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Biodiversità urbana tra Specie aliene e approccio integrato alle criticità

La scelta dell’approccio metodologico integrato può risultare risolutivo nella comprensione dei modelli di biodiversità urbana e dei relativi servizi ecosistemici, ottenendo come risultato ultimo quello di essere alleati della Natura e protettori dei suoi equilibri

La narrazione mondiale tende ad identificare le città come “organismi” a sé stanti, isolati dalla natura o dai territori circostanti, siano essi antropizzati o meno. La ragione principale deriva dal fatto che l’urbanizzazione, di norma, distrugge o modifica gli habitat nativi e ne crea di nuovi con la sua infrastruttura. A causa di questi cambiamenti, i paesaggi urbani non sono, in effetti, sempre individuabili in continuità con il contorno periurbano o rurale, ma possono creare barriere o frontiere che, a scapito di specie autoctone specialiste, possono favorire specie alloctone o specie autoctone generaliste. La presenza di un tipo di specie rispetto ad un altro, tuttavia, dipende dalla disponibilità e dalla qualità dell’habitat (che in ambito urbano è molto variegato), dalle disposizioni spaziali di habitat e patch, dai pool di specie locali, dall’adattabilità di una specie ad una nuova area e dall’evoluzione storica di un sito.

È POSSIBILE PREVEDERE LE SPECIE CHE INVADERANNO LE AREE URBANE?

Non è possibile prevedere nel dettaglio quali specie (selvatiche o alloctone) invaderanno un habitat rispetto ad un altro, anche a causa dell’imprevedibilità degli spostamenti di merci e di esseri umani, ma alcuni studiosi hanno ipotizzato le caratteristiche che le specie debbano avere per adattarsi a nuovi habitat e scalzare le specie autoctone. 

Tra di esse si possono contare: 

  • tolleranza fisiologica a estrema variazione nell’ambiente abiotico; 
  • ampia distribuzione zoogeografica; 
  • capacità di essere generalisti piuttosto che specialisti riguardo a cibo, riparo e acqua disponibili; 
  • alti tassi di riproduzione e sopravvivenza; 
  • abitudine alle attività umane; 
  • pochi concorrenti e/o predatori; 
  • adattabilità ad ambienti altamente frammentati, paesaggi con abbondanti punti d’ingresso; 
  • alti tassi di reclutamento attraverso l’immigrazione. Oltre a queste caratteristiche, la qualità dell’habitat e la disponibilità giocano un ruolo chiave nel determinare se le specie selvatiche saranno presenti.

APPROCCI MIRATI ED INTEGRATI PER UNA MIGLIORE QUALITÀ DELLA VITA 

La scelta dell’approccio metodologico integrato può risultare risolutivo nella comprensione dei modelli di biodiversità urbana e dei relativi servizi ecosistemici, ottenendo come risultato ultimo quello di essere alleati della Natura e non solo detrattori e distruttori. Per tale motivo non possiamo distaccarci dalla parte sociologica, ed è quindi importante coinvolgere anche e soprattutto la politica, gli uffici tecnici dei Comuni e delle Regioni nonché la cittadinanza nelle scelte e nelle strategie, rendendoli parte attive nei programmi e nei progetti di conservazione urbana. Utilizzo una frase a me cara, coniata insieme a Stefano Ferretti nel libro Manuale di Gestione della Fauna Urbana: “Quando si parla di Animali Pest, in quanto animali sinantropici, bisogna sempre ricordarsi che essi sono l’Effetto e non la Causa del Problema, quindi bisogna eliminare queste ultime per avere risultati a lungo termine”

Questa vale per i cosiddetti Animali Pest o Critici che dir si voglia, che sono sicuramente i più tristemente famosi (Ratti, Blatte, Zanzare, etc…), ma la Biodiversità Urbana è un qualcosa di prezioso che non possiamo permetterci di perdere o mettere in pericolo. E quindi cosa possiamo fare?Dobbiamo pensare che ad ogni azione corrisponde una reazione e quindi, invece di piantare delle Palme alloctone (per mero capriccio estetico), dovremmo pensare che delle piante autoctone, locali, possibilmente a fiore, permettono di creare un unicum con l’ambiente circostante periurbano, degli Hotspot dove anche la fauna (ad esempio quella impollinatrice) può aiutarci a migliorare la nostra esistenza nelle città. Quando penseremo a come costruire o riqualificare gli edifici, perché non pensare che una scelta piuttosto che un’altra potrebbero favorire o meno la nidificazione di pipistrelli (voraci mangiatori di zanzare) o uccelli insettivori. O quando faremo dei trattamenti antilarvali per le zanzare, perché non pensare all’utilizzo di prodotti selettivi (ormai esistono) in grado di combattere le specie target e permettere lo sviluppo di altri artropodi che si riproducono in acqua. Siamo parte di un Tutto nel quale, che si voglia o no (alcuni vorrebbero la città completamente asettiche, ma esse non lo saranno mai per nostra fortuna), dovremo abituarci ad approcciare alla Biodiversità Urbana con lo stesso fascino e rispetto col quale approcciamo alla Biodiversità presente nei boschi o nei parchi, con le ovvie e dovute differenze, ma allo stesso tempo consapevoli che essa è e sarà lo strumento per una migliore qualità della nostra vita.

Giorgio Chiaranz, naturalista e consigliere AIDPI

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