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Disinfettanti per mani: approfondimento regolatorio

AFI (Associazione Farmaceutici Industria) in collaborazione con Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Farmaceutiche ha organizzato un webinar rivolto a responsabili e operatori all'interno di aziende chimico-farmaceutiche delle funzioni regolatoria, produttiva e di marketing per quanto riguarda i prodotti biocidi, in particolare per i prodotti disinfettanti e loro borderline (detergenti, cosmetici, farmaci, etc)

a cura di Cristina Cardinali

  • Valutazione dell’efficacia: La Commissione Tecnica che si occupa di queste tipologie di test di efficacia disinfettante è la Technical Committee 216 della Commissione Europea di Normazione. In particolare, la Commissione Tecnica rilascia ogni due o tre anni una Linea Guida orizzontale che è la EN 14885 in cui vengono elencate le norme europee per supportare i claim di disinfezione delle varie tipologie di disinfettanti (modalità e area di applicazione), una sorta di claim matrix tra i test da effettuare e i claim da supportare per i vari disinfettanti.Per quanto riguarda la disinfezione della cute delle mani questi test vengono messi a punto e validati dal Gruppo di Lavoro 1 (WG1) relativo all’area medica, ma nonostante ciò tutti i test di efficacia sono trasversali a tutte le aree di applicazioni: medicale, professionale, non-professionale. A questo proposito è utile ricordare quanto prescrive la EN 14885: se non esiste un appropriato standard in termini di test di efficacia per una specifica area di applicazione, uno standard di un’altra area di applicazione, in questo caso dell’area medica, può essere utilizzato liberamente. E questo vale appunto per i test di disinfezione della cute integra delle mani usando volontari. Nel momento in cui verrà pubblicato uno standard specifico questo diventerà mandatorio in tutti i paesi dell’Unione Europea. Sia la EN 14885 sia la Linea Guida ECHA sull’efficacia dei disinfettanti prescrivono due tipologie di test mandatori:
    • Test di FASE 2 STEP 1
    • Test di FASE 2 STEP 2

    I primi sono test in vitro, i secondi sono test che simulano le condizioni d’uso (per l’igiene delle mani si chiamano test su volontari).

    I test di FASE 2 STEP 1 servono per valutare in generale lo spettro di attività dei disinfettanti in maniera riproducibile, in parte prescindendo dalle modalità di applicazione e dallo scopo d’uso del prodotto. Nella fattispecie, per prodotti antisettici i test di FASE 2 STEP 1 servono per testare tutte le tipologie di microrganismi per cui si vuole supportare il claim. Invece, i test di FASE 2 STEP 2 per la disinfezione della cute umana vengono effettuati su volontari (proband test) e possono essere testati solo determinati ceppi microbici oppure direttamente la cute residente dei volontari per motivi di sicurezza degli stessi.

    Per quanto riguarda i claim specifici per la disinfezione della cute delle mani si ha una diversificazione a seconda della tipologia di prodotto. Ad esempio ci sono claim per supportare l’efficacia di prodotti handrub, tipicamente prodotti a base alcolica, che non richiedono il risciacquo dopo l’uso e che hanno un’applicazione non a livello pre chirurgico. In questo caso si usano tutti i test di FASE 2 STEP 1 necessari a supportare gli specifici claim che il produttore ha intenzione di validare:

    • battericida
    • levuricida
    • fungicida
    • virucida, con tutte le varie tipologie di claim virucida a seconda dell’efficacia e dell’uso del prodotto (virucida completo, virucida a spettro limitato, virucida limitatamente ai virus dotati di membrana – come il coronavirus)
    • tubercolicida

    Questi sono tutti test in vitro.

    Sulla cute dei volontari mandatoriamente- deve essere effettuato un test che si chiama EN 1500 che prevede la simulazione in maniera esatta dell’applicazione del prodotto sulla cute delle mani e una procedura che simuli appunto questa applicazione (vedi figura 1) e si valuterà poi l’efficacia del prodotto.

    Tipicamente, per questo tipo di prodotti il test di FASE 2 STEP 2 è più sfidante rispetto a quelli di FASE 2 STEP 1.

    Stessa cosa per i prodotti hand wash, i prodotti a risciacquo, solitamente meno efficaci dei prodotti a base alcolica poiché di solito contengono degli attivi a spettro limitato – come i composti dell’ammonio quaternario o la clorexidina – in questo caso si applicano le stesse norme di FASE 2 STEP 1, con presumibilmente l’esclusione di alcuni claim di tipo virucida o di tipo tubercolicida, per i quali gli attivi normalmente non hanno efficacia. Dopodiché si arriva al test di FASE 2 STEP 2 sui volontari che differisce leggermente da quello per i prodotti handrub perché il numero di volontari è un po’ inferiore e il test statistico per valutare l’efficacia è differente rispetto alla EN 1500.

