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Appalti orientati al valore nella ristorazione socio-ospedaliera

Attualmente, una sfida consiste nello riuscire ad assorbire l’aumento dei costi ed essere in grado di offrire un servizio all’altezza delle aspettative

di Francesca De Vecchi, tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica

Nel corso dell’approfondimento Ristorazione socio-sanitaria: sostenibilità economica e qualità dei servizi di ristorazione ospedaliera, tenutosi nell’ambito dell’ultima edizione del convegno Ristorazione 2022, si è affrontato, tra gli altri, il tema della complessità decisionale dei processi di acquisto dei servizi di ristorazione nella Pubblica Amministrazione (PA). Come si può infatti razionalizzare la spesa senza comprimere i margini del fornitore, risparmiare sul costo di approvvigionamento delle materie prime o del lavoro? È una via praticabile provare ad aumentare la produttività a parità di livelli di servizio oppure diminuire i livelli del servizio stesso?

La spesa per la ristorazione socio-sanitaria, premette Niccolò Cusumano, Professore Associato presso SDA Bocconi School of Management dal 2005 ad oggi è rimasta in buona sostanza stabile, ma è stato costante l’aumento dei prezzi del cibo al produttore. In questa tipologia di ristorazione la procedura d’appalto spesso porta all’acquisizione di un servizio che non soddisfa in pieno le esigenze degli utenti. Tuttavia, le amministrazioni pubbliche nell’elaborazione dei contratti d’appalto si trovano strette fra il far quadrare i conti, garantire un servizio di livello e rispondere ai parametri di sostenibilità dei CAM (Criteri ambientali minimi), come richiesto dalla legge. “C’è bisogno di fare un cambio di passo – spiega Cusumano. Bisogna riuscire a superare gli ostacoli apparentemente invalicabili posti dal codice degli appalti”. 

Due sono i punti del processo di gestione su cui intervenire, sulla falsariga di come operano le aziende private. L’attività di approvvigionamento della PA del resto, nota Cusumano, non è diversa da quella che conduce un’impresa che qualifica, seleziona e sigla contratti con i fornitori seguendo regole aziendali codificate. A differenza di queste però, la PA non definisce in modo autonomo le proprie regole di approvvigionamento, ma segue le disposizioni di legge soprattutto nella fase di selezione del fornitore e di esecuzione del contratto; nelle forniture e nei servizi la progettazione non è invece disciplinata così come per i lavori ed è a questi livelli che si può fare la differenza. “La PA può gestire in autonomia il progetto di un acquisto e il modo in cui applicare i CAM”.

La costruzione di un buon capitolato coinvolge diversi livelli di responsabilità, in grado di fornire diversi input ma deve essere gestita secondo dei buoni principi di management; bisognerebbe inoltre cambiare anche il modo in cui si fa progettazione, adottando un approccio aperto e cioè cercando di recepire gli input che arrivano dal mercato, dagli utenti, dai pazienti e dai caregiver. Il tutto dovrebbe portare alla costruzione di un capitolato che eviti il minimo dettaglio, senza inserire richieste che non producono reale valore ma delegando al mercato la responsabilità di realizzare il servizio. All’interno dell’Osservatorio MASAN (Osservatorio sul Management degli Acquisti e dei contratti in sanità di SDA Bocconi), continua Cusumano, si è provato ad elaborare un piano chiamato Value based procurement document che si basa sull’orientamento al valore e al risultato che si vuole ottenere con l’acquisto dei servizi; esito, che è funzione del processo decisionale di strutturazione dell’acquisto, dove l’analisi del fabbisogno, il confronto con gli stakeholder e la redazione del business case assumono un ruolo centrale.

Bisogna partire dall’analisi dei problemi, che richiede una visione chiara di quanto è precedentemente già avvenuto. Il primo passo di questa fase di progettazione è un documento – un business case – che sintetizza le scelte strategiche e che poi potrà servire al decisore. Ma cosa significa essere orientati al valore? Significa chiedersi cosa si voglia ottenere, spiega Cusumano; poi capire cosa offre il mercato per poi progettare l’acquisto e scegliere il contratto più adatto con cui andare a gara (sono diversi gli schemi contrattuali già all’interno del Codice secondo quanto previsto dall’art. 66), responsabilizzando, fin dove possibile, il fornitore. 

Oggi, fa notare l’esperto, non c’è una vera e propria selezione, i contratti sono complessi e gli eventuali problemi, dopo la firma, ricadono su chi deve gestire il servizio. “Questa riflessione intende mettere in evidenza come seguire un percorso orientato al valore, come quello definito dal Value based procurement document non significhi necessariamente impostare un contratto con pagamento legato al conseguimento di un risultato, ma piuttosto in funzione degli obiettivi che ci si è dati, dando rilievo alla fase di analisi dei propri fabbisogni”, riassume Cusumano.

 

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