Nel mercato della detergenza professionale, sta crescendo costantemente la domanda di prodotti bio-detergenti – bio-tensioattivi, nell’ottica della sostenibilità: una sensibilità che corrisponde a molteplici esigenze non solo di tipo etico, sociale ed economico ma anche alla precisa e sempre più diffusa volontà di non inquinare l’ambiente. Oggi le soluzioni eco-compatibili trovano un’interessante applicazione anche da parte delle imprese di pulizia, che intendono proporre alla clientela nuove strategie di igienizzazione e sanificazione degli ambienti, specialmente nel contesto dei più delicati luoghi comunitari, dove è necessaria la massima attenzione all’igiene e alla sicurezza, come ad esempio nelle RSA e luoghi di cura in genere.
Caratteristiche e vantaggi
Siamo di fronte ad un trend positivo del mercato a base biologica, che – ormai da anni – marcia ad incremento di produzione e vendite a doppia cifra. Un freno alla sua espansione, oltre alla difficile congiuntura economica e alla pesante crisi geo-politica che stiamo vivendo è indubbiamente costituito dai costi di produzione, decisamente elevati (20-30 E/Kg, in Europa) rispetto ai detergenti tradizionali. I vantaggi connessi all’uso di questi “nuovi protagonisti” della detergenza professionale sono molteplici: i bio-tensioattivi di derivazione biologica hanno infatti un’elevata capacità di ridurre la tensione superficiale e sono stabili fino a 80 °C.; possiedono inoltre un pH compreso tra 8 e 12, quindi possono essere impiegati anche come detersivi per il bucato. Inoltre, non sono irritanti, hanno una bassa tossicità e vantano proprietà idratanti. Per questo motivo possono essere sfruttati ampiamente in molti campi d’applicazione, anche nell’accurata igienizzazione delle pavimentazioni e delle superfici murarie: pensiamo solo alle fughe delle piastrelle o ai ricettacoli di muffe. Purtroppo, tutti noi – come ben sappiamo – viviamo all’interno di ambienti colonizzati da vari e molteplici microrganismi quali: cellule batteriche e, appunto, muffe in grado di aggregarsi spontaneamente producendo una sorta di biofilm, ovvero una matrice complessa che aderisce e si stende sulle superfici, per difenderle dall’azione di agenti chimici e da ambienti ostili, generando a volte delle forme di resistenza pericolose per la salute. Il biofilm può racchiudere anche piccole percentuali di batteri patogeni e muffe, le quali possono successivamente portare a infezioni o allergie. In questi casi il bio-detergente è in grado di esprimere al meglio tutta la sua efficacia: grazie, infatti, ai microrganismi che lo compongono, riesce a penetrare il biofilm e a contrastare la presenza e la proliferazione dei patogeni, attuando un meccanismo di esclusione competitiva. I bio-detergenti, dunque, danno vita ad una barriera efficace e delicata su qualsiasi tipo di superficie: il loro lavoro non si esaurisce con il risciacquo, ma l’azione degradativa sviluppata continua finché persiste lo sporco. Essi riescono a stabilizzare i livelli di igiene – circa il 90% in più rispetto ai detergenti e disinfettanti tradizionali, e questo li rende ottimali per la pulizia in strutture sanitarie e ospedaliere. Proiettando la sguardo al futuro, va detto che la sostituzione dei tensioattivi tradizionali con bio-tensioattivi rinnovabili nella detergenza professionale è una grande sfida anche per il settore del professional cleaning, in quanto fa parte integrante, se non fondamentale, del processo di transizione verso un’economia circolare. Per superare il non irrilevante problema della produzione ancora assai costosa di questa tipologia di prodotti, si sta valutando con sempre maggiore attenzione l’utilizzo di fonti più economiche, rinnovabili, come residui agricoli o rifiuti agroindustriali, che comportano una minore tossicità, ma anche maggiori biodegradabilità e sostenibilità complessive.
Maurizio Pedrini