    Infine si hanno i claim per prodotti sempre hand hygiene ma che riguardano i prodotti Pre Chirurgici. Si tratta di prodotti che servono a disinfettare le mani del chirurgo o comunque del team che entrerà in sala operatoria. In questo caso, mentre i test in vitro sono analoghi a quelli precedenti, nel caso dei test FASE 2 STEP 2 la norma è diversa, ma il principio è sempre lo stesso: effettuare il test su un numero sufficiente di volontari sani applicando il prodotto sulla loro cute simulando esattamente le condizioni d’uso. In questo caso però non si utilizza un ceppo applicato artificialmente come inoculo sulle mani dei volontari, ma si utilizza proprio la loro cute che è tipicamente più resistente.

    Ogni test attualmente pubblicato dalla CT 216 contiene una tabella che differenzia i vari claim a seconda dell’applicazione del prodotto e delle condizioni d’uso.

    In futuro ci sarà la pubblicazione di un test EN di efficacia virucida. Un test che prevederà la stessa modalità di test rispetto a una EN 1500, per esempio, utilizzando però una diversa sostanza di riferimento per i virus, in questo caso Etanolo 70% invece di 2 propanolo 60%, per validare definitivamente quel tipo di claim virucida. Ci potrà poi essere la necessità di modificare i test di efficacia disinfettante per la cute delle mani per usare dei prodotti che non sono quelli standard previsti dalla normativa o per cui la normativa è stata validata. Si tratta ad esempio dei prodotti Handrub, sempre  prodotti a base alcolica per la disinfezione delle mani, ma ad esempio salviette preimpregnate invece che liquidi o gel. In questo caso la procedura per le whipe dovrà essere descritta nei dettagli e sarà ovviamente diversa da quella utilizzata per il liquido e dovrà essere validata un’appropriata sostanza di riferimento.

  • Valutazione del rischio:Il rischio è la relazione che intercorre tra le proprietà pericolose che sono intrinseche di un prodotto e l’esposizione a cui un utilizzatore è soggetto durante l’utilizzo del prodotto. Naturalmente la valutazione del rischio può essere fatta sia per l’uomo che per l’ambiente ed è mandatorio da parte dell’autorità che venga valutato ogni singolo uso di un prodotto. Non si può fare quindi una valutazione del rischio generica su un prodotto, ma occorre guardare specificatamente tutti gli usi che di questo prodotto si fanno.

    Rischio umano

    Nella valutazione del rischio umano si considerano le vie di esposizione che sono fondamentalmente tre: inalatoria, dermale, orale (compresa l’esposizione hand-mouth).

    Le informazioni necessarie sul prodotto per costruire lo scenario di esposizione sono:

    1. caratteristiche del prodotto: solido, liquido, in bomboletta, spruzzato con trigger o aerosolizzato;
    2. chi userà il prodotto;
    3. come e dove userà il prodotto;
    4. con che frequenza userà il prodotto e per quanto tempo;
    5. ci sono già delle misure di controllo dell’esposizione messe in atto a priori prima della valutazione del rischio (fondamentalmente relative al packaging);
    6. chi potrà essere esposto al prodotto

    Abbiamo tre tipi di utilizzatori: industriali, professionali e non-professionali. I primi sono quella categoria di persone che viene in contatto giornalmente con una sostanza o un prodotto per via della sua attività lavorativa: l’utilizzatore industriale è coinvolto nella formulazione del prodotto e nel suo confezionamento. Quindi va da sè che verrà esposto giornalmente al prodotto. Gli utilizzatori professionali sono una categoria di persone esposte anch’esse giornalmente al prodotto per via della loro attività lavorativa, ma in quanto coinvolte nell’applicazione del prodotto. Entrambi queste categorie di utilizzatori sono formate, ovvero sanno quale potrebbe essere il pericolo derivante dall’utilizzo di una sostanza o di un prodotto e, di conseguenza, si può ipotizzare che utilizzino dispositivi di protezione individuale. Gli utilizzatori non-professionali sono persone coinvolte nell’applicazione del prodotto ma non giornalmente, poiché non lo usano per motivi lavorativi. Se si fa la valutazione del rischio per l’utilizzatore non-professionale non si può ipotizzare che faccia uso di DPI perchè tipicamente questo utilizzatore non è formato e quindi non è detto che conosca dettagliatamente i pericoli del prodotto che sta manipolando e non è detto nemmeno che legga attentamente l’etichetta sul prodotto e che quindi applichi il prodotto col modo d’uso riportato in essa.

