2010 il Dipartimento della Salute di New York City ha introdotto un sistema di valutazione igienico-sanitaria che ha rivoluzionato il rapporto tra ristoratori e clienti. Si chiama ABCEats e si basa su un meccanismo tanto intuitivo quanto efficace: assegnare un voto alle condizioni igieniche di ogni esercizio, espresso attraverso tre lettere facilmente riconoscibili – A, B o C – da esporre obbligatoriamente all’ingresso del locale. L’obiettivo era duplice: da un lato incentivare i ristoratori a migliorare standard di pulizia e procedure di sicurezza alimentare, dall’altro offrire ai cittadini un’informazione trasparente e immediata sulla qualità igienica di un locale. Una politica che, nel tempo, si è rivelata vincente sia in termini di salute pubblica sia di percezione positiva dell’intera ristorazione newyorkese.

La valutazione

Il sistema ABCEats prevede ispezioni periodiche condotte da ispettori del Dipartimento della Salute. Gli ispettori verificano una serie di parametri: conservazione corretta degli alimenti, temperatura di stoccaggio, condizioni delle cucine, procedure di manipolazione, igiene degli operatori, presenza di infestanti e conformità generale alle norme sanitarie. Ad ogni irregolarità viene attribuito un punteggio in termini di “punti di violazione”: più la violazione è grave, maggiore è il numero di punti assegnati. La somma determina il voto finale:

  • A (0-13 punti): ottimo livello igienico;
  • B (14-27 punti): alcune irregolarità da correggere;
  • C (28 punti o più): condizioni carenti, che richiedono interventi urgenti.

Il cartello con la lettera è esposto in modo ben visibile, tipicamente sulla porta d’ingresso. Questo rende la valutazione un elemento immediato di comunicazione e un potente strumento di marketing. Oggi più di 24.000 esercizi newyorkesi partecipano al programma: ristoranti di lusso, bar, caffetterie, panetterie, fast food, pizzerie, gelaterie, fino ai chioschi mobili. Non ci sono eccezioni: chi serve alimenti al pubblico deve sottoporsi ai controlli e mostrare il risultato. La misura ha anche ridotto le disuguaglianze: il cliente che sceglie un piccolo diner in periferia ha la stessa garanzia di quello che entra in un ristorante stellato a Manhattan.

 I vantaggi per i locali

All’inizio, molti ristoratori hanno guardato con diffidenza al sistema, temendo un calo di clientela in caso di voti bassi. Con il tempo, però, si è capito che la certificazione è diventata un incentivo a migliorare. I locali con la A non solo godono di maggiore fiducia da parte dei clienti, ma registrano anche un incremento di presenze. Diversi studi accademici hanno dimostrato che il sistema ha contribuito a ridurre le malattie alimentari e a innalzare lo standard medio di igiene. Inoltre, ha creato una sana competizione tra operatori: nessuno vuole esporre un cartello con una “B” o una “C”, e questo stimola l’investimento in formazione, attrezzature e protocolli di pulizia più accurati.

Il programma riguarda la quasi totalità dei locali che servono alimenti a New York: ristoranti, pizzerie, bar, tavole calde, chioschi e perfino i food truck. L’universalità del sistema è una delle sue forze, perché non crea disparità: tutti sono sottoposti alle stesse regole, dal piccolo bar di quartiere al ristorante stellato.

 Un modello per l’Italia

Nel nostro Paese le ispezioni sanitarie vengono regolarmente effettuate dalle ASL e dai NAS, ma i risultati restano riservati. Solo in caso di chiusure o gravi violazioni la notizia arriva alla cronaca. Per il resto, l’esito rimane invisibile al consumatore che non ha modo di sapere, in modo immediato e ufficiale, se il locale in cui entra ha superato i controlli con buoni esiti o meno. Un modello simile ad ABCEats, adattato al nostro contesto normativo, potrebbe offrire molti vantaggi: messo in condizione di scegliere consapevolmente, il cliente può contare su maggiore trasparenza. La visibilità del voto spingerebbe l’intero settore verso standard più elevati, promuovendo la sensibilizzazione verso l’importanza di pratiche igieniche adeguate. Chi investe in pulizia e sanificazione, inoltre, può comunicarlo con autorevolezza, promuovendo lo sviluppo reputazionale del proprio locale.

Infine, dato che molti operatori italiani lamentano che la fatica e i costi per mantenere alti livelli igienici non sono riconosciuti dal mercato, una certificazione ufficiale, chiara e pubblica potrebbe essere lo strumento adatto per colmare questa lacuna.

Durante l’emergenza Covid-19, la sanificazione quotidiana era al centro delle attenzioni di tutti. Molti locali avevano introdotto protocolli stringenti, disinfettanti a disposizione della clientela, pulizie rafforzate di tavoli, superfici e bagni. Oggi si osserva una tendenza a tornare alle “vecchie abitudini”, con pulizie eseguite sì, ma non sempre con la stessa attenzione che i clienti avevano imparato ad apprezzare. Questo può rappresentare un rischio reputazionale oltre che sanitario. Non si tratta di negligenza volontaria: spesso pesano i costi, la pressione sul personale, la convinzione che i clienti non siano più interessati a vedere gel igienizzanti a disposizione di tutti o cartelli che certificano l’avvenuta disinfezione. Tuttavia, la sicurezza alimentare e la qualità dell’ambiente restano temi centrali, indipendentemente dalla pandemia.

Simone Ciapparelli

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