    Quando consideriamo chi altro potrà essere esposto al prodotto parliamo di esposizione secondaria, che riguarda quelle categorie di persone che non sono direttamente coinvolte nell’applicazione del prodotto, ma possono essere esposte al prodotto durante il suo ciclo di vita. Inoltre, nella valutazione del rischio non va tralasciata la possibile esposizione combinata, quando una persona può essere esposta al prodotto poiché lo applica e, allo stesso tempo, ne è esposta secondariamente durante il ciclo di vita del prodotto.

    Una volta individuata l’esposizione degli utilizzatori si dovrà andare a confrontare il valore di esposizione che è stato ottenuto con un valore soglia e farne il rapporto. Se l’esposizione è più bassa rispetto al valore soglia- a questo punto non ci sono problemi e si può affermare che l’uso che è stato considerato è sicuro. Nel momento in cui il valore di esposizione stimata è maggiore del valore soglia si dovrà andare a fare dei refinement, delle rielaborazioni della valutazione del rischio e andare agli step successivi per arrivare a ridurre l’esposizione stimata a un valore inferiore al valore soglia.

    Normativa

    Come per gli studi sull’efficacia la normativa è andata via via ad aumentare la propria complessità anche per gli aspetti relativi alla valutazione del rischio. In particolare si è andato ad approfondire il concetto di sostanze che destano preoccupazione. In realtà, la definizione di sostanze che destano preoccupazione è sempre stata nel regolamento ECHA (European Chemical Agency) all’articolo 3, ma si trattava di una definizione un po’ generica, quindi le Linee Guida sulla Human Health nell’ANNEX 1 sono andate a dare una definizione un po’ più dettagliata di quelle che sono le sostanze che destano preoccupazione e quindi sono state definite tutte le sostanze che devono essere tenute in considerazione nella valutazione del rischio. Quando si calcola la classificazione del prodotto, sono sostanze che destano preoccupazione tutti i principi attivi in valutazione o già autorizzati anche non per il pt di riferimento. Ad esempio gli income preservative, quelle sostanze che vengono aggiunte alle formulazioni per aumentarne la durata nel tempo e quindi che hanno un effetto conservante e non un effetto biocida nel momento in cui si applicano. O tutte quelle sostanze che potrebbero avere degli effetti sinergici, così come le sostanze che sono presenti in candidate list del reach o qualsiasi sostanza per cui esistono dei livelli di esposizione comunitari.

    Ovviamente la normativa richiede non solo di fare la valutazione del rischio di tutte le sostanze attive presenti in una formulazione, ma chiede anche di fare una valutazione del rischio di tutte le sostanze che destano preoccupazione all’interno del prodotto biocida. Questo come si può fare? Le Linee Guida hanno stabilito quattro possibili fasce di classificazione dei pericoli per i prodotti e hanno quindi creato un sistema a bande, dalla A alla D per i quali i requisiti di valutazione di gestione del rischio sono crescenti. Se una sostanza viene classificata in banda A o in banda B è possibile fare una valutazione del rischio qualitativa o semi-quantitativa; se invece una sostanza ricade nella banda C o D si sarà tenuti a fare una valutazione del rischio quantitativa. Se una sostanza ricade in due bande diverse si dovrà procedere con una valutazione secondo la banda più stringente.

    Rischio ambientale

    Una volta conclusa la valutazione del rischio umano si procederà a valutare il rischio ambientale. Occorre innanzitutto capire qual è il destino ambientale della sostanza, del prodotto e valutare esattamente come si distribuirà nell’ambiente. Nello specifico si andrà a fare un’ipotesi di emissione, di distribuzione del prodotto nell’ambiente e anche qui si andrà a calcolare una PEC (Predict Environmental Concentration). Questo valore di PEC andrà confrontato con un valore di PNEC (Predict No Effect Concentration), che è un valore che viene estrapolato per la sostanza attiva. Laddove il rapporto di caratterizzazione del rischio è minore di 1 la sostanza, il prodotto non pone rischi per l’ambiente. Per queste valutazioni si devono considerare sia tutte le sostanze attive presenti all’interno delle formulazioni dei prodotti sia delle sostanze che destano preoccupazione. In particolare si valuteranno quelle sostanze che potrebbero avere un’azione sinergica sull’attività della sostanza attiva, e le sostanze della candidate list del reach.

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